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LaStoria
L’azione dei movimenti laicali femminili

Le cattoliche in campo

 Le cattoliche in campo  DCM-010
04 novembre 2023

Nei campi di grano arrivavano armate di penne, quaderni e Vangelo. E alle donne che mietevano, insegnavano a leggere e a scrivere, facendo passare i rudimenti della lingua insieme alla Parola di Dio.

Il cammino verso un protagonismo delle donne cattoliche nella Chiesa e nella società parte anche da lì, da scarpe consumate e vesti impolverate. «Per le campagne di alfabetizzazione la Gioventù femminile di Azione Cattolica usava i testi della liturgia, facendo circolare traduzioni che non erano pubbliche. Avevano capito che c’era un problema di protagonismo delle donne e passava per l’istruzione e la conoscenza», dice Stella Morra, teologa e sociologa. «Anche l’essere divise tra uomini e donne fu vista come una risorsa, non come limite. Si trattava di trovare dei luoghi dove le donne potessero parlare con libertà».

È agli inizi del Novecento che l’associazionismo femminile comincia a prendere forma, grazie, in particolare, all’Azione Cattolica. Armida Barelli, figlia della Milano borghese, studi in Svizzera e robusta spiritualità, su richiesta del cardinal Ferrari nel 1918 fonda la Gioventù femminile ambrosiana, poi, l’anno dopo, sollecitata da Benedetto xv , quella nazionale. Sarà la “sorella maggiore” di tante ragazze che nelle parrocchie troveranno la strada anche per incontrare se stesse. Migliaia di donne che tra momenti di studio, preghiera, adunanze, colonie estive, soprattutto al Sud, scopriranno un protagonismo anche al di fuori delle mura di casa. «La dimensione sociale della Barelli si esprime con la promozione della cultura delle donne, attraverso l’alfabetizzazione, la formazione, l’università. La stampa associativa, differenziata per fasce d’età e categorie sociali, fu lo strumento principale dei gruppi che erano guidati dalle stesse donne», osserva la sociologa Chiara Canta.

Barelli, che il 30 aprile 2022 Francesco ha dichiarato beata, è pioniera in tante realtà, dall’Azione cattolica, all’Università cattolica del Sacro Cuore e all’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità con padre Agostino Gemelli, all’Opera della Regalità. Semi dell’Azione cattolica faranno fiorire anche il Centro italiano femminile e il gruppo Promozione Donna. Alda Miceli, che le succede a capo della Gioventù Femminile, «sarà una delle tredici laiche che partecipano al Vaticano ii , donne impegnate nella Chiesa e nelle associazioni cattoliche a vario titolo, che rappresentavano realtà significative e “mondi vitali” costituiti da migliaia di donne attive in tutto il mondo», dice Canta.

«Fin dall'inizio gli statuti, sia dell'Unione donne cattoliche, che nasce nel 1908, che della Gioventù Femminile di Armida Barelli che nasce nel 1918, prevedono l'eleggibilità delle cariche in forma democratica», sottolinea lo storico Ernesto Preziosi. «Si tratta di un percorso che segna anche una nuova sensibilità riferita alla presenza della donna nella società e al suo diritto di partecipare alle elezioni politiche. Diritto su cui le donne cattoliche si battono con interventi pubblici che contribuiscono a portare in Parlamento una proposta di legge approvata parzialmente dalla Camera dei deputati il 6 settembre 1919 con il sostegno del Partito popolare italiano», dice Preziosi.

Solo nel 1945 alle donne italiane verrà riconosciuto il diritto di voto e l'elettorato passivo e in quella stagione le donne cattoliche organizzeranno la più ampia partecipazione elettorale. «Barelli scriverà: “Siamo una forza in Italia noi donne: su cento voti 47 sono per gli uomini 53 per le donne”. Un’opera vasta di sensibilizzazione che indubbiamente produce i suoi effetti anche nella sensibilità e nel discorso ecclesiale oltre che civile», dice Preziosi. E sono “sorelle” di Armida donne che hanno poi fatto la storia anche del nostro paese, basti citare la partigiana “Gabriella”, ovvero la giovane Tina Anselmi, che sarà ministra della Repubblica, presiedente della la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia massonica P2 e promotrice della legge sulle pari opportunità.

Insomma la Barelli «con la sua opera ha contribuito in maniera decisiva alla promozione delle giovani donne cristiane nella prima metà del Novecento, al processo di integrazione tra Nord e Sud, estendendo la sua azione anche in campo internazionale», scrive Francesco, nella prefazione al libro di Ernesto Preziosi, La zingara del buon Dio. Un ruolo che il Papa riconosce all’Azione cattolica anche nell’oggi, tanto da aver invitato Eva Fernandez Mateo, coordinatrice del Fiac, il Forum internazionale di Azione cattolica, a partecipare all’ultima assemblea sinodale. «Sono convinta che l’esperienza di fede attraverso l'Azione cattolica abbia aiutato molto le donne fin dall'inizio del xx secolo», dice EvaFernandez Mateo, che ricorda la figura di «Pilar Bellosillo, fondatrice dell’Azione cattolica spagnola, che fu uditrice al Concilio Vaticano ii ».

