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Stupirsi, nutrire un sogno, fare il bene: questa è la bellezza che salva il mondo

 Stupirsi, nutrire un sogno, fare il bene: questa è la bellezza  che salva il mondo  ODS-016
02 dicembre 2023

È inutile girarci intorno. Considerato il fatto che solo un giornale come «L’Osservatore di Strada» poteva organizzare un incontro con Fëdor Dostoevskij, meglio rompere subito il ghiaccio e andare al centro della questione, anche se lo sguardo mite del giovane amico che ho davanti — barba curata e berretto di lana — mi tenterebbe di cercare altrove la «bellezza che salva il mondo», magari in qualche canzone rap o in qualche frase scritta con lo spray su un muro delle case qui di fronte. Chissà? Forse sta proprio qui la forza di un capolavoro della letteratura come L’idiota, nel saper scavare in profondità, verso l’essenziale; nello svelare le questioni centrali dell’esistenza umana, quelle che valgono sempre, ieri come oggi.

Stefano Cuneo — Maestro, ho letto molte delle sue opere, sia quando ero giovane — e il suo mondo fatto di miserie umane mi incuriosiva e mi inquietava allo stesso tempo —, sia in età più adulta, quando quelle miserie e quei tormenti sono diventati un po’ anche i miei. Spero, perciò, di non offenderla se la considero un mio compagno di vita. Posso chiamarla per nome, Fëdor?

Fëdor Dostoevskij (Nikolai Prestia) — Sì, certo. Non mi turba essere chiamato per nome. Tanto più che ai vostri tempi, come mi ha spiegato poco fa il giovane amico che con tanto timore e reverenza si presta a dar fiato alla mia voce, si usa così.

Lei, però, ha parlato del tempo, di come nel suo incessante scorrere l’abbia in qualche modo tenuto attaccato alle mie opere. Io credo che qualsiasi opera umana di ingegno, o di creatività, rimanga sempre fedele a se stessa. Il cambiamento sociale, i progressi morali, invece, mutando, necessariamente fanno in modo che quanto creato e pensato dall’uomo in tempi, o epoche, precedenti, si sposi perfettamente con il nuovo: perché è un’esigenza umana mirare al futuro portandosi dietro le radici, solo in tale modo può esistere un presente degno di essere vissuto.

Stefano Cuneo — Fëdor, ancora oggi i suoi romanzi sono tra i più letti e, soprattutto, tra i più citati. Anche Papa Francesco lo fa spesso. Eppure, tra le migliaia di pagine che ha scritto, in testa alla classifica delle citazioni c’è la frase «la bellezza salverà il mondo». Davvero la bellezza può salvare il mondo? E in che modo?

Fëdor Dostoevskij (Nikolai Prestia) — Sapere che le mie opere siano ancora lette, e studiate oggi, è per me un grande traguardo. Ma non inteso come un qualcosa di autocelebrativo: è un traguardo dal punto di vista umano. Tante volte mi sono tormentato sulle frivolezze del mio tempo, certe volte dubitando della condizione umana, ma il fatto che io venga ancora letto dimostra come l’essere umano abbia necessità di apprendere il passato, le regole morali e sociali di un tempo lontano per comprendere al meglio il presente, per capirsi a fondo.

Lei mi domanda se la bellezza possa salvare il mondo. Beh, potrebbe certamente. Il nodo sta nel comprendere cosa sia davvero questa bellezza, soprattutto nella vostra epoca dove tale bellezza sembra orientata all’estetica e basta. Ma se lei la intende come la capacità di stupirsi, o come la capacità di nutrire un sogno, o come il manifestarsi del bene, allora io le dico sì: sarebbe possibile.

Come? Credo tocchi ad ogni generazione scoprirlo, inevitabilmente passando dal fallimento. Ma poi verrà una nuova generazione e poi ancora un’altra. C’è tutta l’esistenza umana per scoprire come la bellezza possa salvare il mondo, forse è anche questo il vero fine della vita?

Stefano Cuneo — Scriverebbe anche oggi quella frase?

