· Città del Vaticano ·

La testimonianza da Gaza City di suor Nabila Saleh

«Siamo una comunità»

 «Siamo una comunità»  QUO-247
26 ottobre 2023

«L’attesa è logorante. Il ritardo della più volte annunciata invasione di Gaza se da un lato ci induce un briciolo di speranza, dall’altro lato ci turba, ci angoscia ancora di più». Sono le parole che ci trasmette in un raro momento di rete disponibile con Gaza suor Nabila Saleh.

Suor Nabila, com’è la vostra situazione ora dentro la parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza City?

Siamo chiusi qui dentro ormai da 19 giorni in un’altalenante ridda di informazioni dall’esterno che accrescono la nostra ansia.

Quanti siete?

Ormai abbondantemente sopra i 700.

Come fate a dormire tutti?

Ci stringiamo durante la notte. Per precauzione ulteriore mettiamo i più giovani giù in fondo all’ ingresso della Chiesa. Durante il giorno chiediamo ai giovani di rimanere fuori e lasciare più spazio agli anziani, alle mamme con bambini piccoli, e soprattutto ai disabili presi in cura dalle suore di Madre Teresa. Ora però abbiamo un problema grande che speriamo di riuscire a contenere.

Quale?

Nella chiesa è entrato un virus influenzale molto aggressivo, che a causa del sovraffollamento si è diffuso facilmente tra una gran parte dei rifugiati. Febbre molto alta, infezioni alle vie respiratorie, dissenteria. Temiamo in particolare per gli anziani e per i bambini molto piccoli. Il problema è che non abbiamo più né medici né infermieri disponibili, perché sono tutti impegnati nei reparti di emergenza. Ma soprattutto non abbiamo sufficienti medicinali.

Come fate per cibo e acqua?

L’acqua da bere riusciamo ancora oggi a comperarne fuori. Per il cibo ci affidiamo alle organizzazioni umanitarie che sono rimaste; il pasto di oggi per esempio ci viene portato da un’ organizzazione del Kuwait, ieri ci è arrivato dal comitato delle chiese orientali.

E per l’elettricità?

Tre ore al giorno viene acceso il generatore, e quindi concentriamo tutte le attività in quelle ore. Compresa la ricarica dei telefoni, che ci è importante quanto il cibo, per informare ma soprattutto per essere informati. I pannelli solari dopo i bombardamenti sono fuori uso ovunque.

Riuscite a dare un’occhiata fuori della chiesa?

Stamattina sono uscita per dei servizi. C’è solo distruzione e desolazione intorno. Ho visto quella che era la nostra scuola e mi veniva da piangere. Molte case intorno alla chiesa non ci sono più. Stare tutti qui insieme sotto il tetto della chiesa non è soltanto più sicuro. Stare insieme ci da un coraggio e una forza che individualmente non avremmo. E che non sapevamo di avere. Mai come oggi siamo una comunità.

E la linea cade di nuovo, come ogni giorno.

di Roberto Cetera