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Monsignor Nykiel parla del seminario di formazione sulla confessione promosso dalla Penitenzieria apostolica

Solo il perdono rigenera

 Solo il perdono rigenera  QUO-247
26 ottobre 2023

Contribuire alla riscoperta del sacramento della confessione, talvolta trascurato o mal compreso, per sottolinearne la bellezza e aiutare a celebrarlo con rinnovata motivazione. È l’obiettivo del secondo seminario di formazione sul tema «Celebrare il sacramento della Confessione oggi», che si svolge giovedì 26 e venerdì 27 ottobre, nel Palazzo della Cancelleria. Ne parla in questa intervista a «L’Osservatore Romano» monsignor Krzysztof Józef Nykiel, reggente della Penitenzieria apostolica, il dicastero che organizza l’evento.

Quella di quest’anno è la seconda edizione del seminario di formazione sulla confessione organizzato dalla Penitenzieria apostolica. Ci può ricordare come è nata l’idea?

Come saprà, la Penitenzieria organizza annualmente durante la Quaresima, da oltre trent’anni, un corso destinato ai seminaristi o ai novelli sacerdoti per formarli ad amministrare rettamente il sacramento della confessione. Ora, negli ultimi anni sono pervenute alla Penitenzieria diverse richieste di fedeli laici, molti dei quali iscritti alle Università Pontificie romane, che chiedono di poter frequentare anch’essi tale corso. Ci è così venuta l’idea di provare ad organizzare un’altra iniziativa di formazione, pensata per rispondere non più alle esigenze dei confessori, bensì dei penitenti. In questo siamo stati incoraggiati anche dal Santo Padre Francesco, che ha fin da subito sostenuto l’iniziativa. La prima edizione del seminario di formazione, nell’ottobre dell’anno scorso, ha riscosso molto interesse e abbiamo perciò inteso replicarla anche quest’anno, auspicando magari che possa diventare un appuntamento fisso come il corso sul foro interno.

I primi destinatari del seminario di formazione sono dunque i fedeli laici?

È proprio così. Il seminario è stato pensato in primis per i fedeli laici, che normalmente hanno meno opportunità di formazione in questo ambito rispetto, per esempio, ai sacerdoti o ai religiosi e alle religiose. Ciò non toglie, naturalmente, che anche costoro possono partecipare se interessati. Mi preme sottolineare che, oltre ai singoli fedeli che desiderano approfondire la propria fede, per meglio conoscere e, di conseguenza, apprezzare e vivere con più consapevolezza l’incontro sacramentale con il Padre misericordioso, l’iniziativa in programma potrebbe essere una valida occasione per tutti coloro che svolgono un ministero nelle varie comunità ecclesiali, a cominciare dai catechisti e dagli operatori pastorali. Non è sempre facile, infatti, trovare nei programmi pastorali ai vari livelli, dalla diocesi alle singole parrocchie, iniziative di formazione specificamente dedicate alla riconciliazione.

Quali sono i maggiori ostacoli che i fedeli incontrano nell’accostarsi al sacramento della confessione?

Talvolta la paura di non essere perdonati, che deriva dalla poca fiducia nell’amore misericordioso di Dio; la preoccupazione di non essere capiti; la vergogna e il timore di raccontare le proprie situazioni più delicate o i propri peccati a un altro uomo; precedenti esperienze negative maturate in occasione di altre confessioni; o perfino il non sentirsi peccatori e quindi non avvertire alcun bisogno di confessarsi. Credo siano queste le problematiche più comuni che allontanano i fedeli dal confessionale.

Quali temi affronterà il programma delle due giornate?

