· Città del Vaticano ·

Diario da Dubai

Guardando in faccia
la realtà...

 Guardando in faccia la realtà...  QUO-278 Guardando in faccia la realtà...  QUO-278
04 dicembre 2023

Proprio quando i negoziati sul clima avevano superato la fase dei grandi proclami, una bomba mediatica è tornata ad incendiare il clima di Expo City a Dubai. A denunciare lo scandalo – questa volta sulle pagine del The Guardian – lo stesso “Center for Climate Reporting” che qualche giorno fa dimostrava alla bbc come il presidente di cop28 , e amministratore delegato della petrolifera adnoc , avesse utilizzato i viaggi preparatori della cop per stipulare accordi di fornitura per gas e petrolio.

Lo scandalo questa volta ha visto il presidente Sultan Ahmed Al-Jaber dichiarare in un video che la rinuncia alle fonti fossili di energia «non solo non ha fondamenti scientifici ma rischia di riportarci all’età della pietra».

Una vicenda che lascia l’amaro in bocca, anche perché avvenuta nel giorno in cui alla cop si parlava di salute e si contavano le tante vite umane perse ogni giorno per questa gravissima crisi.

Ma se vogliamo salvare l’umanità dal disastro ecologico verso il quale stiamo correndo, la cosa più importante è guardare in faccia la realtà. Non c’è tempo nemmeno per l’amarezza. Le riserve di greggio degli Emirati Arabi Uniti sono stimate in 97 miliardi di barili, che rendono questo paese uno dei più ricchi al mondo. Ingenuo anche solo pensare che abbiano voluto la guida della cop28 per rinunciare a questa infinita ricchezza.

Uno dei dati più interessanti emersi finora a Dubai è quello pubblicato dal think tank finanziario “Carbon Tracker”, che evidenzia come la transizione ecologica, ormai inarrestabile, ridurrà di 9 mila miliardi di dollari i ricavi dei 40 paesi produttori di gas e petrolio già entro il 2040. In particolare gli Emirati rischiano di vedere più che dimezzato il proprio fatturato.

È quindi normale che siano un po’ agitati!

Per fortuna mentre una parte del mondo continua ad incentivare la distruzione del pianeta, si fa sempre più consistente la risposta di tante parti — sociali, governative ed economiche — che si schierano con convinzione dalla parte opposta della trincea. Perfino la super petrolifera Colombia e la super prudente Agenzia Internazionale per l’Energia, hanno fatto ormai il grande salto e a Dubai stanno lavorando per un’uscita dal fossile.

Intanto — come ci spiega l’inviato italiano Francesco Corvaro — i negoziati sono entrati nel vivo e mostrano la posizione sempre più dura dei Paesi in via di sviluppo. La costituzione del fondo “Perdite e Danni” non ha convinto i Paesi poveri, ai quali a cop27 erano stati promessi stanziamenti per 100 miliardi di dollari e regole molto chiare per potervi accedere. Al momento invece la finanza climatica viene trattata in modo confuso. Ancora non è chiaro chi paga chi, quanto e per cosa.

I paesi devastati dalla crisi chiedono di poter accedere ai fondi per i danni nel momento stesso in cui i danni si consumano. E chiedono che ci sia una più netta distinzione tra i fondi per l’adattamento — che devono essere pubblici come quello delle perdite e dei danni — e quelli per la mitigazione — volti soprattutto a ridurre le emissioni, che devono coinvolgere il settore privato per non ridurre la capacità della spesa pubblica di intervenire sulle emergenze. Una posizione ritenuta condivisibile dall’Europa ma ancora fortemente contrastata dagli Stati Uniti.

di Pierluigi Sassi