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Il magistero

 Il magistero  QUO-275
30 novembre 2023

Venerdì 24

Resistenza
profetica

In Evangelii gaudium mi sono rivolto ai cristiani per invitarli a una nuova fase nell’annuncio del Vangelo. Ho proposto di recuperare la gioia missionaria dei primi cristiani [che] furono diffamati, perseguitati, torturati, assassinati e, ciononostante furono il paradigma di una Chiesa in uscita.

Anche nel nostro tempo ci sono difficoltà, meno esplicite ma più insidiose; non visibili, agiscono come il monossido di carbonio delle vecchie stufe che uccide in silenzio.

L’annuncio del Vangelo continua a richiedere «una resistenza profetica», come quella dei Padri della Chiesa, di fronte a un sistema che uccide, esclude, distrugge la dignità umana; a una mentalità che isola, aliena, limita la vita interiore, ci allontana dal prossimo e da Dio.

La nostra missione evangelizzatrice e la nostra vita cristiana non possono trascurare i poveri.

Lo stesso Gesù si fece povero. Per questo il Papa non può smettere di porre i poveri al centro. Non è politica, non è sociologia [o] ideologia, è Vangelo.

La Chiesa può trovare nei poveri il vento che ravviva la fiamma di un fervore calante, come quel liquido denso con cui gli antichi sacerdoti al tempo di Neemia ravvivarono il fuoco dell’altare dopo l’esilio.

Senza pretendere il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale, ho sostenuto che per risolvere il problema dei poveri avevamo bisogno di un profondo cambiamento di mentalità e di strutture.

Una nuova
mentalità

Deplorevolmente, persino i diritti umani possono essere utilizzati come giustificazione di una difesa esacerbata dei diritti individuali o dei popoli più ricchi.

Rispettando l’indipendenza e la cultura di ciascuna Nazione, bisogna ricordare che il pianeta è di e per tutta l’umanità, e che il solo fatto di essere nati in un luogo con minori risorse o sviluppo non giustifica che alcune persone vivano con minor dignità.

Dobbiamo ampliare lo sguardo, aprire le orecchie al grido di altri popoli, crescere in solidarietà.

Nuove
strutture
sociali

Se non riusciamo a realizzare questo cambiamento, siamo condannati a vedere come si approfondisce la crisi climatica, sanitaria, migratoria e, in particolare, la violenza e le guerre che mettono a rischio l’intera famiglia umana.

Le crisi climatiche, sanitarie e migratorie affondano le loro radici nell’inequità di questa economia che uccide, scarta e distrugge la terra, nella mentalità egoista che la sostiene.

A dieci anni dalla Evangelii gaudium, riaffermiamo che solo se ascolteremo il grido spesso soffocato della terra e dei poveri, potremo compiere la nostra missione.

(Messaggio nel 10° anniversario
dell’Evangelii gaudium)

No ai messaggi di odio in rete

Il tema che avete scelto, “#soci@lmente liberi”, richiama questioni di grande attualità soprattutto per la cultura digitale che influenza i rapporti tra le persone e, di riflesso, la società.

Il simbolo @ anticamente indicava l’unità di misura per giungere all’utilizzo comune nella posta elettronica per il significato “presso”.

Dalla storia arriva, dunque, un’indicazione per vivere oggi la libertà nei social media. Lo segnala quel “presso” che indica vicinanza, prossimità, contatto.

Rispetto alla velocità informativa, che provoca voracità relazionale, l’amen è una sorta di provocazione ad andare oltre l’appiattamento culturale per dare pienezza al linguaggio, nel rispetto di ogni persona.

Nessuno sia promotore di una comunicazione dello scarto attraverso la diffusione di messaggi di odio in rete!

La comunicazione raggiunge la pienezza nella donazione totale di sé all’altra persona. In questo rapporto di reciprocità si sviluppa la trama della libertà.

La comunicazione [di Gesù] è vera perché ispirata dall’amore per quanti lo ascoltano, a volte anche distrattamente.

Ecco l’importanza di essere testimoni di libertà in un mondo di conflittualità.

