· Città del Vaticano ·

In strada, a far musica per abbattere i muri

 In strada, a far musica per  abbattere i muri  ODS-016
02 dicembre 2023

Alla ricerca per Trastevere di un “busker”, un musicista di strada, con cui parlare, arrivo in piazza di San Calisto dove un chitarrista strapazza le corde del suo strumento, mentre sbraita le parole di alcune canzoni. Si sente la voce di una ragazza che un paio di volte urla: «Basta!».

Forse è ancora un po’ presto: i luoghi preferiti per le esibizioni di artisti e complessi “volanti” sono ancora deserti.

Ma, proseguendo verso San Cosimato, la sorpresa: di lato al protiro della chiesa — una delle cose più belle da vedere a Roma — una violoncellista canta, accompagnandosi con il suo strumento in modo del tutto inconsueto: pizzicando accordi come se fosse una chitarra.

È una canzone dei Lumineers, una band statunitense forse poco nota, dal titolo Nobody knows, che dice: «Love is deep as the road is long» (L’amore è profondo quanto è lunga la strada). Come a dire: ce n’è da esplorare e salvare, all’ingiù e in orizzontale.

Il fascino dell’esibizione continua anche con brani eseguiti in maniera tradizionale: partite di J. S. Bach, miscelate con Sweet Child O’ Mine dei Guns N’ Roses, sfruttandone le similitudini, finché un momento di pausa è l’occasione per ascoltare la storia della giovane musicista impegnata con il bello a tutto campo.

Si chiama Altea, è romana, musicista con un cursus studiorum di tutto rispetto, ma anche educatrice (ha lavorato in scuole primarie ed ha esperienze di attività in centri culturali, ecologisti, formativi, un po’ qua, un po’ là… negli Usa, nelle Hawaii, in UK, ecc.).

Suonare in strada è una scelta, perché qui trova la bellezza: comunicare e condividere. Prima suonava in piazza di Santa Maria in Trastevere: molto “business” grazie al gran numero di turisti. Ma poco di tutto ciò che le sta a cuore e che trova, invece, in piazza di San Cosimato, perché qui ci sono il mercato, l’area-giochi per i bambini, i residenti del quartiere. Ed è con loro che comunica e condivide: c’è chi le chiede una canzone e magari canta con lei; c’è chi fa parte di associazioni culturali e le propone iniziative e progetti; e, soprattutto, c’è chi accoglie il suo invito a mettere le mani — magari per la prima volta in vita sua — su un violoncello. I bambini sono sempre i più pronti a soddisfare la loro curiosità. Ma, alla fine, anche gli adulti — non fosse per non sembrar da meno — prendono coraggio e provano.

E questo è un modo fondamentale per contribuire ad abbattere quel diaframma, a superare quel senso quasi di sacrale soggezione che ancora tanti avvertono nei confronti della musica. Neanche fosse un’arte arcana, roba segreta da iniziati, alchimisti, apprendisti stregoni.

Invece è una delle espressioni fondamentali della bellezza. Al pari delle altre arti. La stessa chiesa annessa all’ospedale, di cui si è accennato sopra, è un piccolo capolavoro, eppure solo da poco è stata resa fruibile al pubblico senza tante restrizioni.

Anche questi sono diaframmi da abbattere. La fruizione del bello, da sola, non fermerà le guerre, ma può rendere le persone più serene, ragionevoli, tolleranti, disponibili ad abbattere diaframmi più pesanti: come The Wall di “pink-floydiana” memoria.

di Fabrizio Salvati