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«Lo sguardo politico dei grandi narratori» a cura di Flavio Felice

Ri-tessere il mondo

 Ri-tessere il mondo   QUO-257
09 novembre 2023

Pubblichiamo la prefazione del direttore de «L’Osservatore Romano» al volume «Lo sguardo politico dei grandi narratori» (Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2023, pagine 140, euro 16), curato da Flavio Felice.

Tempo fa il sindaco di un’importante città italiana, mi confidò che, poche settimane dopo la sua nomina, aveva ricevuto una lettera direttamente da Papa Francesco che gli suggeriva di leggere un articolo apparso su «L’Osservatore Romano» (potete immaginare la mia gioia), articolo peraltro allegato in fotocopia alla lettera, che consisteva nella ripubblicazione di alcuni brani del saggio del teologo Romano Guardini su Dostoevskij. In particolare, lo ricordo bene perché la selezione dei brani l’avevo fatta io, quei brani erano stati presi dal capitolo del saggio sul tema del popolo nelle opere del grande romanziere russo. Il messaggio del Santo Padre era fin troppo evidente: caro sindaco, se vuoi governare bene la tua città, questa lettura che ti propongo è quanto mai necessaria. Papa Francesco ama entrambi, Guardini e Dostoevskij, con la differenza che al contrario del primo cita spesso il secondo, anche esplicitamente, nei suoi discorsi, omelie e documenti. Si pensi ad esempio alle frequenti citazioni de La leggenda del Grande Inquisitore, romanzo nel romanzo che custodisce nel suo cuore uno dei temi fondamentali di tutta l’opera di Dostoevskij: il dramma della libertà. Che è forse il tema per eccellenza della politica.

Letteratura e politica, dunque. Dove la “e” può anche essere accentata: letteratura è politica, nel senso che scrivere è un gesto pubblico, che esce dalla sfera del solipsismo e mette in comunicazione l’io dell’autore con gli altri e con il mondo, che incide inevitabilmente nella cosiddetta sfera pubblica, che ha un impatto sulla vita della società.

Un tema questo che Papa Francesco ha ben presente; nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2020 il Papa ha scelto come tema l’arte del racconto e ha affermato, tra l’altro, che «(...) le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli. Spesso decidiamo che cosa sia giusto o sbagliato in base ai personaggi e alle storie che abbiamo assimilato. I racconti ci segnano, plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti, possono aiutarci a capire e a dire chi siamo».

Gli fa eco lo scrittore e critico Alessandro Zaccuri che, in un articolo sempre su «L’Osservatore Romano» a commento del Messaggio, osserva che: «Ogni racconto, infatti, ha in sé una dimensione politica, troppo spesso trascurata da chi preferisce pensare alla comunicazione e più specificamente alla letteratura come a un’abilità tecnica in sé inerte: come a qualcosa che subentra a battaglia terminata, per restare in ambito bellico. Alcuni combattono, altri — dopo che le armi sono state deposte — raccontano com’è andata (...) Le storie interpretano la realtà, anzitutto, e già questo basterebbe per comprendere che nessuna storia è mai del tutto irrilevante o innocente. I racconti di cui oggi più che mai ci nutriamo in forme e con modalità disparate (i film e i romanzi, le serie tv e le graphic novel, l’epopea collettiva della cronaca giornalistica e il controcanto talvolta caotico delle reti sociali) hanno un ruolo determinante nel delineare le nostre aspettative e nel permetterci di rielaborare le nostre esperienze non soltanto nell’ambito privato delle relazioni affettive, ma anche e forse specialmente nel contesto più ampio della convivenza sociale: persuadendoci, per esempio, che una certa scelta è giusta e un’altra sbagliata, che un determinato comportamento è eticamente fondato e un altro condannabile. (...) Sono le storie, letteralmente, a fare indirizzare il corso della convivenza, ed è la storia che ogni popolo o nazione decide di raccontare — e di raccontarsi — a determinare scelte e comportamenti concreti».

Il racconto dunque, secondo Bergoglio, fortifica la propria identità personale e insieme anche l’identità di una comunità, di un popolo. Il popolo è per il Papa infatti un concetto innanzitutto “mitico”, cioè collegato strettamente al racconto che il popolo, nel tempo, lungo lo scorrere delle generazioni, fa di sé stesso. L’invito che in quel Messaggio del 2020 il Papa rivolgeva al mondo dei comunicatori era quello di riconquistare l’arte del racconto come ri-tessitura di un mondo “sfilacciato”, che ha perso la “trama”, che è quindi “sfibrato”. Non sono del tutto sicuro che l’era contemporanea sia l’era del trionfo del nichilismo, però mi colpisce che questa parola provenga dal latino nihil (niente), cioè ne hilum : nessun filo. È necessario riprendere il filo della storia, rimettersi a ricucirlo e il telaio che qui serve è quello della narrazione. Quella narrazione che, secondo lo scrittore irlandese Colum McCann «è la nostra grande democrazia. È quella cosa alla quale tutti abbiamo accesso. Raccontiamo le nostre storie perché abbiamo bisogno di essere ascoltati. E ascoltiamo storie perché abbiamo bisogno di appartenere. La narrazione travalica le frontiere. Scavalca i confini. Frantuma gli stereotipi. E ci dà accesso alla piena fioritura del cuore umano». Su questo tema il punto cruciale per un cristiano, cioè per una persona che crede nel dogma dell’incarnazione, è che, come afferma il Papa nello stesso messaggio del 2020: «(...) non esistono storie umane insignificanti o piccole. Dopo che Dio si è fatto storia, ogni storia umana è, in un certo senso, storia divina. Nella storia di ogni uomo il Padre rivede la storia del suo Figlio sceso in terra. Ogni storia umana ha una dignità insopprimibile. Perciò l’umanità merita racconti che siano alla sua altezza, a quell’altezza vertiginosa e affascinante alla quale Gesù l’ha elevata».

Alcuni di questi racconti all’altezza della dignità divina dell’uomo vengono anche citati da Papa Francesco ed ecco ad esempio Manzoni e riecco Dostoevskij, ed entrambi questi grandi romanzieri il lettore li potrà ritrovare nella presente raccolta curata da Flavio Felice e già apparsa, sotto forma di singoli articoli, sulle pagine de «L’Osservatore Romano». Oltre al lombardo e al russo, in questa rassegna che tiene unite insieme letteratura e politica, compaiono anche Leopardi ed Eliot, James F. Cooper, George Orwell e Aldous Huxley, Albert Camus e Mario Pomilio fino a David Foster Wallace e al suo postumo Il re pallido.

L’intento del curatore di questa stimolante galleria di grandi scrittori è quello di mostrare tutta la ricchezza e la complessità di quell’istituzione che chiamiamo “società”, che è in fondo «la proiezione multipla, simultanea e continuativa di una miriade di azioni umane, di conseguenze intenzionali e non intenzionali, espressioni storiche di culture», un intento quindi audace, che vuole essere anche un invito, un appello agli scrittori e agli artisti che vivono e operano nel confuso mondo di oggi che sembra “aver perso il filo”: aiutateci in questo lavoro di tessitura del mondo, perché la politica ha bisogno di voi per ridare ossigeno a quella libertà che ne è la condizione e linfa vitale.

di Andrea Monda