(Messaggio ai partecipanti al xiii Festival
della Dottrina Sociale della Chiesa, Verona)

Il dialogo
comincia
accogliendo
differenze
e fragilità

Avete scelto il tema “Verso una visione poliedrica”. A me piace quest’immagine. Il Vangelo si incarna permettendo alla sua coralità di risuonare in modo diverso nelle vite delle persone, come un’unica melodia capace di esprimersi con timbri differenti.

Vorrei affidarvi tre atteggiamenti: apprezzare le differenze, accompagnare con cura e agire con coraggio.

Il poliedro non è una figura geometrica facile. A differenza della sfera, che è liscia e comoda da maneggiare, è spigoloso, anche tagliente: ha un che di urtante, come la realtà, a volte.

Tuttavia questa complessità è alla base della sua bellezza, perché gli permette di riverberare la luce con tonalità e gradazioni diverse, a seconda dell’angolatura di ogni singola faccia.

Una sfaccettatura restituisce una luce nitida; un’altra più sfumata; un’altra ancora un chiaroscuro.

Con le sue molteplici facce un poliedro può produrre anche una diversificata proiezione di ombre.

Avere una visione poliedrica, allora, implica allenare gli occhi a cogliere e apprezzare tutte queste sfumature.

L’origine dei poliedri del mondo minerale, come i cristalli di quarzo, è il risultato di una lunghissima storia, di centinaia di milioni di anni.

Questo stile paziente, accogliente e creativo rimanda al modo di fare di Dio che, come ricorda Isaia, crea il sole splendente, ma non disprezza la luce insicura di uno stoppino dalla fiamma smorta.

Fuor di metafora, nel servizio formativo, accogliere con animo paterno e materno le persone, le luci e pure le ombre è già una missione: facilita la crescita di ciò che Dio ha seminato dentro ciascuno in modo unico e irripetibile. Ogni persona va accolta com’è e da lì comincia il dialogo, il cammino, il progresso.

Credere nella vitalità della semina di Dio comporta il prendersi cura di ciò che cresce in silenzio e che si manifesta nei pensieri, nei desideri e negli affetti, pur a volte scomposti, dei giovani a voi affidati.

Il vostro atteggiamento non dev’essere di semplice apologetica. Se in un solido geometrico si tolgono gli spigoli e si cancellano le ombre, lo si riduce a una figura piatta, senza spessore e senza profondità.

Oggi vediamo correnti ideologiche dentro la Chiesa, dove la gente finisce per ridursi a una figura senza sfumature. Ma se una persona si valorizza con sapienza per ciò che è, se ne ricava un’opera d’arte.

Il Signore ci insegna quest’arte della cura: Lui, che dal buio del caos ha creato il mondo e che dalla notte della morte è risuscitato alla vita, ci insegna a trarre il meglio dalle creature partendo dal prendersi cura di ciò che è più fragile e imperfetto.

Alimentare la gioia del Vangelo nell’ambiente universitario è un’avventura entusiasmante ma esigente: richiede coraggio.

Esso permette di gettare ponti anche sui baratri più profondi, come quelli della paura, dell’indecisione e degli alibi paralizzanti che inibiscono l’azione e alimentano il disimpegno.

Il peggio per un educatore è non rischiare. Quando nel travaglio di un’anima irrompe una decisione che crea qualcosa di nuovo, ribellandosi all’inerzia di una coscienza calcolatrice, questo è coraggio.

Alcuni di voi hanno contribuito economicamente, affinché anche chi aveva meno possibilità potesse partecipare a questo convegno. È bello che gesti simili diventino parte abituale del vostro stile.

(Udienza ai partecipanti all’incontro di cappellani e responsabili della pastorale universitaria)

Martedì 28

La forza
del diritto
prevalga
sul diritto
del più forte

Ho accettato con grande piacere l’invito dell’Idlo, a rivolgermi all’Assemblea delle Parti in occasione del quarantesimo di fondazione. Le vostre deliberazioni rafforzino i legami tra i popoli, custodiscano la nostra casa comune e tutelino i diritti di quanti vedono lesa la loro dignità.

