· Città del Vaticano ·

A Milano il meeting annuale di Medici con l’Africa Cuamm

La sfida di un futuro possibile

 La sfida di un futuro possibile  QUO-252
03 novembre 2023

«Sono molto orgoglioso, oggi mi sento protagonista e strumento al servizio del mio Paese». Sorride e si commuove don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, nel ricordare le parole di un giovane, Gordon, laureatosi lo scorso anno in ostetricia alla scuola di formazione di Lui, in Sud Sudan, realtà supportata dalla ong nata a Padova più di settant’anni fa. Il sacerdote, cardiologo originario del Veneziano, in una conversazione con «L’Osservatore Romano» presenta l’Annual meeting di Medici con l’Africa Cuamm, in programma domani, 4 novembre, presso la sala Verdi del Conservatorio di Milano. Il tema di quest’anno è: «In movimento. Con l’Africa tra emergenza e sviluppo», ponendo l’attenzione sulle sfide che il continente sta affrontando tra crisi e instabilità, puntando al contempo anche sulle grandi potenzialità africane. All’appuntamento sono attese oltre 1.800 persone, con la partecipazione tra gli altri del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, di monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, di monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova, in un’alternanza di contributi dal campo e voci istituzionali che vede i media vaticani tra i partner dell’iniziativa.

«Il contesto internazionale — il conflitto in Ucraina, la guerra in Medio Oriente, prim’ancora il covid — ha spostato l’attenzione globale e, se prima l’Africa era poco rappresentata, adesso è scomparsa», fa notare il direttore di Medici con l’Africa Cuamm. «Il prezzo del grano è cresciuto moltissimo, passando per esempio in Etiopia da 50 birr al quintale a 2.000 birr al quintale, quindi la gente non lo compra e i bambini malnutriti aumentano. Il gasolio in Sierra Leone è passato da 8.000 a 25.000 leoni al litro e le ambulanze possono funzionare soltanto 5-6 giorni al mese: sono aumentati i prezzi dei farmaci, del materiale sanitario, con la conseguenza che la gente accede meno agli ospedali». Una situazione di «povertà accentuata» che, spiega don Dante, «mette in movimento le persone: gli africani cercano risposte e, se non le trovano nel loro Paese, si spostano in quelli vicini, così come sta capitando dal Sud Sudan verso l’Etiopia o l’Uganda. Il 90% del movimento — chiarisce — è intra-Africa e solo un 10% arriva sulle nostre coste. Proprio questo movimento ci richiama ad avere il coraggio, la determinazione e la lucidità di sapere che il continente africano chiede di investire di più e meglio nelle risorse umane locali, nei giovani africani». Proprio come quel ragazzo sud-sudanese, Gordon, che una settimana dopo la laurea stava già lavorando all’ospedale di Rumbek e mostrava a don Dante «il registro dei parti che aveva cominciato a seguire, tenuto in modo ordinatissimo e con la gioia di vedere davanti a sé la prospettiva di un futuro possibile lì, nel suo Paese». Per questo Medici con l’Africa Cuamm, aggiunge, sta lanciando l’appello “A casa mia”, «perché la domanda di quei giovani è di avere l’opportunità di crescere in quell’Africa che non va sfruttata — come sottolineò Papa Francesco lo scorso anno, ricevendo i partecipanti all’incontro 2022 del Cuamm — ma promossa, nonostante le fatiche del contesto».

Ne è la prova l’impegno di Giovanni Dall’Oglio, medico esperto di salute pubblica, da 18 anni col Cuamm: Uganda, Angola, Sud Sudan, oggi ancora Uganda, nei distretti di Oyam e Kole, presso l’ospedale Saint John xxiii di Aber. Quando gli chiediamo il perché della sua lunga missione in Africa, non ha dubbi: «Donando si riceve molto di più di quello che si dà». Parole che evocano l’esperienza di suo fratello, padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito ormai più di 10 anni fa in Siria, unito a quella terra da «un livello di coinvolgimento veramente eccezionale», confida il medico. «Più rileggo le sue testimonianze e più sono sconvolto dalla grandezza della sua visione. Anch’io — aggiunge — credo assolutamente in questo lavoro e ritengo che ci sia una missione capace di dare pienezza alla vita». Come quella che lo vede impegnato con le autorità sanitarie ugandesi a pianificare campagne vaccinali, a rispondere alla sfida della malaria, «che è la prima causa di morte sotto i 5 anni», a realizzare attività riguardanti i cosiddetti volontari di villaggio (Village health team), «persone selezionate dalla comunità che si occupano della salute all’interno delle loro tribù». E a puntare sulla formazione che, generando opportunità di lavoro, diventa una leva fondamentale per un reale processo di sviluppo, riferisce Dall’Oglio, spiegando come lo scorso anno il Cuamm sia riuscito a formare oltre 3.000 operatori sanitari nei Paesi in cui opera, Angola, Etiopia, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania e Uganda, con giovani mobilitati anche in Italia. La sfida quest’anno è di formarne 10.000 perché, ribadirà all’incontro di Milano, «non c’è migliore sostenibilità se non quella del puntare sulla formazione del personale locale».

di Giada Aquilino