· Città del Vaticano ·

A colloquio con padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza

Invochiamo la pace su tutti israeliani e palestinesi

Children walk past a destroyed building in the aftermath of Israeli bombing in Rafah in the southern ...
31 ottobre 2023

La popolazione civile di Gaza è allo stremo. Manca tutto: cibo, elettricità, medicine, gli aiuti umanitari entrano con il contagocce. Nessuno sa quanto potrà durare il conflitto. «La comunità cristiana qui non smette di pregare per la fine della guerra, ed è così difficile continuare a comunicare le cattive notizie», ci dice padre Gabriel Romanelli, argentino, 54 anni, da quattro parroco dell’unica chiesa cattolica di Gaza, la Sacra Famiglia.

Padre, qual è la situazione adesso?

Durissima, e peggiora continuamente. In questi ultimi giorni sempre più parrocchiani sono venuti a rifugiarsi nella “casa di Gesù”, eppure conoscono il pericolo. Ma non c'è un luogo sicuro in tutta la Striscia di Gaza. Moltissimi hanno perso la propria abitazione. Oggi in parrocchia ci sono circa 750 persone, di cui 54 bambini disabili assistiti dalle Suore di Madre Teresa, malati, anziani e persone da altre chiese. Non è facile vivere giorno per giorno, senza sapere se sopravviveranno e cosa faranno dopo la fine della guerra, perché un giorno — e speriamo presto — la guerra finirà.

Quando si arriverà a una composizione del conflitto cosa ne sarà di loro?

È difficile anche solo pensarci. Quando i bombardamenti cesseranno, potranno iniziare ad andarsene, ma il punto è che tutto il tessuto infrastrutturale è stato distrutto da centinaia di bombardamenti. I quartieri sono irriconoscibili, alcuni non esistono più. Quelli fortunati che avranno ancora le case in piedi, sanno che queste saranno comunque inabitabili, perché mancano i muri. E quando manca la dimora, manca qualunque prospettiva per il futuro.

Come si fa ad avere ancora speranza?

Voglio portarvi una bella testimonianza di una giovane moglie e madre, insegnante presso la nostra Holy Family High School, che ha perso la mamma e il papà (lui era il bibliotecario della nostra parrocchia e della scuola parrocchiale cattolica) nel bombardamento della chiesa greco-ortodossa. Lei, ferita, è sopravvissuta, e oggi ha scritto questa preghiera: «Signore, tu sei la mia forza e la mia vita. Senza di te, Signore, non sono nulla. Tu hai detto: Non temere, perché io sono con te. Vincerò la paura, perché con te, Signore, la mia paura sparisce e la mia fede si rafforza. Ti prego, mio Signore, e ti chiedo sempre che il mondo si oscuri davanti al mio volto e che la tua luce risplenda sul mio cammino. Quando la disperazione bussa alla mia porta, aumenta la Tua speranza nel mio cuore. Quando le difficoltà della vita mi distruggono, sii Tu un balsamo che guarisce. Quando il peccato mi allontana da Te, riportami a Te, restami vicino e lascia che la tua mano mi custodisca in tutti i momenti della mia vita. Gloria e grazie a Te per sempre. Amen». Non è stupenda?

Vuole lanciare un appello al mondo e ai leader internazionali?

Come comunità chiediamo a tutti di unirsi a noi nella preghiera per la pace e, allo stesso tempo, perché Dio ci conceda la fede, la speranza e la carità per andare avanti. E chiediamo a chiunque abbia autorità, a chiunque abbia un posto nella società e nella comunità internazionale, di implorare, supplicare, esigere che questa guerra atroce sia fermata. Ci uniamo al grido del Papa: basta guerra, tacciano le armi! E pace su tutti, israeliani e palestinesi.

di Roberto Paglialonga