Nato nel 1987 il Fiac è presente in circa una trentina di Paesi, nei cinque continenti, e racconta di un protagonismo laicale, spesso declinato al femminile, nelle Azione cattolica di tutto il mondo. «L’argentina Beatrice Buzzetti è stata la prima coordinatrice donna dal 1997 al 2004, seguita da Paola Bignardi, italiana. Vanno ricordate anche Maria Eugenia Diaz, messicana, che è stata anche presidente dell’Unione mondiale delle donne cattoliche. E Viorica Lascu, prima collaboratrice di quei vescovi rumeni poi martirizzati dal regime comunista, che ha poi aiutato a metter su un’Azione cattolica unica, con i due riti, e l’ha spinta nel Fiac per questa apertura internazionale», ricorda Maria Grazia Tibaldi, tra le fondatrici del Fiac di cui oggi è segretaria.

Anche Margareth Karram, la presidente del Movimento dei Focolari, è stata invitata al Sinodo da papa Francesco. E pensare che quando il Movimento muoveva i primi passi, proprio la significativa presenza femminile suscitava perplessità. La storica Elena Del Nero ricorda le parole di monsignor Traglia, nel ‘59 durante una plenaria della Conferenza episcopale italiana (Cei): «quando si discuteva della possibilità di sciogliere i Focolari disse “il movimento non si può approvare, ciò che attira la meraviglia sono le donne che fanno da maestre di spirito”; seguito dal cardinal Siri che dichiarava forti dubbi sulla possibilità di “risanare” il Movimento, sottolineando che “c’è di mezzo una donna”». Nel gennaio 2020 una focolarina, Francesca Di Giovanni, giurista, è la prima donna a ricoprire un compito dirigenziale in Segreteria di Stato, sotto-segretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati.

Per Statuto i Focolari devono avere una presidente donna. La richiesta della fondatrice, Chiara Lubich, fu approvata da Giovanni Paolo ii . La norma «conferma come una donna, pur non avendo ricevuto l’Ordine sacro, possa presiedere un organismo ecclesiale, al quale appartengono, accanto a membri laici, anche una folta rappresentanza di sacerdoti, di religiosi, di religiose, oltre a un buon numero di vescovi che condividono la spiritualità del Movimento. Tutto questo mi pare faccia intravvedere nuovi orizzonti per il ruolo della donna nella Chiesa», spiegava Lubich in un’intervista.

Azione cattolica, Focolari, ma anche Scoutismo. Dopo vent’anni di dittatura e diversi anni di guerra «in Italia l’esperienza dello scautismo femminile, l’ Agi (Associazione guide italiane confluita nell’Associazione guide e scouts cattolici italiani ( Agesci ), nasce da un ristretto gruppo di giovani donne della borghesia romana, una squadriglia femminile interamente autogestita», ricorda Roberta Vincini presidente del Comitato nazionale Agesci.

Nel post Concilio l’Associazione ratificò la figura delle Capo come responsabili laiche: «L’ Agi sapeva di poter partecipare attivamente alla costruzione di una comunità ecclesiale e in particolare le Capo si sentivano impegnate come donne e come educatrici scout a portare il loro contributo specifico», aggiunge Daniela Ferrara, Capo Guida d'Italia. «Nel 1974 arrivò la scelta della diarchia, o coeducazione: l’Associazione affidava gli incarichi educativi e di governo a una donna e congiuntamente a un uomo, con pari dignità e responsabilità». Un protagonismo che le donne dell’Agesci incarnano anche nella società italiana, «basti citare Maria Teresa Spagnoletti, magistrato del tribunale dei minori di Roma. O Giovannella Baggio presidente del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di genere e Membro eletto dello Scientific Board della International Society for Gender Medicine».

Le associazioni laicali hanno fatto tanto, dunque, per la maturazione delle cattoliche. Un grande contributo è venuto anche dall’accesso delle donne allo studio della teologia, sancito dal Concilio Vaticano ii . «Le donne della Gioventù Femminile avevano capito che c’era bisogno di non essere analfabete né della lingua italiana né della fede, ma è molto più significativo il prendere una parola pubblica», dice Stella Morra. Ma, d’altra parte, cambiava la società tutta. «La condizione delle donne era strutturalmente bloccata, non avevano autonomia economica, legale. E la comunità ecclesiale aveva una grande diffidenza rispetto alla dimensione più pubblica, al fatto che le donne acquisissero professioni, autonomia economica, perché si scontrava con la mitizzazione romantica della famiglia». Un’ambivalenza, conclude Morra, che ha segnato la vita ecclesiale. «Sul piano pubblico non bisognava muovere alcuni pilastri, in particolare quello della famiglia e del lavoro extradomestico. Che si sono inevitabilmente mossi, cambiando anche il privato. E ponendo una serie di domande alla Chiesa con le quali, come stiamo vedendo nel processo sinodale, ancora adesso bisogna fare i conti».

di Vittoria Prisciandaro
Giornalista Periodici San Paolo «Credere» e «Jesus»