· Città del Vaticano ·

Nella Riserva della Biosfera Maya, in Guatemala, i progetti ambientali di autorità, gruppi locali e ong hanno restituito in 10 anni 157.000 ettari di foresta

Collaborazione virtuosa

Aerial view showing a boat on a lake in the forest in Puerto Arturo, a sector in the heart of the ...
08 novembre 2023

C’è stato un tempo in cui la zona di La Colorada, nel cuore della Riserva della Biosfera Maya in Guatemala, era soltanto giungla. Poi quello che è il bacino tropicale più grande dell’America centrale, con oltre 2,1 milioni di ettari, al confine con il Messico e il Belize, negli ultimi vent’anni ha visto aumentare la deforestazione dal 20 al 33%: all’origine, il traffico di legname, gli incendi e soprattutto la creazione di pascoli per l’allevamento illegale di bestiame, quest’ultimo spesso collegato al riciclaggio del denaro derivante dai traffici criminali della droga. Oggi però si cerca di invertire la tendenza, grazie a una collaborazione tra autorità, comunità locali e ong, come la Wildlife conservation society (Wcs) che dal 2009 porta avanti un’opera di sensibilizzazione sulla salvaguardia del territorio e offre formazione nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e dell’apicoltura.

In un’area popolata da 200.000 persone, lì dove i Maya costruirono la città di Tikal, il principale sito archeologico del Guatemala e patrimonio mondiale dell’Unesco, alla comunità di Leonel Acosta, membro dell’associazione “Selva Maya del Norte”, è stata assegnata una delle concessioni che lo Stato affida alle popolazioni locali per avviare attività sostenibili, dalle coltivazioni di mais, fagioli, patate dolci e yucca alla produzione di miele, passando per la piantumazione di nuovi alberi di cedro e mogano. Sotto il sole che gli brucia la schiena, riferisce all’Afp come quella che una volta era giungla «ora sia degradata» ma come comunque diverse aree da pascolo siano già state riforestate. Le operazioni di disboscamento illegale vengono tracciate via satellite e poi segnalate. E anche se gli sgomberi richiedono tempi dilatati, molte volte a causa di lunghi iter burocratici, in un periodo peraltro caratterizzato da forti tensioni dopo le elezioni del giugno scorso, negli ultimi dieci anni sono stati ricuperati più di 157.000 ettari di foresta.

Intanto un altro residente, Miguel Julian, strappa l’erba secca da un campo destinato a specie forestali autoctone. Anche Antonio Juarez sta lavorando nella zona: «Forse non noi ma i nostri figli saranno la generazione che beneficerà di questi alberi», riflette. (giada aquilino)