· Città del Vaticano ·

Concluso il seminario della Penitenzieria apostolica dedicato alla confessione

Accompagnamento spirituale e incontro con Dio

 Accompagnamento spirituale  e incontro con Dio  QUO-249
28 ottobre 2023

Il sacramento della confessione è fondamentale nella vita dei fedeli che sono alla sequela di Cristo nella realizzazione della chiamata alla santità. Lo ha ribadito il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, chiudendo ieri pomeriggio, 27 ottobre, il secondo seminario di formazione sul tema «Celebrare il sacramento della confessione oggi».

Promossa dalla Penitenzieria Apostolica nel Palazzo romano della Cancelleria, la due-giorni rivolta in particolare ai fedeli laici, si era aperta il 26 ed è stato possibile seguirne i lavori anche da remoto. Tra gli interventi maggiormente significativi quello del gesuita Jaime Emilio González Magaña, prelato teologo della Penitenzieria, incentrato su confessione e accompagnamento spirituale. Il relatore ha esordito sottolineando come oggi sia veramente importante, anzi, necessario, scoprire il valore di quest’ultimo. La storia della Chiesa, ha spiegato, lo ha sempre offerto come «un ministero, un carisma». Perciò, esso suppone «una preparazione approfondita delle persone, sia di quella che offre l’aiuto, sia di quella che lo chiede». Si tratta di «un ministero ecclesiale» che consente «aiuti straordinari, perché attingono a una conoscenza di Dio e delle persone maturata nella preghiera, il discernimento e la ricerca assidua del Signore e la sua volontà». D’altra parte, l’accompagnamento spirituale trova «la sua massima espressione nel colloquio come un cordiale di due cristiani che cercano di trovare e fare la volontà di Dio in un ascolto serio dello Spirito Santo che opera ogni momento e in qualsiasi circostanza della vita».

L’incontro può essere anche «un momento privilegiato per la preparazione di una profonda confessione», ha aggiunto il gesuita. Con l’aiuto di un accompagnatore competente, «cosciente del fatto che è semplicemente uno strumento del Signore, la persona può comprendere quello che sta succedendo nel suo cuore, i suoi bisogni più sinceri e profondi, e le difficoltà che emergono nello svolgimento della sua vocazione personale».

Il sacerdote messicano ha messo in luce che per comprendere meglio l’importanza del sacramento della riconciliazione e dell’accompagnamento spirituale è conveniente tenere distinti i due aspetti e chiarirne il significato. Al confessore «si confessano i peccati realmente commessi per averne l’assoluzione dopo un accurato esame di coscienza, senza dover esporre dettagliatamente le condizioni in cui sono stati commessi». Invece, al padre spirituale, «fuori dal contesto sacramentale, si manifestano i desideri e le tendenze, i bisogni e i dubbi, le sofferenze e le gioie della quotidianità della vita anche se non si è commesso alcun peccato». Nella pratica del ministero dell’ascolto, l’accompagnamento spirituale e la riconciliazione sacramentale «possono coesistere, ma devono essere considerate distinte e tutto questo va chiarito sin dall’inizio del rapporto». E sebbene la direzione spirituale non sia un sacramento, ugualmente essa obbliga al segreto.

Quando si parla della direzione spirituale, ha sottolineato il prelato teologo, non si deve confondere con una conferenza o con un corso. Il direttore spirituale non deve fare «una predica che si ascolta passivamente in parrocchia; ma aiutare a cercare insieme la volontà di Dio». Infine, e questo deve essere molto chiaro perché «ultimamente si commettono tanti abusi — ha messo in guardia —, la direzione spirituale non è psicoterapia, né un colloquio di valutazione della personalità e tanto di meno un incontro di crescita vocazionale con l’uso dei test in cui tutta la pedagogia si centra sulla professionalità di una persona di scienza».

È anche vero che sarebbe utile che il direttore spirituale conoscesse «abbastanza psicologia per sapere quando deve indirizzare il suo ascoltatore dallo psicologo o dallo psichiatra per non cadere in errori grossolani». Ma la direzione spirituale «è molto di più che una tecnica per dipanare la matassa intricata della psiche». Si sviluppa «nell’ambito della fede ed è una ricerca di fede e di amore che non deve essere ridotta alla dimensione terapeutica». Direzione spirituale e psicoterapia «possono e devono coesistere nella cura integrale della persona, ma senza essere confuse, senza subire reciproche modificazioni e separazioni». E di conseguenza «non si deve psicologizzare l’accompagnamento che di per sé è spirituale, né si deve spiritualizzare il campo delle scienze umane che hanno una metodologia propria».

Prima di González Magaña era intervenuto il salesiano don Marco Panero, prelato consigliere della Penitenzieria Apostolica, affrontando il tema dell’esame di coscienza, come esercizio pratico per la salute dell’anima. Esso, ha detto, non gode attualmente di buona fama, soprattutto tra le generazioni di fedeli che «in gioventù l’hanno percepito magari come un’imposizione, una sorta di “tassa” da pagare per accedere alla confessione», senza che venissero pienamente mostrati «il senso e l’utilità di questo esercizio spirituale».

In proposito il presbitero italiano ha evidenziato che l’esame di coscienza «va sottratto alle angustie di una spiritualità prevalentemente moralistica e volontaristica, che ne deforma la bellezza e, in certi casi, potrebbe fare di esso un esercizio quasi patologico, che induce a scrupolosità, scoraggiamento, forse addirittura depressione».

Infine il salesiano ha individuato diversi tipi di esami di coscienza: anzitutto quello fatto «in vista alla confessione sacramentale»; poi ci sono quello quotidiano, «quello serale per intenderci, tradizionalmente chiamato esame generale», e quello particolare, che «verte su un aspetto puntuale».