· Città del Vaticano ·

La tempesta ha provocato morte e distruzione mentre cresce lo sciacallaggio tra le macerie delle abitazioni

Qui Acapulco, dove l’uragano Otis ha distrutto tutto

epa10966865 A woman walks through debris after the passage of Hurricane Otis in the beach resort of ...
13 novembre 2023

All’alba del 25 ottobre, nella costa sud del Pacifico messicano, il dialogo tra l’oceano, l’atmosfera e l’aria calda e umida è esploso. In poche ore, per vari fattori come la quantità di aria calda evaporata dalla superficie dell’oceano, quella che era una tempesta tropicale si è trasformata in un uragano di categoria 5, la più alta nella scala Saffir-Simpson. I venti dell’uragano Otis, che nel picco massimo hanno raggiunto i 270 chilometri all’ora, hanno ridotto Acapulco, una volta chiamata “la perla del Pacifico messicano”, in un cumulo di macerie, alberi abbattuti, pali caduti, reti elettriche tagliate, barche affondate, edifici distrutti, veicoli ribaltati. Nessuno se lo aspettava, non c’è stato un piano di evacuazione e tutti sono rimasti intrappolati in balia della furia dei venti. «È una devastazione assoluta, è come se fosse caduta una bomba», racconta Jorge Angel Almeida Serrano, giovane acapulqueño. I media vaticani hanno raccolto la sua testimonianza insieme a quella di Yazmín Kuri, giovane di 23 anni che lavora a Guadalajara mentre la sua famiglia vive a Acapulco.

Otis, l’uragano più veloce e intenso che si è sviluppato in questa zona del Pacifico, ha toccato terra a Acapulco alle 00.25. Qualche minuto prima, a Guadalajara, Yasmín Kuri riceve un messaggio da sua madre da Acapulco: «Ah figlia mia, questo è molto forte». Dopo, hanno perso il contatto ed è iniziato quello che Jorge descrive come «il terrore»: «Ha iniziato a soffiare forte, a muovere lamiere, vari materiali, a distruggere tutto. Sono caduti pali, ci ha buttato giù il portone di casa, un albero è caduto e ha bloccato l’entrata, si è tappata la grondaia, abbiamo iniziato a inondarci e per il forte vento anche nel piano di sopra è entrata l’acqua», racconta il giovane. Quando è arrivata l’alba, dopo non aver dormito per tutta la notte, Jorge è andato in cerca di sua madre che vive a Diamante, nella parte occidentale del porto. «Sono uscito molto presto in moto per cercare mia madre. Ho dovuto schivare sedie, alberi, pali, cavi della luce, macerie, di tutto. Diamante era inondato. Quando sono riuscito ad arrivare a casa di mia madre, l’ho vista e l’ho abbracciata. È stato un momento molto emozionante», racconta.

Anche la casa familiare di Yasmín si è inondata, tutte le stanze si sono allagate ed è caduta la capanna che avevano nel piano di sopra. Però, «grazie a Dio sono stati soltanto danni materiali, noi stiamo bene e la casa è in piedi», pensa Yasmín riconoscendo la fortuna che invece molte famiglie non hanno avuto. «È molto triste la situazione perché sia chi aveva tutto sia, chi non aveva quasi niente, tutti sono rimasti senza niente», dice Yasmín. Jorge le fa eco: «Quello che più mi colpisce è che ci sono famiglie che hanno perso tutto, soprattutto nelle zone rurali. Vediamo gente vulnerabile che esce in strada con bottiglie vuote e chiede acqua, cibo, qualcosa da portare a casa». «Io sono un fotografo di paesaggi e per questo cerco di fotografare sempre le cose più belle. Ci credi che finora non ho avuto il coraggio di fotografare Acapulco?» aggiunge commosso.

Secondo i dati ufficiali, attualmente risultano morte 47 persone e 48 scomparse (anche se queste cifre sono in aggiornamento e sono oggetto di controversie tra il governo e alcuni mezzi d’informazione perché non coincidono), 172.000 abitazioni sono state danneggiate (ma, a monitoraggio non ancora concluso, il numero potrebbe arrivare a più di 250.000) e quasi l’80 per cento delle infrastrutture turistiche. Il passaggio dell’uragano ha colpito oltre 580.000 persone, con milioni di perdite economiche.

Yasmín segnala che il problema principale ora è l’aumento incalcolabile della spazzatura. Questo, insieme all’acqua ristagnata per le strade, favorisce la diffusione di malattie dello stomaco. Ci sono anche molti mosquitos, zanzare che possono trasmettere la malattia virale del dengue. Per questo, dice, «è abbastanza pericoloso per tutti stare qui, anche per chi ci sta aiutando. E la mancanza di acqua e luce non fa che incentivare la diffusione delle malattie».

Un altro grande problema a Acapulco è la delinquenza. La maggior parte dei negozi distrutti dall’uragano sono stati assaltati e lo stesso è accaduto con le abitazioni. «La gente si mette d’accordo per chiudere gli isolati a una certa ora della notte. Siccome non c’è luce accendono dei fuochi», dice Jorge. «Sono persino armati, e spesso si sentono degli spari perché per spaventare la gente sconosciuta che cammina in quelle zone e farli desistere dall’idea di voler rubare, sparano in aria». Jorge descrive così il modo che i vicini hanno pensato di usare per proteggersi senza aspettare l’aiuto dell’esercito.

«Ora cosa succederà?» si chiedono tutti. La madre di Yasmín condivide con la figlia la sua preoccupazione per quanto potrà essere difficile la ricostruzione. Però, è convinta che non sarà impossibile: «Com’è successo in altri luoghi che sono dovuti ripartire da zero, anche Acapulco riuscirà a rialzarsi», afferma. Jorge, dal canto suo, non pensa di muoversi dalla sua città natale: «Acapulco ci ha dato molto, mi piace, non voglio andare via da qui. Ora si tratta di andare avanti, trovando molta forza per affrontare quello che verrà. Continueremo così, decisi fino alla fine».

di Luana Foti