· Città del Vaticano ·

Messa del cardinale Parolin per il novantesimo anniversario dell’Holodomor

Pagine terribili di oppressione e di sofferenza per il popolo ucraino

 Pagine terribili di oppressione  e di sofferenza per il popolo ucraino  QUO-270
24 novembre 2023

«Il Vangelo sembra a tratti ricalcare i bollettini di guerra contemporanei. Come non pensare all’Ucraina e non avere davanti agli occhi gli orrori che sta vivendo, quando Gesù parla di “giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te”?». Così il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, nell’omelia sul capitolo 19 del Vangelo secondo Luca in occasione della messa per il novantesimo anniversario dell’Holodomor, presieduta nella basilica romana di Sant’Andrea della Valle. Hanno concelebrato il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, il vescovo Paulo Dionisio Lachovicz, esarca apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia, e il rettore della basilica, don João Marcos Boranelli, per «accompagnare nella preghiera l’amato popolo ucraino», ricordando «i milioni di vittime del genocidio per fame consumatosi nel Paese 90 anni fa», ma anche «le numerosissime persone che hanno perso la vita nella spietata guerra in corso, iniziata 21 mesi fa», come ha detto Parolin.

Nella memoria liturgica di san Clemente Papa, il segretario di Stato ha spiegato come il martirio del «terzo successore dell’apostolo Pietro — secondo la tradizione — avvenne a Cherson, in Crimea»: un’eloquente manifestazione — ha notato il celebrante — del «legame speciale del popolo ucraino con la Sede apostolica e con Papa Francesco, il quale lo porta nel cuore e desidera esprimere ad esso, così duramente provato dalla guerra, la sua sentita vicinanza».

Commentando la prima lettura, tratta dal primo Libro dei Maccabei, Parolin ha sottolineato come «ogni volta che l’uomo pretende di erigersi a padrone della storia, usurpando il posto di Dio, finisce col seminare la morte». Come al tempo della profanazione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Antioco iv Epifane, «le forze del male trovano nelle persecuzioni, soprattutto in quelle religiose, una delle loro costanti manifestazioni. Il potere politico, infatti, quando non si mette a servizio del bene comune, il bene di ciascuno e di tutti, può finire con il sacrificare interi gruppi di persone e rischiare perfino di imporsi alle coscienze dei cittadini, discriminando quelli che seguono tradizioni e usanze non compatibili con il proprio progetto di società. Sono scenari tristi, che, purtroppo, non sono mancati anche nel cammino storico del popolo ucraino, il quale ha conosciuto e continua a conoscere pagine terribili di oppressione e di sofferenza». Di fronte alle «numerosissime vittime» e alla «enorme distruzione del Paese, che si teme ancora maggiore e più funesta nei mesi invernali che si avvicinano — ha proseguito il porporato attualizzando la riflessione — si è facilmente esposti al rischio della rassegnazione o della disperazione». Perciò occorre «aderire saldamente, con la mente e con il cuore» alla «certezza che la giustizia divina giudica il male e “a chi cammina per la retta via mostra la salvezza di Dio”», ha osservato, citando i versetti del Salmo 49 appena cantati durante il rito. E questa certezza, ha assicurato, «ci rende capaci di rimanere saldi nella fede, forti nella sofferenza e aperti al dono della pace che viene da Dio».

Richiamando il pianto di Gesù, alla vista di Gerusalemme — «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace!» — il cardinale ha invitato in nome delle «vittime della carestia di 90 anni fa e della guerra dei nostri giorni» ad assumere un «autentico atteggiamento cristiano: chi si fida di Dio, anche e soprattutto nella tribolazione, non cede alla tentazione della vendetta, che all’odio aggiunge altro odio, ma si fa invece cooperatore di Dio nella costruzione della pace». E ha concluso, ripetendo la preghiera di san Clemente nella sua lettera ai Corinzi: «Ti preghiamo, Signore, sii il nostro soccorso e sostegno. Salva i nostri che sono nella tribolazione, rialza i caduti, mostrati ai bisognosi, guarisci gli infermi, riconduci quelli che dal tuo popolo si sono allontanati, sazia gli affamati, libera i nostri prigionieri, solleva i deboli, consola i vili. O Signore, fa’ splendere il tuo volto su di noi per il bene, nella pace, per proteggerci con la tua mano potente e scamparci da ogni peccato col tuo braccio altissimo e salvarci da coloro che ci odiano ingiustamente. Dona concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terra».

Alla messa, animata dai canti della corale della basilica di Santa Maria in Trastevere e dal coro degli alunni del Pontificio Collegio Ucraino di San Giosafat, presenti con il rettore monsignor Luis Caciano, hanno partecipato numerosi ambasciatori e rappresentanti del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, la signora Oksana Amdzhadin, ministro-consigliere dell’ambasciata d’Ucraina in Italia, religiose, religiosi e fedeli. A tutti i partecipanti è stata donata una coppia di spighe di grano legate da una coccarda coi colori della bandiera ucraina. Simboleggiano il Paese, “granaio d’Europa” per antonomasia, ma anche di quel nutrimento che venne sottratto in maniera criminale a milioni di suoi abitanti 90 anni fa.

di Massimiliano Signifredi