· Città del Vaticano ·

Un ricordo di Eduardo Francisco Pironio, sostenitore convinto e artefice sapiente delle Gmg
istituite da san Giovanni Paolo II

Il “cardinale dei giovani”

 Il “cardinale dei giovani”  QUO-256
08 novembre 2023

Nate dall’intuizione profetica e dal grande amore di Giovanni Paolo ii per i giovani, le Giornate mondiali della gioventù hanno trovato nel cardinale Pironio il sostenitore convinto e l’artefice sapiente: le ha ricevute nel loro nascere a Roma nel 1984 e, facendosi pellegrino instancabile con il Papa e con i giovani sulle strade del mondo, le ha accompagnate con tenerezza e amore fino al 1996, vigilia della loro dodicesima edizione a Parigi. E ogni volta, con la parola e la presenza assidua, discreta, sorridente e paterna, marcava un passo in avanti, un cambiamento nel sentire, una prospettiva diversa su cui riflettere, un seme nuovo che deponeva con delicatezza e fiducia nelle fertile terra della verde età.

Straordinario il legame che Pironio riusciva a stabilire con i giovani. Con i suoi capelli bianchi, con quell’autorevolezza che si avvertiva distinta al suo cospetto, riusciva ad essere “credibile” ai loro occhi come compagno di viaggio. Aveva molto vissuto e molto visto. Aveva esplorato l’animo degli uomini, ascoltato le loro inquietudini, le aveva confrontate con le proprie e ne aveva offerto l’elemento di comprensione. Durante i Forum internazionali e le Giornate mondiali era abituale ritrovarlo in mezzo a gruppi di giovani in jeans e maglietta, con al collo i cartellini per gli accrediti e gli zainetti in spalla, lui con l’abito scuro e la croce pettorale, del tutto a suo agio. E, anche se non parlava le lingue, la sua comunicazione con loro era immediata, profonda e ricchissima di contenuti. Tra loro si capivano al volo, senza bisogno di interpreti: aveva colto ciò che i suoi amici scanzonati e con decine d’anni di meno di lui chiedevano al mondo, agli adulti, alla Chiesa. «Questi giovani non hanno paura della fatica, della sofferenza, della croce. Hanno paura della mediocrità, dell’indifferenza, del peccato», aveva scandito a Loreto il 9 settembre 1995 davanti a Giovanni Paolo ii, nella piana di Montorso. E non è certamente un caso se una delle prime cose che mi disse al mio arrivo al Pontificio Consiglio per i laici fu: «Qui non dobbiamo essere pompieri, ma architetti»; cioè: non bisogna assopire, spegnere, livellare, normalizzare; bisogna costruire, anche a costo di rischiare e — come si dice — pagare di persona.

Quando, nell’autunno del 1996, il cardinale Pironio lasciò la presidenza del Pontificio Consiglio per i laici per raggiunti limiti di età, la rivista «I care» pubblicò una lettera che i giovani gli indirizzarono: «Caro Cardinale, ci hai accompagnato in tutti questi anni con sapienza e amore, hai parlato ai nostri cuori e alle nostre intelligenze, hai seguito il nostro cammino con sensibilità, sollecitudine e attenzione. E sei diventato così, naturalmente, il Cardinale dei giovani... La tua presenza vigile, il tuo prendere a cuore le nostre speranze e le nostre attese ti hanno fatto diventare colui che con la parola e la testimonianza ha saputo accogliere e seguire tanti e tanti di noi nella ricerca del senso profondo della vita e della fede. La tua caratteristica è stata sempre, come l’agricoltore, l’arte del seminare e la pazienza dell’aspettare. Ci hai dato fiducia, ci hai sostenuto nei momenti difficili, ci hai parlato della gioia e della speranza, ci hai insegnato ad amare la Chiesa “mistero di comunione missionaria”, stabilendo vincoli di interiore rapporto che nulla potrà troncare o cambiare. E, soprattutto e prima di tutto, ci hai voluto bene. E noi lo abbiamo sempre sentito».

Il suo ultimo periodo di vita, minato dal male, non ha segnato comunque un arretramento nell’impegno, nella sollecitudine pastorale e amicale. E non è un contrasto l’ultima sua testimonianza ai “cari giovani, amici miei”, contenuta nella lettera di congedo, datata 27 dicembre 1996. Lui, che aveva guidato eserciti in festa di ragazzi nel mondo, scrive: «Adesso il Signore mi chiede altre cose. Vuole che continui ad accompagnarvi come padre, fratello, amico. Ma in modo diverso. Con il silenzio della preghiera e la sincerità del mio affetto». La preghiera è presenza, pregare è costruire, è tessere ancora la trama di una storia, di rapporti che non finiranno. L’ultima lezione di un grande prete, del “cardinale dei giovani”, padre, fratello, amico e — soprattutto — maestro. Di vita.

di Renato Boccardo
Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Già capo ufficio della sezione Giovani del Pontificio Consiglio per i laici