· Città del Vaticano ·

L’opera dei salesiani nel campo profughi di Palabek in Uganda

Ricostruire le vite distrutte dall’odio e dalla guerra

 Ricostruire le vite distrutte dall’odio e dalla guerra  QUO-246
25 ottobre 2023

«Abbiamo bisogno di più salesiani qui a lavorare. Molti giovani stanno crescendo senza le cure dei genitori che sono ritornati in Sud Sudan. Lasciano i loro figli alle cure di altri, mettendo a rischio il loro sviluppo»: è l’appello lanciato nei giorni scorsi da don Ubaldino Andrade, rettore della comunità salesiana nel campo profughi di Palabek, in Uganda. È stato ufficialmente istituito nell’aprile 2016 per far fronte ai problemi di affollamento nei campi profughi più grandi, nella parte nord-occidentale dell’Uganda. Diverse sono le istituzioni coinvolte nel fornire cibo e istruzione all’interno del campo. Mentre alcuni hanno deciso di andarsene a causa della pandemia, i salesiani sono rimasti e offrono istruzione ai bambini rifugiati nel campo. I missionari di san Giovanni Bosco lavorano a Palabek dal 2017, dove hanno istituito scuole, una parrocchia, costruito una chiesa e diciassette cappelle nei villaggi vicini; aiutano nell’educazione, nella distribuzione di cibo e nel lavoro pastorale; organizzano il tempo libero dei giovani attraverso lo sport e la musica e gestiscono un Centro di formazione professionale (Cfp).

L’educazione è uno degli strumenti più efficaci che i giovani rifugiati possono utilizzare per costruire il proprio futuro: Rebuilding lives (Ricostruire vite) è fra l’altro la scritta sulle magliette dei ragazzi del Cfp. In tale particolare contesto, i salesiani stanno aiutando a ricostruire vite distrutte dall’odio e dalla guerra. «Nel 2015 Papa Francesco ha invitato le congregazioni non solo a lavorare nei campi profughi ma anche a viverci. Così noi abbiamo raccolto la sfida di essere dentro il Palabek Refugee Settlement», ha detto il coadiutore salesiano Máximo Herrera, argentino e missionario in Africa: «Altre organizzazioni lavorano lì ma non ci vivono; partono tutti i giorni. I salesiani sono gli unici autorizzati a viverci dentro».

Quello di Palabek non è il tradizionale campo profughi africano che solitamente si vede in televisione, ma un insediamento dove convivono ugandesi del nord e nuovi arrivati provenienti soprattutto dal Sud Sudan. L’area di confine è diventata la casa per oltre 70.000 rifugiati, il 60 per cento dei quali ha meno di 13 anni. L’insediamento è stato aperto in risposta alla crescente ondata di rifugiati sud-sudanesi in fuga dal brutale conflitto armato nel loro Paese. Il sito offre un rifugio sicuro a molte persone che hanno perso la casa e i loro cari a causa di conflitti, violenze e persecuzioni.

Don Andrade spiega all’agenzia «InfoAns» che i rifugiati vivono in estrema povertà, lavorando duramente ogni giorno per sopravvivere, mangiando pochissimo, a volte solo una volta al giorno. Molti minori sono costretti a lasciare la scuola per lavorare spaccando pietre, facendo carbone o raccogliendo legna da ardere, nei campi piantando mais o, ancora, occupandosi degli animali. I pochi che riescono ad andare a scuola devono percorrere lunghe distanze a piedi, a volte dieci o quindici chilometri (altrettanti a tornare), senza materiale didattico, né cibo. Molte ragazze rimangono incinte e abbandonano la scuola. In tanti diventano madri e padri in giovane età, senza mezzi di sostentamento, senza esperienza, senza lavoro.

Attualmente, ci sono un centinaio di bambini nella scuola primaria, più di cinquanta in quella secondaria e una ventina di giovani più grandi nel Centro professionale “Don Bosco” dove apprendono abilità nel cucito, nella gestione dell’energia solare, nella meccanica, agricoltura, costruzione e nella professione di parrucchiere.

I salesiani gestiscono inoltre un programma speciale di sponsorizzazione per aiutare i giovani a frequentare la scuola fuori dal campo. Grazie a esso riescono a portarli in strutture di accoglienza più vicine alle scuole, così possono vivere e studiare lì, oltre ad avere accesso a un’alimentazione sana e ad attività ricreative.

L’Uganda è nota per la sua politica umanitaria, quasi unica, in materia di rifugiati; è lo Stato africano con il maggior numero di campi profughi, ventotto in totale, e prevede per i richiedenti asilo la concessione del diritto al lavoro e alla libertà di movimento. Questo approccio differisce dalla situazione in altri nazioni che spesso limitano il movimento e le opportunità di lavoro dei nuovi arrivati. Nonostante le difficili condizioni di vita e i traumi subiti, i rifugiati nell’insediamento di Palabek formano una comunità basata sul sostegno reciproco e sulla solidarietà. Le autorità locali e le ong lavorano per garantire la sicurezza e mantenere la pace all’interno del campo. E merita di essere segnalato che i residenti dei villaggi e delle città circostanti spesso condividono le loro risorse con i rifugiati e li aiutano a integrarsi.

Secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) relativi al 2022, in Uganda attualmente ci sono quasi 1.500.000 rifugiati, di cui circa 70.000 vivono a Palabek, provenienti principalmente da Etiopia, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Burundi, Eritrea, Sudan e Sud Sudan. Molti arrivano al campo attraverso sentieri, montagne, portando con sé quel poco che possono, in cerca di un luogo sicuro dove ricominciare dopo aver vissuto le più dure atrocità. L’83 per cento di essi è composto da donne e bambini, il 25 per cento è formato da giovani tra i 15 e i 24 anni. Molti di essi, grazie all’educazione e alla formazione offerta dai salesiani, sono potuti ritornare nei loro paesi di origine, dove hanno avviato delle attività. Tutto ciò è reso possibile anche dalla generosità di molti benefattori, ai quali don Andrade rivolge la sua gratitudine.

di Francesco Ricupero
 

L’accoglienza in Uganda

Ventotto campi profughi in tutto il Paese


Sono quasi 1.500.000 i profughi ospitati in Uganda, il Paese africano che ne accoglie di più e tra i primi cinque a livello mondiale. Agli sfollati vengono assegnati cibo, terra e materiale per costruirsi un’abitazione. In Uganda i campi profughi sono ventotto ma i più popolosi sono dieci: Achol Pii e Palabek, a nord, ospitano per lo più rifugiati del Sud Sudan; Bidi Bidi, Imvempi, Rhino, Palorinya e Pagirinya, nel nord-ovest, hanno essi pure in maggioranza rifugiati sud-sudanesi; Kyakaii, Nakivale e Kyangwali si trovano invece nella parte occidentale dell’Uganda e ospitano rifugiati dalla Repubblica Democratica del Congo, Rwanda ed Eritrea. C’è inoltre il campo di Kiryandongo, nell’area centro-settentrionale del Paese, che accoglie profughi provenienti da Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo ed Eritrea. Infine nella capitale Kampala troviamo rifugiati scappati da Repubblica Democratica del Congo,  Eritrea, Etiopia, Rwanda, Burundi e Sud Sudan.