
Scriveva un autore francese: «L’uomo passa la sua vita a ragionare sul passato, a lamentarsi del presente, a tremare per l’avvenire» (Antoine de Rivarol).
È uno spunto a riflettere sul tempo, all’inizio dell’Avvento.
Perché ci fa capire che il tempo scorre; che tra poco sarà Natale.
Siamo ininterrottamente sospesi tra la nostalgia del passato, che ormai è solo ricordo, e l’incertezza di un futuro non privo di sorprese, di enigmi e forse di drammi.
Il presente, di solito, è il tempo in cui ci lamentiamo. L’uomo è incapace di vivere in pienezza il proprio tempo. Sul passato si recrimina perché lo si è perso. Il futuro, proprio perché ignoto, ci spaventa. Per questo qualcuno ha detto: «L’uomo che volge lo sguardo al passato non merita di avere un futuro davanti a sé» (Oscar Wilde).
Gesù ci invita ad un sano realismo: «State attenti, vegliate, vigilate, non fatevi trovare addormentati...» (Vangelo). È lo spirito dell’Avvento, nell’attesa della venuta di Cristo.
È inutile ricorrere a maghi, cartomanti, fattucchieri, veggenti... Sono truffatori e imbroglioni, che sfruttano persone deboli, sofferenti e ingenue.
In attesa di previsioni del futuro, molti vivono nel passato. Invece di alimentare questo mercato dell’inganno, della credulità, rivolgiamoci alla Parola di Dio: «Tu, Signore, tu sei nostro padre...» (prima lettura).
Padre! È il centro della nostra religione. Un padre non abbandona i suoi figli. Lui è il Padre della verità, il Padre del bello e del bene, il Padre della beatitudine, il Padre nostro.
«L’unico rifugio — non lo ripeteremo mai abbastanza — è Dio!» (Julien Green).
di Leonardo Sapienza
Il Vangelo in tasca
Domenica 3 dicembre, i di Avvento [ b ]
Prima lettura: Is 63, 16-17.19; 64, 1-7;
Salmo: 79;
Seconda lettura: 1 Cor 1, 3-9;
Vangelo: Mc 13, 33-37.