· Città del Vaticano ·

Iniziata la tregua nella Striscia di Gaza che prevede il primo scambio di ostaggi tra Israele e Hamas

L’attesa e la speranza

Palestinians who had taken refuge in temporary shelters return to their homes in eastern Khan Yunis ...
24 novembre 2023

Tel Aviv , 24. Alle 7 ora locale (le 6 in Italia) di questa mattina tra Israele e Hamas è scattata la tregua che dovrebbe durare quattro giorni. Centinaia di persone si sono subito riversate nelle strade di Gaza, con un movimento inverso a quello dei giorni scorsi: da sud, dove erano fuggite per scampare ai bombardamenti e alle operazioni militari, verso nord.

A quanto riferiscono le forze di difesa israeliane (Idf), tuttavia, le sirene che avvisano della caduta di razzi hanno risuonato lo stesso in due comunità israeliane vicino a Gaza, cui è seguita la neutralizzazione di un missile partito dalla Striscia. Le ostilità sul terreno, tra l’altro, sono continuate fino all’ultimo — secondo fonti locali — con l’esercito di Tel Aviv che, nel corso della notte, ha attaccato l’ospedale indonesiano nel nord di Gaza, dove è morta una donna. Sono stati colpiti anche i campi profughi a Nuseirat, Jabalia e al-Maghazi, nella zona centrale ed è stato completato il dispiegamento di militari sulle linee del cessate-il-fuoco. Anche alcuni giornalisti della Cnn e della Bbc presenti a Sderot hanno parlato di un attacco aereo israeliano e del suono di armi leggere, droni e mortai a meno di un’ora dell'inizio della tregua.

Nella notte aerei dell’Idf hanno bombardato Khan Yunis — dove si ritiene sia ora fuggito il capo di Hamas nella Striscia, Yahya Sinwar — uccidendo Amar Abu Jalalah, il comandante delle forze navali di Hamas. Mentre una pioggia di missili (48) da postazioni di Hezbollah in Libano è caduta vicino a Safed, nel nord di Israele, scatenando la reazione dell’esercito di Tel Aviv, che ha colpito diversi siti dell’organizzazione filo-iraniana.

Prima della tregua, le forze israeliane hanno proceduto alla demolizione di un tunnel di Hamas scoperto sotto l’Al-Shifa Hospital di Gaza City, così come altri ingressi nell’area. Secondo un portavoce dell’Idf, l’organizzazione jihadista aveva allestito sotto la struttura sanitaria «un centro nevralgico per lo svolgimento di attività di terrorismo». Ieri i militari israeliani hanno arrestato anche il direttore dell’ospedale, Mohammad Abu Salmiya: pur senza accusarlo di essere un membro di Hamas, Israele vuole capire come i miliziani abbiano potuto installare nel nosocomio e nei suoi sotterranei infrastrutture militari e centri di comando.

Intanto tutti i preparativi per la liberazione degli ostaggi in mano ad Hamas e lo scambio con i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane sono stati ultimati. Dalle 16 ora locale, 49º giorno di guerra, è previsto il rilascio dei primi 13 sequestrati israeliani, tra cui mamme e bambini. Le telefonate per avvisare i familiari di coloro che verranno liberati in giornata sono state effettuate ieri. Ora si consuma il dramma di chi non ha ricevuto la comunicazione ed è destinato ad attendere ancora per capire se tra i nomi in lista entreranno nei prossimi giorni anche quelli dei propri parenti. Israele, per parte sua, rilascerà oggi 39 tra donne e minori, che saranno trasferiti nella prigione di Ofer intorno a mezzogiorno, prima del loro rilascio in Cisgiordania o a Gerusalemme est.

In totale saranno 150 i palestinesi che torneranno nelle loro case contro i 50 rapiti, israeliani o con doppia nazionalità, nelle mani dei miliziani. Una fonte dell’intelligence egiziana ha detto all’agenzia Afp che una sua delegazione sarà presente a Gerusalemme e Ramallah per garantire il «rispetto della lista» dei prigionieri palestinesi rilasciati. Funzionari dei servizi israeliani, accompagnati da personale della Croce rossa e agenti del Cairo, saranno invece schierati nella «sala egiziana» del valico di frontiera di Rafah per ricevere gli ostaggi in uscita da Gaza che poi voleranno dall’aeroporto di Al-Arish in Israele.

Tel Aviv chiede anche che Hamas possa consentire la visita della Croce rossa ai restanti ostaggi nelle sue mani di cui non è previsto il rilascio immediato. Il rifiuto dei jihadisti a questa richiesta sembra sia stato alla base dello slittamento del cessate-il-fuoco e dell’inizio dello scambio; rifiuto opposto anche come reazione alle dichiarazioni del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che mercoledì sera, alla vigilia della tregua, aveva detto: «Elimineremo tutti i capi di Hamas, anche quelli all’estero».

L’accordo prevede inoltre che 200 camion di aiuti umanitari, quattro cisterne di carburante e quattro camion che trasportano gas da cucina potranno entrare a Gaza in ciascuno dei giorni di pausa. Il Cairo afferma che nella Striscia saranno ammessi 130.000 litri di diesel ogni giorno. Questa mattina il Cogat, l’ente del ministero della Difesa israeliano per il coordinamento delle attività in nei territori palestinesi, citato da «Times of Israel», ha confermato che gli otto tir con combustibile e gas domestico sono in effetti già entrati.

La situazione a Gaza rimane in ogni caso drammatica. E la pausa umanitaria, ha detto Oxfam, non basta. Tantissimi neonati, con meno di 3 mesi di vita, stanno morendo per cause prevenibili, come diarrea, ipotermia, disidratazione e infezioni. E «tante madri non possono contare su quasi nessun supporto medico, costrette ad andare avanti senza acqua, servizi igienici, riscaldamento e cibo». La pausa non è sufficiente, dunque, «a far fronte agli immensi bisogni della popolazione», è l’allarme lanciato dal portavoce umanitario di Oxfam Italia, Paolo Pezzati.