· Città del Vaticano ·

Prolungata la tregua tra Israele e Hamas: saranno rilasciati 20 ostaggi israeliani in cambio di 60 prigionieri palestinesi

Due giorni in più

A barefooted Palestinian woman fleeing north Gaza with her daughter during rainfall moves southward ...
28 novembre 2023

Tel Aviv , 28. Israele e Hamas, grazie alla mediazione di Qatar, Egitto e Usa, hanno deciso di prolungare la tregua per altri due giorni, nel corso dei quali verranno liberati 20 ostaggi nelle mani dei miliziani (10 al giorno), e 60 prigionieri detenuti nelle carceri israeliane: 3 palestinesi per ogni israeliano. La possibilità di estendere la pausa nei combattimenti con le medesime condizioni dell’intesa originaria, comprendenti quindi anche l’ingresso di convogli con cibo, medicine e combustibile, era in realtà già prevista dal primo accordo, siglato giovedì scorso. Ma il prolungamento non era affatto scontato. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha espresso il proprio favore, rivendicando di aver «costantemente premuto» per l’esito positivo, mentre il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha parlato di «un raggio di speranza». Hamas ha anche aperto alla possibilità di liberazione di alcuni soldati rapiti il 7 ottobre. Ma per questo, ha detto un esponente dell’ufficio politico di Hamas, Izzat Arshak, ci sarà una trattativa separata.

La proroga della tregua ha portato con sé anche lo sblocco della trattativa sulla quarta tranche di ostaggi che, ieri mattina, si era incagliata su reciproche contestazioni delle due parti: Israele accusava Hamas per aver fornito una lista in cui risultavano minori senza le madri; mentre Hamas, a sua volta, voleva che Israele scarcerasse sei detenuti arrestati prima del 7 ottobre invocando il principio di anzianità, ovvero la necessità di rilasciare per primi i prigionieri in carcere da più tempo. In serata la svolta: da Gaza sono usciti undici prigionieri — 9 bambini e 2 madri, tutti del kibbutz di Nir Oz — in cambio della scarcerazione di 33 palestinesi, 30 minori e tre donne, che in pullman sono stati condotti a Ramallah, in Palestina. Mentre gli ostaggi israeliani, presi in consegna dai servizi di sicurezza del Paese, sono stati portati negli ospedali per delle visite mediche.

I pochi giorni di quiete previsti non sembrano tuttavia preludere a uno stop della guerra di più lungo periodo. Il ministro della Difesa di Tel Aviv, Yoav Gallant, incontrando ieri un gruppo di soldati israeliani a Gaza non lascia spazio a dubbi: «I combattimenti saranno ancora più grandi e si svolgeranno in tutta la Striscia. Non ci fermeremo finché non avremo finito».

Intanto, le agenzie di intelligence finanziaria di Australia, Canada, Estonia, Francia, Germania, Liechtenstein, Lussemburgo, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti, cui si è aggiunto anche Israele, hanno istituito dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre una task force internazionale per perseguire le fonti di finanziamento dei terroristi: lo scopo è integrare gli sforzi, coordinare le attività e condividere informazioni relative al contrasto dei flussi di denaro verso Hamas e altre organizzazioni.

Infine, mentre da Beirut arrivano alcune dichiarazioni distensive da parte del ministero degli Esteri — «Il Libano non cerca una guerra con Israele, né la vuole» —, Teheran torna a far sentire le proprie minacce. La prosecuzione delle ostilità a Gaza potrebbe portare a «un’espansione della portata del conflitto, dell’instabilità, dell’insicurezza e possibilmente della guerra nella regione», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani.