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L’allarme del Committee to Protect Journalists: dal 7 ottobre uccisi 39 operatori dei media

Morire
raccontando la guerra

 Morire raccontando la guerra  QUO-257
09 novembre 2023

«Buongiorno, sono ancora viva». «Oggi ho trascorso tre ore intere a cercare un po’ d’acqua». «Stanotte pensavamo che fosse la fine del mondo». Bisan Owda, filmmaker di 25 anni di Gaza, racconta così la sua quotidianità, attraverso i social media. Una quotidianità fatta di guerra, di sopravvivenza e, nonostante tutto, delle speranze di una giovane, nata in quella striscia di terra così martoriata. Avere “esperienza” di vita sotto le bombe — racconta Bisan — significa che, se senti il suono spaventoso di una esplosione, «non sei ancora morta», perché, quando arriva la bomba, non la senti cadere. È la stessa dura realtà che mostra nei suoi contributi Motaz Azaiza, giornalista di Gaza. Motaz si commuove in video, si chiede se sopravviverà a domani e poi si fotografa abbracciato a un grande peluche rosso, unico “sopravvissuto” dopo i bombardamenti israeliani della notte. La vita a Gaza — raccontata da Motaz, quando non manca la corrente e non viene bloccato l’accesso a Internet — è ormai insostenibile: ragazzi che camminano scalzi tra le macerie, assalti ai camion di viveri, mamme che implorano aiuto per i figli feriti, cadaveri di uomini, donne, bambini. È la violenza della guerra, una guerra che tanti altri giornalisti di Gaza stanno provando disperatamente a raccontare, pagando spesso con la loro vita. Secondo il Committee to Protect Journalists (Cpj), infatti, sono già 39 i giornalisti e operatori dei media che sono stati uccisi dal 7 ottobre: 34 palestinesi, 4 israeliani e 1 libanese. Altri 8 giornalisti sarebbero rimasti feriti, 3 sarebbero dispersi, senza considerare i 13 arrestati e i numerosi episodi di «aggressioni, minacce, attacchi informatici, censura e uccisioni di familiari», sui quali il Cpj sta indagando. Secondo il Comitato, si tratta del mese più mortale mai registrato per giornalisti e operatori dei media.

Le forze di Difesa Israeliane (Idf) hanno dichiarato a Reuters e Agence France Press di non poter garantire la sicurezza dei loro giornalisti a Gaza, dopo che le agenzie di stampa avevano cercato garanzie di protezione dagli attacchi israeliani per i loro operatori. «Il Cpj sottolinea che i giornalisti sono civili che svolgono un lavoro importante durante i periodi di crisi e non devono essere presi di mira dalle parti in conflitto», ha affermato Sherif Mansour, coordinatore del programma Medio Oriente e Nord Africa del Cpj. «I giornalisti di tutta la regione stanno facendo grandi sacrifici per coprire questo conflitto straziante. Quelli di Gaza, in particolare, hanno pagato, e continuano a pagare, un tributo senza precedenti e affrontano minacce esponenziali. Molti hanno perso colleghi, famiglie e strutture mediatiche, e sono fuggiti in cerca di sicurezza quando non c’è un rifugio sicuro o un’uscita».

Stando alle statistiche, è morto più di un giornalista al giorno, nel tentativo di svolgere il suo lavoro. Uno degli ultimi, un reporter dell’agenzia di stampa palestinese Wafa News, Mohammad Abu Hasira, è rimasto ucciso «a seguito di un bombardamento israeliano che ha preso di mira la sua casa», secondo quanto riportato da Wafa News.

Tra i giornalisti israeliani deceduti, si registra Roee Idan, fotografo israeliano del quotidiano «Ynet», inizialmente dato per disperso e poi ritrovato morto, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre al kibbutz Kfar Aza. Anche Yaniv Zohar, fotoreporter israeliano che lavorava per il quotidiano israeliano in lingua ebraica «Israel Hayom», è stato ucciso durante un attacco di Hamas al kibbutz Nahal Oz, nel sud di Israele.

di Beatrice Guarrera