· Città del Vaticano ·

Nell’ultimo libro di don Francesco Cosentino

Dio ci aspetta sempre

 Dio ci aspetta sempre  QUO-244
23 ottobre 2023

Francesco Cosentino si è cimentato in un nuovo lavoro che prende spunto da due caratteri principali dell’epoca che viviamo: il disincanto pessimista e il cattivo uso, lo spreco, della parola. Viene spesso sottovalutata l’importanza delle parole e il potere di trasformazione che portano con sé. Una comunicazione superficiale, distratta e veloce, che usa le parole senza accompagnarle, lasciandole al caso o usandole come semplici strumenti per una conversazione convenzionale, è non a caso uno dei mali contro cui ci scontriamo, specialmente oggi nel mondo digitale. Le parole, invece, non si limitano a descrivere: possono trasformare una situazione, far maturare una nuova percezione, farci cambiare sguardo.

Come ha giustamente affermato Massimo Recalcati in un’intervista rilasciata a «la Repubblica» dopo l’elezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, occorre «distinguere lo statuto della parola da quello della chiacchiera che il nostro tempo, invece, confonde colpevolmente», perché «la chiacchiera è senza peso, vuota, irresponsabile. Può mutare rapidamente direzione e contenuto senza che questo sollevi alcun problema», mentre «la parola implica invece l’esistenza di un peso. Non assomiglia a un vento che segue una direzione incerta ma a una lama che taglia e lascia il segno». Il libro di Francesco Cosentino Ricominciare. Parole buone per il nostro tempo (Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2023, pagine 144, euro 12) cerca di portare alla luce la tensione che abita i nostri giorni: mentre viviamo tutti sulla nostra pelle «il sentimento di sfiducia e di disincanto che attraversa il nostro tempo» (p. 16) — il quale ci conduce a «una sfiducia di fondo, un lasciar correre senza impegnarsi troppo, un prendere e lasciare senza mai portare a termine, un mordere senza passione» (pp. 17-18) — avvertiamo tutti il bisogno di una parola che, come lama tagliente, ci scuota e ci inquieti, per aiutarci a ricominciare.

Da queste premesse, dopo una lettura narrativa e poetica della delusione dei discepoli dopo la morte di Gesù e del loro ritornare a pescare sul lago, vivendo poi la sorpresa di un’alba che viene a squarciare la notte in cui erano immersi, l’autore sceglie cinque grandi parole — fiducia, speranza, riconciliazione, trasformazione e inquietudine — lasciando che esse prendano forma a partire dal Vangelo. Dopo una disamina esistenziale e una breve fotografia del nostro tempo che introduce la riflessione su ciascuna di queste parole, il testo scava dentro alcuni episodi del Vangelo, affidando le parole per ricominciare a quella lama tagliente che è stata la Parola di Gesù.

Il volume presenta così l’incontro tra Gesù e Natanaele come una pedagogia che ricostruisce la fiducia interiore di questo israelita che esce dalla prigione dei suoi pregiudizi quando si sente riconosciuto e amato dal Maestro; la parabola delle dieci vergini, con la quale allarga dentro di noi la consapevolezza che «chi spera ha la lampada della vita sempre accesa [...] non si arrende mai alla notte, perché sa che anche nel cuore della notte può arrivare lo Sposo e accendere una nuova luce» (pp. 61-62); l’indemoniato di Cafarnao, la cui voce disturba Gesù nella sinagoga e che diventa immagine di tutte quelle voci negative che serpeggiano dentro di noi facendoci sprofondare nel senso di inadeguatezza e nei sensi di colpa, nella paura o nello scoraggiamento, e rispetto alle quali «si staglia l’atteggiamento autorevole, libero, severo di Gesù. Egli riconosce la voce dell’indemoniato che lo disturba e la scaccia [...] Gesù dice: non alimentare le voci negative dentro di te. Non dare loro spazio. Non le ingigantire» (p. 85). Poi il paralitico guarito, la cui trasformazione accade quando gli amici, per portarlo da Gesù, aprono uno spazio sul tetto, perché «per portare a Gesù la nostra paralisi dobbiamo scoperchiare il tetto della nostra vita [...] non camuffare la nostra difficoltà, non mascherare la fragilità» (p. 110). Infine l’incontro con i primi discepoli raccontato dall’evangelista Giovanni, con al centro la domanda «che cosa cercate?», che l’autore assume come determinante per l’esperienza della fede cristiana perché «Dio è anzitutto una domanda che vuole scavarti dentro, che ti convoca a qualcosa, che ti invita a fare un cammino [...] che cerca di riportarti al tuo desiderio più profondo» (p. 129).

Così, il testo desidera consegnare il messaggio di fondo che, secondo l’autore, emerge dallo stile, dai gesti e dalle parole di Gesù: anche quando la vita si spegne, quando i sogni si frantumano, quando le speranze cedono il posto alla delusione, c’è una possibilità sempre nuova per ricominciare. Con la sua vita e con la sua predicazione, Gesù ci consegna questo messaggio: Dio ci aspetta sempre, ci cerca sempre e, con Lui, si può sempre ricominciare.

di Roberto Cetera