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Quattro giorni di stop ai combattimenti: saranno rilasciati 50 ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e Jihad islamica in cambio della liberazione di 150 prigionieri palestinesi detenuti in Israele

Intesa per una tregua

This picture taken from a position in southern Israel near the border with the Gaza Strip shows ...
22 novembre 2023

Tel Aviv , 22. Il Qatar, principale mediatore assieme all’Egitto e agli Stati Uniti per il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas dal 7 ottobre, ha confermato l’accordo che era stato approvato nella notte dal governo di Benjamin Netanyahu.

L’accordo, spiega la nota di Doha, anzitutto, dovrebbe prevedere una tregua di quattro giorni, «salvo proroga», il cui inizio «sarà annunciato nelle prossime 24 ore»; ad essa si accompagna il rilascio di 50 persone — 30 bambini, 8 madri e altre 12 donne — attualmente detenuti nella Striscia di Gaza, in cambio della liberazione di un certo numero di donne e bambini palestinesi (inizialmente dovrebbero essere 150) nelle carceri israeliane. Anche se questo numero, si aggiunge, potrebbe essere aumentato nelle fasi successive.

Il comunicato dell’ufficio del premier Netanyahu non specifica l’ultimo punto relativo ai prigionieri palestinesi, anche se poi il sito web del ministero della Giustizia di Tel Aviv ha pubblicato un elenco di 300 candidati alla scarcerazione, per i quali comunque dovrebbe valere il criterio con la formula “senza sangue sulle mani”, ovvero non essere stati condannati per terrorismo.

I sequestrati dovrebbero essere rilasciati da Hamas e dalla Jihad islamica palestinese nel numero di 12-13 per ogni giorno di stop ai combattimenti e dovrebbero essere tutti israeliani o con doppia nazionalità. Per ogni rilascio di 10 ostaggi aggiuntivi, la tregua sarà prolungata di un altro giorno.

Inoltre, il cessate-il-fuoco momentaneo dovrebbe consentire l’ingresso a Gaza di un numero maggiore di convogli e aiuti umanitari, compreso il carburante destinato a tali bisogni.

Infine, è previsto il via libera da parte dei militari e dell’intelligence israeliana alla sospensione di sei ore al giorno dei voli su Gaza dei droni di sorveglianza, mentre dovrebbero continuare le ricognizioni elettroniche sulla costa e nel nord della Striscia.

L’intesa, ha avvertito Netanyahu, sebbene «giusta», non significa la fine dell’offensiva militare, che riprenderà non appena sarà terminato il periodo di tregua. Una precisazione, questa, che serve a calmare almeno parzialmente i ministri dell’ala destra del governo, Itamar Ben-Gvir (Sicurezza nazionale), e Bezalel Smotrich (Finanze), che hanno votato contro l’accordo. Allarmata anche l’associazione israeliana delle vittime del terrorismo Almagor, che ha annunciato la presentazione di una petizione presso la Corte Suprema, per esprimere la propria contrarietà ad esso.

Pareri favorevoli sono invece stati manifestati a livello internazionale: Ue, Russia e Cina, nonché Paesi arabi come Giordania ed Egitto, hanno evidenziato la speranza che sia aperta la strada verso più seri colloqui di pace. Anche Mahmoud Abbas, presidente della Palestina, ha elogiato l’accordo, chiedendo «soluzioni più ampie» al lungo conflitto israelo-palestinese. Proseguono, nel frattempo, le tensioni e gli scontri sul campo. Ancora stamattina sono risuonate nelle comunità israeliane a ridosso della Striscia le sirene di allarme per i razzi.

In Cisgiordania, riferisce una nota dell’agenzia di stampa Wafa, un drone israeliano sul campo profughi di Tulkarem ha colpito una casa uccidendo sei palestinesi e causando altri tre feriti.

Intanto, l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha dichiarato che «la Corte penale internazionale ha già dato il via alle indagini per capire esattamente cosa stia succedendo a Gaza», perché «Israele ha obblighi chiari nella guerra contro Hamas», che sono «obblighi e doveri morali, ma anche giuridici, sanciti per legge e legati al diritto internazionale bellico».