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Bailamme

Il Natale di Shane MacGowan

 Il Natale  di Shane MacGowan  QUO-276
01 dicembre 2023

Ieri 30 novembre ha abbandonato la scena di questo mondo Shane MacGowan, personaggio geniale e controverso della musica cosiddetta leggera e leader del gruppo irlandese The Pogues.

Vita molto spericolata, fatta per lo più di eccessi, a MacGowan con la sua voce rauca e impastata da troppo alcool, si devono una serie di splendide canzoni tra cui la più famosa è senz'altro Fairytale of New York eseguita insieme alla cantante Kirsty MacColl e pubblicata nel 1987 nello strepitoso album If I Should Fall from Grace with God. MacGowan, che è sempre apparso come uno «caduto dalla Grazia di Dio», in questa canzone è però per davvero in uno “stato di grazia”. Più volte votata come migliore canzone natalizia di tutti i tempi, questa «favola di New York» è un sogno ad occhi aperti di un immigrato irlandese che sta passando la vigilia di Natale smaltendo una sbornia chiuso in una cella da ubriachi nella Grande Mela.

La canzone che inizia dolcissima ad un tratto si accende in un immaginario litigio botta e risposta tra lui e la sua donna (il contrasto delle due voci, quella melodiosa della McCall e il rantolo di MacGowan dice già tutto il senso della canzone) in cui si cela un monologo interiore sulle proprie speranze giovanili distrutte dall’alcolismo e dalla dipendenza dalla droga. «Avrei potuto essere qualcuno» canta MacGowan, «chiunque potrebbe esserlo / Mi togliesti i sogni / Quando all’inizio ti trovai / Li ho presi con me, piccola / Li ho messi con ciò che mi appartiene» per poi finalmente riconoscere «Non posso farcela da solo / Ho costruito i miei sogni attorno a te», mentre «le campane risuonavano / Per il giorno di natale».

Il testo di questa canzone, per il resto, è abbastanza irripetibile, su questo e anche su altri giornali, per la sconcezza delle espressioni verbali, ma possiede una drammatica intensità che poi è quello che si chiede ad una canzone, anche di musica “leggera”, anche natalizia. Anzi il Natale è proprio questo: la rottura del tempo come breccia per un altro “tempo”, fatto di verità e quindi di speranza.

di Andrea Monda