· Città del Vaticano ·

Papa Francesco e il coraggio di farsi operatori di pace

Cercando un varco
tra le nubi

 Cercando  un varco  tra le nubi  QUO-258
10 novembre 2023

«Quando siamo arrivati all’Aquila non potevamo atterrare: nebbia fitta, tutto scuro, non si poteva. Il pilota dell’elicottero girava, girava, girava... Alla fine ha visto un piccolo buco ed è entrato lì: c’è riuscito». In molti ricordano queste parole che Papa Francesco pronunciò a braccio nell’omelia a L’Aquila il 28 agosto 2022 in occasione della Perdonanza Celestiniana. Un’esperienza appena vissuta che il Pontefice collegò al tema della nostra miseria, che è appunto come nebbia fitta, e della misericordia del Signore che apre un varco laddove non sembrano esserci che tenebre.

In qualche maniera, questo atteggiamento caparbio e fiducioso del pilota descritto dal Papa è anche il tratto distintivo degli operatori di pace e del loro modo di agire. Pure loro sanno infatti trovare uno spiraglio, per quanto stretto, tra le nubi scure della guerra. Ci vuole coraggio ad essere operatori di pace. È stato Thomas Merton ad osservare che «la pace esige l’impegno più eroico e il sacrificio più difficile. Richiede maggiore eroismo della guerra». Certo, questo non significa che gli operatori di pace siano immuni rispetto a quanto accade attorno a loro, alla sofferenza che toccano con mano ogni giorno. La tormenta che viene loro addosso li spaventa, però non li paralizza.

Ci vuole coraggio e creatività, come sempre ci ricorda Papa Francesco. Essere operatori di pace e costruttori di un mondo migliore richiede visione, capacità creativa di aprire nuove strade. «Ci sono coloro che guardano le cose come sono, e si chiedono perché — disse Robert F. Kennedy in un celebre discorso tante volte citato, ma forse non altrettanto recepito —. Io sogno cose che non ci sono mai state e mi chiedo perché no?».

In questi anni terribili, segnati da un’escalation che sta sempre più marcando il profilo lugubre della “terza guerra mondiale a pezzi”, il Papa non si è mai stancato di indicare quel varco in mezzo alla fitta nebbia. Lo indica con coraggio e fiducia, richiamando ognuno di noi a cercarlo. Ci incoraggia a non stare fermi, a non fissare le nubi della disperazione ma — come il pilota nel cielo su L’Aquila — a «girare, girare, girare», dunque a muoversi alla ricerca di una feritoia dove far filtrare la luce. La luce della pace.

Il Papa si appella ai leader del mondo, certo, a chi può determinare il corso degli eventi. La sua esortazione, tuttavia, è rivolta a ciascuno di noi là dove ci troviamo a percorrere il cammino della nostra vita. Tutti siamo chiamati a essere operatori di pace e riconciliazione. Come già sottolineava Madre Teresa di Calcutta quando, a chi le chiedeva cosa fare per promuovere la pace nel mondo, rispondeva spiazzante: «Vai a casa e ama la tua famiglia».

Nella ricerca di quella breccia di speranza in mezzo all’oscurità, gli operatori di pace mettono anche in conto che a volte non saranno compresi. Non per questo, però, smettono di prodigarsi per il bene dell’altro. Non allentano gli sforzi per salvare vite, fosse anche la vita di una singola persona. Perché sanno che chi salva una vita salva il mondo intero. E salva anche il mondo che verrà. 

di Alessandro Gisotti