La buona Notizia
Essere credenti, in fondo, vuol dire essere fedeli. Fedeli a sé stessi, agli altri e al Dio dei doni. Alla fine della vita ci sarà richiesta questa fedeltà — concreta ma essenziale — non misurabile e non giudicabile. Il credente (pistos) ripone fiducia nelle cose e nelle persone, senza sorvolare troppo velocemente sul tempo che passa inesorabile. Del resto chi ci viene affidato ha bisogno di fedeltà nel tempo e non di voracità del momento. Il tempo, infatti, è l’attesa feconda del ritorno del Padre, il quale ci ha donato la vita perché potessimo ridonarla ad altri. Il Padre gode quando la vita è condivisa e moltiplicata, non quando viene camuffata e castrata.
Il Vangelo di questa domenica, in cui ricorre la vii Giornata mondiale dei poveri, ci ricorda che la più grande povertà è quella di chi smette di rischiare. Quando la paura di perdere e di amare ci assale ci rifugiamo nel disfattismo sterile che ci rende morti che camminano. La fedeltà è tutta qui: accogliersi come un dono dell’Alto e spendersi con le mani aperte verso chi invoca aiuto. Ancora troppa povertà subita come ingiustizia affollerà l’umanità se i problemi degli altri non diventano propri. I doni ricevuti servono a ricordarci che l’unica misura alta della vita è quella di chi è disposto a perderla, per amore.
di Roberto Oliva