
Venerdì 6
Pio vii pastore |
Pastore coraggioso, difensore premuroso della Chiesa, questo venerato Predecessore — personalità di profonda fede, mitezza, umanità e misericordia — si distinse per competenza e prudenza di fronte a chi impediva la Libertas Ecclesiae, affiorano sentimenti di gratitudine e ammirazione per l’eredità spirituale lasciata e la franchezza evangelica con cui ha sostenuto le difficili prove durante ventitré anni di Pontificato. |
Malgrado i tumulti politici e sociali, ha accolto l’umiliazione dell’esilio con esemplare docilità, per il bene della Chiesa.
Chiaramonti è stato un uomo di lungimirante intelligenza, che si è forgiato presso l’Abbazia benedettina di Cesena e quella di San Paolo Fuori le Mura a Roma, acquisendo una preparazione teologica messa a disposizione del mondo accademico.
In giovane età fu chiamato ad essere Vescovo in due diverse Diocesi. Come pastore si distinse per carisma e bontà d’animo.
Non esitò a prodigarsi per la cura del popolo, impegnandosi con dedizione ad alleviare le tante sofferenze di coloro che erano afflitti da precarie condizioni.
Seppe farsi “ambasciatore di pace” presso quanti esercitavano il potere temporale.
Dinanzi a uno scenario politico controverso e a un agire pretestuoso che minacciava la salus animarum, egli con pacatezza ha fatto di tutto per non venir meno alla missione di “custode e guida del gregge” e, nonostante le restrizioni imposte, ha proseguito senza timore ad annunciare la forza consolante del Vangelo.
Consegno ai fedeli della Diocesi [di Cesena-Sarsina] il compito di far conoscere l’opera pastorale di questo apprezzato Successore dell’Apostolo Pietro, affinché possa suscitare la medesima passione a servizio del prossimo e dell’edificazione di una società armoniosa, e indicare la pace come cammino di speranza, di dialogo rispettoso e di cristiana riconciliazione.
(Messaggio per il bicentenario della morte
del servo di Dio Pio vii )
Il sogno |
In questo tempo segnato da gravi crisi sociali e climatiche, vi state interrogando su come contribuire al cambiamento del mondo. Ciò è molto positivo. Abbiate dei sogni grandi: anche Dio ne ha! |
È importante incontrare adulti che non spengono i sogni, ma vi aiutano a interpretarli e a realizzarli. Confrontate sempre i vostri sogni con quelli di Dio!
Se volete vivere il cambiamento da protagonisti, vi invito a scoprire il fascino inesauribile di Gesù: Lui fa nuove tutte le cose; Lui rivela un’autorità diversa da quella che esibiscono i potenti.
Il suo è un modo di trasformare le situazioni che non travolge ma solleva, non costringe ma libera.
Gesù trasforma l’uomo dall’interno, anche ognuno di voi, perché possiate esprimere le vostre migliori energie e i talenti che avete.
Seguite Lui con piena fiducia, pensando la vostra crescita non come un innalzarvi al di sopra degli altri, ma come un abbassarvi al servizio degli altri.
Volete valorizza[re] al meglio i cinque sensi. Questo è saggio, perché la realtà richiede apertura, attenzione, compassione, richiede una “sensibilità” integrale.
Di questa sensibilità fanno parte anche quelli che i maestri di sapienza chiamano i “sensi spirituali”.
Essi non si oppongono a quelli psicofisici, ma li illuminano e li potenziano.
Lo dico perché il vostro è un istituto educativo cattolico, e [ciò] vuol dire che ha una visione aperta e integrale della persona umana, in tutte le sue dimensioni, quella che la Sacra Scrittura ci rivela e che Cristo ha realizzato in pienezza.
Fate tesoro di queste opportunità che la scuola offre! Non sono da dare per scontate. Tanti vostri coetanei nel mondo, specialmente ragazze, non hanno nemmeno la possibilità di studiare. Impegnatevi anche per loro, e lottate per i loro diritti.
(Messaggio agli studenti milanesi del leadership summit pressso il Collegio San Carlo)
Sabato 14
Ciascuno ha |
Avete riflettuto sul versetto biblico: «Io verrò a radunare tutte le genti» (Is 66, 18), molto significativo per il vostro carisma. San Giovanni Battista Scalabrini, che vi ha fondati come missionari e missionarie per i migranti, vi ha insegnato, nel prendervi cura di loro, a ritenervi fratelli e sorelle in cammino verso l’unità, secondo le accorate parole della preghiera sacerdotale di Gesù (cfr. Gv 17, 20-23). |
Chiariamo: migrare non è un dolce peregrinare in comunione; è spesso un dramma. E, come ciascuno ha diritto a migrare, così a maggior ragione ha diritto a poter rimanere nella propria terra e a viverci in modo pacifico e dignitoso.
Tuttavia la tragedia di migrazioni forzosamente causate da guerre, carestie, povertà e disagi ambientali è sotto gli occhi di tutti. E qui entra in gioco la vostra spiritualità.
Scalabrini ci aiuta guardando ai missionari dei migranti come a cooperatori dello Spirito Santo per l’unità.
La sua è una visione illuminata e originale del fenomeno migratorio, visto come appello a creare comunione nella carità.
Ancora giovane parroco, egli stesso racconta di essersi trovato, alla Stazione Centrale di Milano, davanti a una massa di migranti italiani in partenza per l’America.
E il Santo, impressionato da quella grande miseria, comprese che lì c’era un segno di Dio per lui: l’appello ad assistere materialmente e spiritualmente quelle persone, perché potessero giungere, come dice il profeta Isaia, alla santa montagna di Gerusalemme «da tutte le genti, su cavalli, carri, portantine, muli, dromedari».
Cavalli, carri, portantine, muli e dromedari, a cui potremmo aggiungere oggi barconi, tir e carrette del mare; ma la destinazione resta la stessa, Gerusalemme, la città della pace, la Chiesa, casa di tutti i popoli, dove la vita di ognuno è sacra e preziosa.
Sarebbe utopico pretendere che tutto possa realizzarsi con le sole forze umane. Si tratta di cooperare all’azione dello Spirito e di agire nella storia sotto la guida e con l’energia che viene da Dio: di lasciarsi conquistare dalla sua tenerezza per sentire e agire secondo le sue vie, per riconoscerlo in chi è straniero e trovare in Lui la forza di amare gratuitamente.
Non dimentichiamo queste tre parole dell’Antico Testamento: la vedova, l’orfano e lo straniero. È importante nell’Antico Testamento lo straniero.
Il Santo Vescovo di Piacenza, insiste sulla necessità, per il missionario, di avere un rapporto d’amore con Gesù, Figlio di Dio Incarnato, e di coltivarlo specialmente attraverso l’Eucaristia, celebrata e adorata.
Abbiamo perso il senso dell’adorazione. Abbiamo preghiere per fare qualcosa…, preghiere belle…, ma [è importante] in silenzio, adorare.
La mentalità moderna ha tolto un pochettino questo senso dell’adorazione. Riprenderlo, per favore.
Sappiamo quanto Scalabrini amasse l’Adorazione, a cui si dedicava anche di notte, nonostante la stanchezza per i suoi estenuanti ritmi di lavoro, e alla quale non rinunciava di giorno, pur nei momenti di maggiore attività.
Senza preghiera non c’è missione! