· Città del Vaticano ·

Al via «Grazie, dottore»

Una campagna
per i medici di base

 Una campagna  per i medici di base   QUO-263
16 novembre 2023

«Grazie, dottore»: è lo slogan della prima campagna mondiale a favore del medico di base, che è stata presentata oggi in Vaticano, insieme con la Dichiarazione ad essa collegata e al sito internet thankyoudoctor.org in tre lingue (inglese, spagnolo e italiano) da cui è scaricabile.

L’iniziativa riprende una preoccupazione più volte espressa da Papa Francesco, per cercare di rispondere alla crisi del sistema sanitario in molti Paesi, ed è promossa dall’associazione no-profit “ Somos - Community Care”. Essa riunisce oltre 2.200 medici a New York impegnati a servire in particolare pazienti immigrati, ed è sostenuta dalla Pontificia Accademia per la vita, oltre che da organizzazioni mediche, infermieristiche, civiche e accademiche.

Alla conferenza stampa, svoltasi nella tarda mattinata di giovedì 16 novembre nella sala Benedetto xvi del Pontificio Collegio Teutonico, sono intervenuti l’arcivescovo Vincenzo Paglia e monsignor Renzo Pegoraro, rispettivamente presidente e cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita; i dottori Ramon Tallaj e Mario Paredes, i due principali dirigenti di S omos ; e Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri italiani (Fnomceo).

Obiettivo della Dichiarazione per la riscoperta del medico di famiglia è ricordare ai governi, alle istituzioni pubbliche e ai sistemi sanitari la necessità di rimettere al centro questa figura professionale per rilanciarne il rapporto con i pazienti, spiegando che i camici bianchi «contribuiscono a fondare il sistema sanitario sulla prevenzione». Mentre, «quando il rapporto medico-paziente viene meno o si interrompe, il sistema sanitario è condannato a intervenire solo quando la situazione del paziente è già degenerata, con costi umani e sociali molto elevati».

Sul sito della campagna la Dichiarazione può essere firmata da associazioni, gruppi, cittadini, con lo scopo di sostenere e riconoscere il ruolo quotidiano svolto da milioni di medici nei cinque continenti, che costituiscono la prima linea dei sistemi sanitari. «Mi pare saggio che la Dichiarazione arrivi a chiamare i medici “buoni samaritani” — ha osservato l’arcivescovo Paglia —. È una qualifica che li onora ma soprattutto li responsabilizza nei confronti dell’umanità bisognosa di cura».

«In una cultura generale inquinata da un egoismo narcisista — ha aggiunto — proporre alcune considerazioni sul legame tra Vangelo, salute, malattia è quanto mai opportuno. Il Vangelo più e più volte sottolinea l’opera di guarigione di Gesù: su 53 miracoli, ben 30 sono di guarigione. Già questo dice l’importanza che le guarigioni hanno nelle narrazioni evangeliche e quindi presso la prima comunità cristiana».

La Dichiarazione, ha detto ancora il presidente della Pontificia Accademia per la vita, «è un invito importante a ricordarci che ognuno di noi è una persona che va guardata negli occhi e vista nella sua totalità. Aveva ragione madre Teresa di Calcutta quando osservava che “la peggiore malattia dell’Occidente oggi non è la tubercolosi o la lebbra, ma il non sentirsi amati e desiderati, il sentirsi abbandonati”». E in proposito ha citato la testimonianza di uno scrittore italiano non credente, Ennio Flaiano, che ebbe una figlia, Luisa, malata di un’encefalopatia epilettoide, la quale poi morì.

Da parte sua Anelli ha sottolineato che «la comunicazione e il rapporto interpersonale tra medico e individuo rimangono fondamentali per la tutela della salute». Anche in un momento in cui i mezzi di informazione «si moltiplicano a dismisura, i cittadini continuano ad assegnare al medico la funzione di fonte principale sui temi della salute: il medico di famiglia è la fonte numero uno», ha concluso.