Questa Istituzione Intergovernativa si dedica a far sì che la giustizia sia accessibile a tutti, in particolare alle persone più svantaggiate.

L’adesione al principio di uguaglianza di fronte alla legge, la prevenzione dell’arbitrarietà, e la garanzia di trasparenza, la salvaguardia del principio di sicurezza giuridica e il rispetto del giusto processo, sia dal punto di vista sostanziale sia procedurale, sono criteri indispensabili che derivano dal concetto generale di stato di diritto e che, se attuati, hanno il potere di condurre alla realizzazione della giustizia.

Essa è la conditio sine qua non per raggiungere l’armonia sociale e la fratellanza universale di cui abbiamo tanto bisogno.

È anche la virtù necessaria per la costruzione di un mondo in cui i conflitti si risolvano solo in modo pacifico, senza che prevalga il diritto del più forte, ma la forza del diritto. Purtroppo, siamo lungi dal raggiungere questo obiettivo.

Nella complessa congiuntura che stiamo vivendo, segnata da gravi crisi, si percepisce dolorosamente l’aumento degli scontri violenti, degli effetti sempre più nocivi del cambiamento climatico, della corruzione e delle disuguaglianze.

Una giustizia incentrata
sulle persone

È urgente sostenere una giustizia incentrata sulle persone al fine di rafforzare società pacifiche, giuste e inclusive.

Lo stato di diritto non è mai soggetto alla pur minima eccezione, nemmeno in tempi di crisi.

La ragione è che lo stato di diritto è al servizio della persona umana e intende proteggere la sua dignità, e questo non ammette eccezioni.

Tuttavia, non sono solo le crisi a suscitare minacce contro le libertà e lo stato di diritto in seno alle democrazie.

Si sta sempre più diffondendo una concezione errata della persona umana, concezione che indebolisce la sua protezione e apre la porta a gravi abusi.

Solo la legge può costituire il requisito previo indispensabile per l’esercizio di qualsiasi potere, e ciò significa che gli organi governativi responsabili devono garantire il rispetto dello stato di diritto, indipendentemente dagli interessi politici.

Quando la legge si fonda su valori universali, come il rispetto della persona e la tutela del bene comune, lo stato di diritto è forte, le persone hanno accesso alla giustizia e le società sono stabili e prospere.

Al contrario, senza pace né giustizia, nessuna delle sfide sopra menzionate può essere risolta.

Progredire nella giustizia climatica e migliorare la governance della terra e l’uso sostenibile delle risorse. Anche questo è cammino verso un mondo più giusto.

Il degrado del pianeta non solo impedisce una convivenza serena e armoniosa nel presente, ma compromette anche il progresso delle future generazioni.

La corruzione accentua
le
diseguaglianze

La corruzione erode le fondamenta stesse della società. Sottraendo risorse e opportunità a quanti più ne hanno bisogno, essa accentua le disuguaglianze esistenti.

Promuovere campagne di sensibilizzazione che incoraggino maggiore trasparenza, responsabilità e integrità, e pongano basi solide per una società giusta.

È nella prima infanzia che si gettano i semi dell’integrità, dell’onestà e della coscienza morale, promuovendo una società in cui la corruzione non trovi terreno fertile per radicarsi.

Andare incontro ai più poveri, emarginati e vulnerabili, che spesso non hanno nessuno che parli a loro nome e si vedono scartati ed esclusi.

Nessuno rimanga indietro, specialmente le donne, i popoli indigeni e i giovani, che si adoperano affinché le loro proposte trovino spazio e voce nel presente, per poter così guardare con fiducia al futuro.

La Santa Sede è al fianco di quanti lottano per rafforzare lo stato di diritto, i diritti umani e la giustizia sociale, di modo che i loro sforzi rivelino nuovi cammini di speranza verso un futuro più solidale, giusto e sereno per tutte le nazioni della terra.

(Messaggio per l’Assemblea dell’Organizzazione
Internazionale di Diritto per lo Sviluppo - Idlo)

Mercoledì 29

Si può
annunciare
Gesù
solo abitando
i crocevia
dell’oggi

Le scorse volte abbiamo visto che l’annuncio cristiano è gioia ed è per tutti; vediamo oggi un terzo aspetto: esso è per l’oggi.

