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Storie di chi si «sporca le mani» Una giovane funzionaria di banca e un paparazzo

Ricordare il nome di chi hai di fronte

 Ricordare  il nome di chi hai di fronte  ODS-015
04 novembre 2023

Non si può separare la vita di Valentina dalla strada del volontariato. Nella sua storia di giovane donna ce ne sono di vie che si intersecano: ci sono la scuola, l’università, il lavoro e c’è quello “sporcarsi le mani” che tante volte Papa Francesco raccomanda a chi si dice cristiano. Un impiastricciarsi con le lacrime dei bambini e il sorriso delle madri che frequentano il Dispensario Santa Marta, un correre per organizzare eventi promossi da Athletica Vaticana, di cui è vicepresidente.

Corre proprio Valentina, dietro a mille cose, sostenuta in questo dalla forza della preghiera, che sempre coltiva, e dalla forza di volontà, che la tiene in piedi anche dopo lunghe giornate di lavoro presso l’Abi, Associazione Bancaria Italiana.

«Sono nata e cresciuta a Trastevere — racconta — nella parrocchia di San Francesco a Ripa. Quindi la mia attività parte da lì: ho vissuto e vivo ancora in mezzo ai frati». Sono loro ad aver fatto innamorare Valentina dello sguardo dell’altro, dell’indifeso, del più fragile ed è per questo che lei decide di mettersi a servizio della Chiesa. «Per un periodo — aggiunge — ho fatto la catechista, poi a 17 anni, grazie ad un’amica, sono entrata nel Dispensario e quindi ho iniziato ad accompagnare le mamme, ad intrattenere i bambini nel gioco prima delle visite mediche». Uno spazio per sé che si interseca con quello dello studio e della realizzazione professionale. «Non ho mai abbandonato il servizio agli altri e ho cercato sempre di dedicarmi alla preghiera, senza la quale il mio servizio sarebbe vuoto».

Valentina cresce nel lavoro e allo stesso tempo mette a fuoco le sue attitudini anche nell’ambito della solidarietà, si specializza nell’organizzare eventi, si mette anche a disposizione dell’Elemosineria Apostolica, passando tante ore nell’Aula Paolo vi , diventata presidio sanitario per vaccinare i poveri durante l’emergenza Coronavirus. Il Dispensario e oggi Athletica Vaticana, «un altro luogo dove mi trovo a creare iniziative di beneficenza attraverso lo sport».

Il volontariato per Valentina resta un incontro tra due persone. «È molto difficile cambiare il destino di chi hai davanti, perché molto spesso più si vive in strada e più nelle persone cresce il disturbo mentale e la difficoltà di reinserirsi nella società». C’è però una via stretta, meno battuta, ma giusta: ricordarsi il nome di chi si ha di fronte. «L’altro ieri ho incontrato un ragazzo che non vedevo da molto tempo, partecipa al “progetto Ripa” dei frati francescani: 23 ragazzi vivono insieme e imparano un mestiere. Lui è rimasto colpito dal fatto che io mi ricordassi il suo nome, la sua felicità passava per il valore che gli ho riconosciuto».

Un nome, un sorriso, un rapporto che inizia nella normalità e non nel distacco, nel sentirsi diversi o nell’indifferenza. «Serve — dice Valentina — una relazione paritetica». È certamente un impegno, costa più fatica, ma alla lunga paga. «Il volontariato sicuramente toglie tempo a qualche serata con gli amici, ad una passeggiata con una persona cara — racconta — ma io non concepisco proprio la mia vita senza questa parte di attività, ne soffrirei davvero molto. Ci sono cresciuta dentro il volontariato, quindi non è neanche una cosa che reputo eccezionale o una cosa da raccontare per forza, è una cosa che mi appartiene».

C’è una parola chiave che ritorna nelle parole di Valentina: riposizionarsi. Spiega infatti che vivere esperienze così forti le danno la possibilità di misurare la sua vita, di rimettere a posto i tasselli. «Non vuol dire sentirsi migliori, ma fortunati — dice — questo sì!».

di Benedetta Capelli