· Città del Vaticano ·

I lavori del convegno all’Augustinianum sulla dimensione comunitaria della santità

Lasciarsi trasformare

 Lasciarsi trasformare   QUO-262
15 novembre 2023

Celebrare la liturgia secondo lo spirito del concilio Vaticano ii vuol dire collocarsi «nella prospettiva dell’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate, per cui la santità è una chiamata universale e ordinaria, da viversi nella comunione del popolo di Dio, come una tensione continua ad ospitare e a lasciarsi trasformare dall’amore misericordioso di Dio». Lo ha sottolineato l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, monsignor Claudio Maniago, intervenendo al convegno su «Dimensione comunitaria della santità» promosso dal Dicastero delle cause dei santi presso l’istituto patristico Augustinianum di Roma.

Nella sessione di questa mattina, mercoledì 15 novembre — moderata dal direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione, Andrea Tornielli — hanno preso la parola due relatori che si sono soffermati a riflettere sul legame tra liturgia e santità. In particolare, monsignor Maniago ha fatto notare che l’esperienza celebrativa a cui è chiamata la Chiesa, «si offre come un cammino comunitario non segnato da “gesti eroici”», ma che piuttosto «andrà crescendo mediante piccoli gesti», che «segnano concretamente il cammino feriale della santità».

D’altra parte, ha osservato l’arcivescovo, la liturgia ha come obiettivo la santificazione del popolo di Dio. A questo proposito, ha ricordato le parole di Girolamo: «non sono le pareti a fare i cristiani». Non basta perciò «l’analisi esteriore di forme, ma occorre esaminare il modo in cui l’attività culturale va vissuta dal di dentro». Questa realizzazione esige «la presenza di una comunità adulta la cui maturità è direttamente proporzionale alla misura assembleare delle azioni compiute». Questo è il motivo per cui la Sacrosanctum Concilium, che ripropone la liturgia come «un complesso di segni sensibili ed efficaci, ristabilisce anche una riforma generale finalizzata al recupero della partecipazione», definendo esplicitamente l’assemblea come «la più alta manifestazione della Chiesa».

Anche il benedettino Jordi-A. Piqué i Collado, preside del Pontificio Istituto Liturgico, nel suo intervento sul tema «La Gerusalemme celeste, liturgia comunitaria realizzata. Chiavi teologico-liturgiche per una teologia della santità oggi», ha sottolineato come la liturgia cristiana richiami costantemente alla contemplazione di un «al-di-là» vivo ed operante con il quale «ci mette in costante rapporto». Un aldilà, ha aggiunto, che «supera di molto quanto possiamo vedere con i nostri sensi». In questo contesto liturgico-teologico i santi manifestano in una «economia di santità» la trascendenza immanente di Dio che si fa «economia di salvezza» nella sequela di Gesù, il quale, col suo Vangelo, ha fatto irrompere «l’economia di Dio nell’ambito umano quale storia di salvezza». La dimensione trascendente della santità viene «contemplata dalla liturgia cristiana» e l’aggancio tra terra e cielo molto spesso viene legato alla figura dei santi «con una lettura teologica che supera di molto una mera agiografia». Un nuovo sguardo sui testi conciliari, ha suggerito il preside, «può essere una buona guida per capire la dimensione teologica della santità come presenza attuante di Dio nel nostro hodie»: la liturgia «lo ricorda ogni giorno, come lo ha voluto la Sacrosanctum Concilium, nella tavola della Parola di Dio e dell’Eucaristia».

Quattro erano stati gli interventi della sessione pomeridiana di martedì 14 novembre del convegno, moderata dal direttore de «L’Osservatore Romano», Andrea Monda. In apertura la relazione di monsignor Vito Mignozzi, della Facoltà teologica pugliese, che ha illustrato il tema «La chiamata alla santità nella Chiesa particolare». Il teologo, che ha partecipato anche alla prima sessione della xvi assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, ha evidenziato che se c’è «un’universalità della chiamata alla santità, la via della sua possibile realizzazione è quella che passa per il vissuto di ogni singola Chiesa particolare». In essa, tutti i battezzati sono chiamati da Dio, «ognuno per la sua via, a quella perfezione di santità di cui è perfetto il Padre celeste».

Successivamente, sono intervenuti il parroco monsignor Andrea Celli, madre Yvonne Reungoat, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e i coniugi Franco Miano e Giuseppina De Simone.

Il sacerdote, nel suo intervento, ha fatto notare come «la parrocchia è luogo fecondo e fertile per testimoniare e vivere la dimensione comunitaria della santità. Per sua vocazione è presenza sul territorio del popolo di Dio, ne è porzione». Il parroco ha fatto riferimento all’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate, dalla quale «si comprende come la comunità sia il luogo per sperimentare la presenza di Dio in modo speciale e vivere una santità comunitaria dell’amore vissuto nei piccoli dettagli». Concretamente allora «l’esperienza fenomenologica di una santità possibile nella comunità parrocchiale la si può sperimentare tutti i giorni» nelle persone che vi vivono.

Da parte sua, madre Reungoat ha ricordato la testimonianza di una missionaria nell’Amazzonia equatoriale vissuta nel secolo scorso, la beata suor Maria Troncatti, la quale aveva fatto nascere comunione e pace nel Paese in cui era vissuta, l’Ecuador. La religiosa ha osservato come la Troncatti sia stata capace di «farsi tutta a tutti» e di integrarsi nel territorio, risvegliando tra le diverse etnie, «mediante l’educazione, e non solo, l’evangelica cultura dell’incontro, della fraternità, della pace e della vita». Infine, i coniugi Miano hanno definito il cammino dell’Azione Cattolica come una scuola di santità, ricordando che la chiamata è per tutti e che ognuno deve rispondere secondo la propria vocazione.