· Città del Vaticano ·

Assalto al deposito alimentare dell’Onu in cerca di cibo e acqua

A Gaza la popolazione civile è allo stremo

Palestinians collect boxes and and bags from a UN-run aid supply center, distributing food to local ...
30 ottobre 2023

Tel Aviv , 30. A Gaza è in corso una crisi umanitaria e alimentare con conseguenze devastanti sulla popolazione. Circa 2,3 milioni di persone, tra chi è rimasto nel nord della Striscia e chi invece si è trasferito nelle zone meridionali, verso Khan Yunis, sono allo stremo: gli aiuti entrano con il contagocce dal valico di Rafah, mentre i raid israeliani proseguono senza sosta. Sabato migliaia di gazawi hanno dato l’assalto al deposito alimentare dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) di Deir al Balah, rompendo i catenacci e portando via tutto ciò che era nelle loro capacità: farina di grano, riso, olio di semi e altri beni di prima necessità, nonché prodotti per l’igiene. Il magazzino era pieno, perché poco prima alcuni tir erano arrivati dall’Egitto (circa 80 in totale, dall’inizio della guerra). «Stiamo entrando qui — ha detto un ragazzo alla tv di Dubai Al Arabiya — perché senza questo cibo moriremmo di fame». Allo stato di prostrazione si aggiunge l’isolamento dovuto alla sospensione delle linee internet e telefoniche.

«Questo è un segnale preoccupante che l’ordine civile sta iniziando a crollare dopo tre settimane di guerra e un assedio serrato su Gaza», ha commentato il direttore dell’Unrwa, Thomas White, in un comunicato. Aggiungendo che «la gente è spaventata, frustrata e disperata». «Una strage nella strage» che colpisce soprattutto i bambini, dice Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia. «Nella Striscia — ha aggiunto — i bambini palestinesi morti hanno ormai superato i 3.000, altri 6.000 sono rimasti feriti, 35 sono stati uccisi in Palestina, oltre a una trentina di bambini israeliani che hanno perso la vita e una ventina che sono ostaggi». Inoltre, centinaia di scuole risultano danneggiate o distrutte.

Nelle ultime ore le forze di difesa israeliane (Idf) sono entrate con tank e truppe di fanteria in un numero sempre maggiore a Gaza, soprattutto al nord, per espandere le operazioni via terra. Anche «nella notte», ha detto il portavoce dell’Idf, Daniel Hagari, «le truppe hanno eliminato decine di terroristi che si erano barricati negli edifici e cercavano di attaccare le forze che si muovevano nella loro direzione». Spiegando che «le forze si stanno muovendo verso i terroristi, i terroristi si stanno barricando in aree di sosta e noi li stiamo attaccando dal cielo». Finora sono stati attaccati 450 obiettivi, inclusi «centri operativi di comando». L’aviazione ha colpito poi Gaza City, anche alla zona dell’ospedale al-Quds, di cui Israele ha chiesto l’evacuazione, e dell’Università islamica.

Razzi di Hamas sono piovuti a loro volta da Gaza verso le città israeliane di confine con la Striscia: le sirene sono risuonate in diverse località, tra cui la città di Netivot.

Pesanti scontri si sono svolti in Palestina: a Jenin quattro palestinesi, tra cui un leader terrorista fondatore delle Brigate Jenin, affiliate alla Jihad silamica, sono rimasti uccisi. E anche in Siria, nella provincia di Deraa, infrastrutture militari sono state colpite dall’esercito israeliano, in risposta a un precedente lancio di missili siriani verso le alture del Golan.

Ieri mattina il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha sentito al telefono il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, chiedendo un allentamento della pressione sulla popolazione: ovvero che ci si concentri sulla protezione dei civili, sugli sforzi per la liberazione degli ostaggi e sull’aumento «immediato e significativo del flusso di aiuti umanitari per le necessità dei civili di Gaza». E il dipartimento di Stato Usa ha fatto sapere di aver stanziato 100 milioni di dollari in assistenza per Gaza e la Palestina.

Il numero degli ostaggi israeliani in mano dei miliziani è stato aggiornato a 239, ma sulla loro liberazione c’è ancora stallo. Mentre a livello interno, Netanyahu, dopo aver attaccato sul suo profilo x l’esercito israeliano e i servizi dello Shin Bet per quanto avvenuto il 7 ottobre, ha dovuto scusarsi per la gaffe, cancellando il messaggio, anche sotto la pressione dei due ministri del “gabinetto di guerra”, Benny Gantz e Yoav Gallant.

Nel mondo arabo continua a crescere la tensione. Il presidente iraniano, Ibrahim Raisi, è tornato a minacciare Israele: «I crimini del regime sionista hanno superato la linea rossa, il che potrebbe costringere tutti ad agire», ha detto.