· Città del Vaticano ·

Il cardinale Comastri ricorda sant’Óscar Romero a cinque anni dalla canonizzazione

Al fianco dei poveri calpestati nella loro dignità
di figli di Dio

 Al fianco dei poveri calpestati nella loro dignità di figli di Dio  QUO-252
03 novembre 2023

«Era un pastore che si è speso totalmente per il suo gregge, annunciando il Vangelo e vivendo il Vangelo e, in particolare, schierandosi in difesa dei poveri calpestati nella loro dignità di figli di Dio». Con queste parole il cardinale Angelo Comastri ha ricordato Óscar Arnulfo Romero durante la messa presieduta la sera del 31 ottobre nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, a cinque anni dalla canonizzazione dell’arcivescovo di San Salvador, proclamato santo da Papa Francesco il 14 ottobre 2018 insieme a Papa Paolo vi.

Il porporato, riferendosi alla figura del martire salvadoregno, si è soffermato sull’omelia che il presule pronunciò il 24 marzo 1980, poco prima di essere assassinato, nell’Hospitalito dove aveva scelto di vivere: «Che questo Corpo immolato e questo Sangue sacrificato per gli uomini — disse — ci alimenti anche per dare il nostro corpo e il nostro sangue alla sofferenza e al dolore, come Cristo, non per sé, ma per dare frutti di giustizia e di pace al nostro popolo». Fu questo «l’“Amen” di Romero, furono le sue ultime parole — ha affermato il cardinale Comastri —. Aveva parlato dinanzi all’altare. Si volse per prendere il corporale con cui iniziare l’offertorio. In quel momento si udì uno sparo proveniente da uno degli accessi alla chiesa. Romero cadde a fianco dell’altare».

Il 30 marzo successivo, Domenica delle Palme, si svolse il suo funerale «che restò incompiuto». Quel giorno, infatti, sulla piazza antistante la cattedrale, Plaza Barrios, convenne una moltitudine di fedeli, ma «durante la cerimonia una bomba scoppiò sulla piazza, o forse più di una. Si iniziò a sparare. Fu il panico. Morirono varie decine di persone. Mentre il funerale precipitava nel caos, la bara col corpo di Romero fu portata dal sagrato dentro la cattedrale, ove si provvide frettolosamente a tumulare le spoglie dell’arcivescovo» ha raccontato Comastri.

Il cardinale ha poi ricordato quando il 6 marzo 1983 Giovanni Paolo ii, in visita in Salvador durante la guerra civile, volle pregare nel luogo dove erano custodite le spoglie di Romero, «derogando volutamente a un programma che evitava di fare memoria dell’arcivescovo». Papa Wojtyła, una volta entrato in cattedrale, si inginocchiò davanti alla tomba ed «esclamò più volte: “Romero è nostro”, rivendicando il carattere ecclesiale, sacerdotale, religioso della vita e della morte» dell’arcivescovo. Su questo aspetto Comastri ha chiarito che la figura di Romero «aveva infatti subito, quasi la sera stessa dell’assassinio, una distorsione interpretativa che lo sottraeva alla dimensione religiosa per farne un simbolo della politica. Giovanni Paolo ii — ha proseguito il celebrante — con le sue parole fece chiarezza: “Romero è stato un Pastore, un uomo fedele al Vangelo. Ed è stato ucciso per questo”». E per questo la Chiesa l’ha proclamato martire e santo.