Si sente quasi sempre parlare male dell’oggi. Tra guerre, cambiamenti climatici, ingiustizie planetarie e migrazioni, crisi della famiglia e della speranza, non mancano motivi di preoccupazione.

L’oggi sembra abitato da una cultura che mette l’individuo al di sopra e la tecnica al centro di tutto.

Ma al tempo stesso questa cultura del progresso tecnico-individuale porta ad affermare una libertà che non vuole darsi limiti e si mostra indifferente verso chi rimane indietro.

Ci troviamo nella prima civiltà della storia che prova a organizzare una società umana senza la presenza di Dio, concentrandosi in enormi città che restano orizzontali anche se hanno grattacieli.

Viene in mente il racconto della città di Babele e della sua torre. Dio confonde le lingue, ristabilisce le differenze, ricrea le condizioni perché possano svilupparsi delle unicità, rianima il molteplice dove l’ideologia vorrebbe imporre l’unico.

Il Signore distoglie l’umanità anche dal suo delirio di onnipotenza.

Anche oggi la coesione, anziché sulla fraternità e sulla pace, si fonda spesso sull’ambizione, sui nazionalismi, sull’omologazione, su strutture tecnico-economiche che inculcano la persuasione che Dio sia insignificante e inutile.

È necessario arrivare dove si formano i nuovi racconti e paradigmi, raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima delle città.

Si può annunciare Gesù solo abitando la cultura del proprio tempo; e sempre avendo nel cuore le parole dell’Apostolo Paolo: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!».

Non serve contrapporre all’oggi visioni alternative provenienti dal passato.

Nemmeno basta ribadire convinzioni religiose acquisite che, per quanto vere, diventano astratte col passare del tempo.

Una verità non diventa più credibile perché si alza la voce nel dirla, ma perché viene testimoniata con la vita.

Guardiamo alla nostra epoca e alla nostra cultura come a un dono. Esse sono nostre ed evangelizzarle non significa giudicarle da lontano, nemmeno stare su un balcone a gridare il nome di Gesù, ma scendere per strada, andare nei luoghi dove si vive, frequentare gli spazi dove si soffre, si lavora, si studia e si riflette, abitare i crocevia in cui gli esseri umani condividono ciò che ha senso per la loro vita.

Non dobbiamo aver paura del dialogo: è proprio il confronto e la critica che aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia.

Occorre stare nei crocevia dell’oggi. Uscire da essi significherebbe impoverire il Vangelo e ridurre la Chiesa a una setta.

Frequentarli, invece, aiuta noi cristiani a comprendere le ragioni della nostra speranza, per estrarre e condividere dal tesoro della fede «cose nuove e cose antiche».

(Udienza generale nell’Aula Paolo vi )

Sul calcio
l’impronta
di interessi
economici

Fermo restando che è sempre preferibile vincere una partita piuttosto che perderla, questa non è però la cosa più importante! Conta più l’esempio che date, sia vincendo che perdendo, sia dentro che fuori del campo.

Un esempio che incarna virtù come il coraggio, la perseveranza, la generosità e il rispetto per la dignità degli altri, che è dono di Dio.

La Società del Celtic fu fondata proprio con il preciso scopo di alleviare la povertà nella città di Glasgow.

Questa è stata un’iniziativa caritatevole, per il bene dei più poveri. Però, come è cambiato da allora il mondo del calcio!

In particolare, è molto cresciuta l’impronta finanziaria del “grande sport”, fino a rischiare, a volte, di rendere il calcio interessante solo per motivi economici.

L’apprezzata eredità valoriale della vostra Società, allora, vi pone sulle spalle una grande responsabilità, ricordandovi di essere buoni modelli, specie per i giovani.

Gli alti livelli che siete chiamati a raggiungere non riguardano solo le vostre abilità sportive o i requisiti per eccellere, ma si riferiscono anche alla integrità personale.

(A dirigenti e calciatori
del “Celtic football club”, Scozia)