Fëdor Dostoevskij (Nikolai Prestia) — Certamente. Oggi più di ieri. Il principe Myškin, protagonista del mio romanzo L’Idiota, rappresenta la bontà e l’innocenza delle persone. Ed oggi tali qualità sono, ahimè, come ai miei tempi, di poco conto, motivo per il quale il principe viene definito un idiota. Ma è lo stesso idiota che nutre la bellezza come unico mezzo per la salvezza del mondo, e oggi la purezza, l’onestà, l’estrema fiducia nel prossimo sono perle rare, ma preziose per continuare a sperare nella salvezza umana, che altro non è che la bontà del prossimo verso il prossimo.

Stefano Cuneo — Ho sempre avuto l’impressione che i personaggi dei suoi romanzi non fossero solo il frutto della sua fantasia. Oggi ce lo può dire, a chi si ispirava?

Fëdor Dostoevskij (Nikolai Prestia) — Credo sia difficile dare una risposta completa nella verità. Come lei saprà, io ho molto vissuto. Ho disubbidito al volere dello Zar, sono stato povero, ho passato anni in carcere e sono stato graziato dallo Zar stesso sul patibolo e ho vissuto con diversi vizi: ho molto amato e ho molto perduto. Certamente alcuni miei personaggi sono state caricature, in positivo o in negativo, di gente che ho incontrato. Pensi che nel romanzo Il giocatore la caricatura sono io stesso, nella nudità della mia debolezza verso il gioco d’azzardo. Ma sono sempre stato un accurato osservatore dei miei tempi, e i personaggi sono stati perni necessari a raccontare gli enigmi umani o gli amori perduti, così come le speranze realizzate o infrante.

I personaggi possono anche essere talvolta reali, ma credo che i miei libri dimostrino che ciò è relativo: conta di più raccontare la realtà vera, cruda, seppur servendosi di finzioni necessarie a replicare la vita sulla carta.

Stefano Cuneo — Lei ha conosciuto la povertà, la malattia, il carcere… l’esilio. In Memorie dal sottosuolo ha raccontato le miserie dell’umanità del suo tempo. Devo dirle che oggi, le cose non sono tanto diverse da allora: le stesse oppressioni, le stesse ingiustizie, la stessa brama di potere, le stesse guerre. Il bello e il buono sono solo pie aspirazioni?

Fëdor Dostoevskij (Nikolai Prestia) — Sì, ho raccontato, per quanto mi è stato concesso, la totalità umana, vivendola spesso in prima persona. Le ingiustizie e le oppressioni ci sono sempre state, la società altro non è che un accordo di tutta l’umanità. Sulla carta è una grande idea, anche semplice, ma ogni uomo ha i propri tormenti, i propri peccati e le proprie aspirazioni, la propria sete di potere e ciò causa inevitabilmente la rottura di equilibri morali e sociali. Ma, come dicevamo sopra, c’è questa speranza che la bellezza possa salvare il mondo e io stesso ho creduto più volte in questa verità, tutte le volte che ho creduto di non raggiungerla. Basti leggere le ultime due pagine di Memorie dal sottosuolo per comprendere la fiducia che ripongo nelle generazioni future, di come, attraverso nuovi libri ed arte sarà un giorno possibile far nascere un’idea per vivere davvero nella bellezza dello spirito umano.

Stefano Cuneo — Nel mondo d’oggi, per quanto possa dirsi progredito rispetto al suo, la povertà continua a crescere e sono sempre di più le persone che soffrono. Pensa che i poveri, che forse la bellezza non l’hanno mai conosciuta, possano salvare la bellezza? E in che modo?

Fëdor Dostoevskij (Nikolai Prestia) — Mi permetta di citare una frase del mio romanzo Le notti bianche: «Un attimo di vera beatitudine! È forse poco per riempire tutta la vita di un uomo?».

I poveri salvano la bellezza tutte le volte che riescono ad avere un pasto o un posto caldo dove dormire, tutte le volte che dicono grazie. Ma loro sono poveri soltanto di moneta. Oggi ci sono anche altri poveri — quelli veri — privi di valori morali e di altruismo e del rispetto verso il prossimo: questa loro povertà non potrà mai salvare la bellezza, poiché essi non l’hanno conosciuta ancora. Ma le colpe chi le ha? Loro? No, tutti noi. Credo che la bellezza potrà essere salvata, non dai poveri, non dai ricchi, ma dalle persone che sapranno tornare a rispettare la vita — nel suo dramma e nel suo splendore — degli altri, partendo da se stessi.

Stefano Cuneo e Fëdor Dostoevskij ( Nikolai Prestia )