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DONNE CHIESA MONDO

LaRiflessione
Non solo il mare delle tre grandi religioni monoteiste

La teologia scomoda
dal Mediterraneo

 La teologia scomoda  dal Mediterraneo  DCM-011
02 dicembre 2023

Marsiglia città di mare e tutta porto, assomiglia alla mia città Palermo in Sicilia, isola nel cuore del Mediterraneo, sono entrambe luoghi di approdo e di accoglienza per tanti migranti alla ricerca di una vita migliore.

Gli Incontri mediterranei a Marsiglia sono stati l’occasione per un confronto sulle diverse storie di migrazione ascoltate, sulle riflessioni teologiche e le esperienze di dialogo interculturale che ne sono scaturite. Per questo con alcuni docenti in rappresentanza della Facoltà Teologica di Sicilia, insieme a teologhe e teologi provenienti dalle diverse sponde del Mare nostrum, abbiamo elaborato e sottoscritto il Manifesto per una Teologia dal Mediterraneo.

Il Mediterraneo non è solo il mare, sulle cui rive nascono le tre grandi religioni monoteiste islamismo, ebraismo e cristianesimo, ma mediterranee sono anche le città che sulle sue rive si affacciano, città sempre più ibride e complesse, dove si contaminano culture e religioni diverse. Ci siamo sentiti come teologhe e teologi interrogati dal contesto del Mediterraneo: non siamo noi a convocare il contesto ma è il mediterraneo che ci obbliga ad ascoltarlo e ci inchioda alle nostre responsabilità etiche nei confronti della storia. Ci parla di un cambiamento epocale, di una nuova umanità meticcia che porta in sé alcuni valori che sono comuni alle esperienze e alla vita delle donne: è un confronto da cui emergono istanze di generatività di un nuovo modo di fare teologia a partire dagli scarti umani. Il Mediterraneo chiede alla teologia di essere umile, “concreta”, non da laboratorio ma capace di attraversare le strade delle nostre città, i quartieri marginali e i luoghi dei conflitti, non neutrale ma capace di prendere posizione dalla parte dei più deboli, dei vinti della storia. Una teologia di frontiera, con un approccio trasgressivo nei confronti delle logiche del potere e delle egemonie geopolitiche che creano le schiavitù moderne, è quel Magnificat di Maria incarnato nel mar Mediterraneo, nelle ferite delle guerre che attraversano le sue sponde dalla striscia di Gaza alla Siria al Libano e in tante altre guerre del mondo, è il Magnificat delle donne in lacrime per i loro figli, dalle quali arriva forte un grido di aiuto e di pace.

La testimonianza di suor Grazia, che vive e insegna in Libano, diventa un passaggio essenziale di riflessione, la necessità di una teologia che superi “il divorzio con la prassi”, che denunci la mancanza dei diritti universali e di piena cittadinanza in tante parti del mondo, che promuova la giustizia sociale: quando non ci sono diritti riconosciuti non ci può essere dialogo interreligioso e interculturale nella reciprocità, ma solo rapporti asimmetrici di dominio tra un popolo e un altro, che sfociano in violenze e guerre.

La parola Mediterraneo significa “tra le terre”, la teologia del “tra” è una teologia capace di mediare i conflitti, che sa ascoltare, non ha paura della diversità, la accoglie come linfa vitale. Le donne mediterranee hanno maturato un ruolo di mediazione, un’intelligenza relazionale che le vede protagoniste dal basso e dall’interno dei loro contesti nella costruzione di percorsi di pace.

Al Palais du Pharo i volontari di Mediterranea Saving Humans hanno raccontato il difficile compito di salvare vite umane dai naufragi e posto una domanda scomoda: cosa può fare la teologia davanti a questo genocidio? La loro testimonianza ci offre la chiave di lettura per comprendere che nel cuore del Mediterraneo siamo di fronte al mistero di qualcosa di più grande di noi: partecipare alla storia della salvezza del popolo di Dio diventando evangelicamente e concretamente “pescatori di uomini”.

Le parole di papa Francesco sono inequivocabili, il Mediterraneo non può trasformarsi “da culla della civiltà a tomba della dignità.” Il Mediterraneo chiede alla teologia di mettere le mani nelle ferite di chi soffre, come le tante donne passate dai lager della Libia, vittime di abusi e delle quali custodisco le storie come perle preziose: giunte nelle nostre città iniziano con fatica a rivivere, rinascono con i loro figli e ritessono i fili delle loro vite. La celebrazione conclusiva degli Incontri mediterranei è stata la festa dei popoli senza confini capaci di riconoscersi nella bellezza della diversità: “siate mare di bene, per far fronte alle povertà di oggi con una sinergia solidale; siate porto accogliente, per abbracciare chi cerca un futuro migliore; siate faro di pace, per fendere, attraverso la cultura dell’incontro, gli abissi tenebrosi della violenza e della guerra (papa Francesco)”.

di Anna Staropoli
Sociologa, Istituto di formazione politica Pedro Arrupe di Palermo