Il desiderio, come dicevo prima, è di contribuire alla riscoperta di questo sacramento, talvolta trascurato o mal compreso, per sottolinearne la bellezza e aiutare a celebrarlo con rinnovata motivazione. A tal fine, abbiamo pensato a un programma che non fosse troppo ridondante, ma che comunque affrontasse adeguatamente il tema da diversi punti di vista, sempre con un linguaggio il più possibile accessibile a tutti. Il seminario prende avvio questo pomeriggio, alle 15.30, con la lectio magistralis del cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, su «La conversione: dono di Grazia e opera della libertà». Ad essa faranno seguito due introduzioni al tema da una prospettiva biblica ed antropologica, affidate rispettivamente a padre Serafino Tognetti, della comunità dei Figli di Dio, e alla professoressa Cristiana Freni. Venerdì mattina, a partire dalle 9.30, sarà mia cura parlare del percorso che conduce i fedeli dal dovere di confessarsi alla grazia di confessione; il salesiano don Marco Panero approfondirà un elemento centrale per una buona confessione, ovvero l’esame di coscienza, considerato un esercizio pratico per la salute dell’anima; mentre il gesuita Jaime Emilio González Magaña metterà a fuoco le differenze tra il sacramento della riconciliazione e l’accompagnamento spirituale, per evitare fraintendimenti e sovrapposizioni. Da ultimo, nel pomeriggio, sarà Paolo Bencetti a illustrare la necessità di una maggiore presenza del sacramento della riconciliazione nelle varie fasi della catechesi dell’iniziazione cristiana. Infine, prenderanno la parola quattro testimoni, che hanno sperimentato in prima persona la gioia dell’incontro sacramentale con il Padre misericordioso e che presenteranno il ruolo decisivo avuto dal sacramento della riconciliazione nel loro percorso di fede.

Il suo intervento, diceva, è previsto nella mattina di venerdì 27. Può anticipare più in dettaglio quello di cui parlerà?

Vorrei ripercorrere le tappe del percorso di fede, un “cammino del cuore”, che conduce noi fedeli a passare dal senso di dover confessarsi alla convinzione che la confessione sacramentale è una delle più grandi espressioni della gratuità della grazia e dell’amore misericordioso di Dio nei nostri confronti. Mi spiego meglio. Spesso, avvertire il sacramento della confessione come un dovere tradisce la percezione di un’assenza o di una distanza di Dio dalla propria vita. Si tratta di una condizione, potremmo dire, non ottimale, perfezionabile. Ciononostante, quel dovere che la sapienza della Chiesa impone come obbligo annuale per tutti i fedeli, conduce comunque alla celebrazione del sacramento e il confessionale diventa così quello spazio di incontro con l’amore misericordioso di Dio, che rende possibile l’inizio di una metamorfosi del cuore. Solo l’incontro con l’amore di Dio, che fa sentire il penitente figlio amato e perdonato, rigenera veramente la vita dell’uomo. L’accostarsi al sacramento, magari spinti unicamente per adempiere un precetto — ma non ci dimentichiamo che è sempre l’azione dello Spirito Santo a ispirare le nostre opere — è ciò che può permettere, in sostanza, una sempre più assidua frequenza allo stesso e, quindi, il passaggio dal dovere alla grazia.

Qual è il senso di includere nel programma anche le testimonianze di alcuni fedeli?

Anche quest’anno, come già per la precedente edizione, abbiamo ritenuto imprescindibile associare alle relazioni di esperti il racconto delle testimonianze di alcuni fratelli e sorelle che si sono lasciati riconciliare da Dio. La loro presenza infonde la speranza che nessuno di noi debba sentirsi escluso dall’amore di Dio, un Padre che sta alla porta di casa e attende con trepidazione il ritorno del figlio che si era perduto. Sarà proprio questa testimonianza a incentivare e incoraggiare i fedeli ad accostarsi alla confessione. Del resto, chi sperimenta su di sé la tenerezza del perdono di Dio non può che avere nel cuore il desiderio di rendere partecipi tutti della grazia ricevuta. Così facendo, un fedele può aiutare realmente una sorella o un fratello che ha difficoltà ad accostarsi al sacramento della riconciliazione: credo sia una bella applicazione concreta di ciò che significhi essere “Chiesa in uscita”, tanto auspicata da Papa Francesco, nonché un modo assai efficace per risvegliare in tanti il desiderio dell’ideale cristiano.

di Nicola Gori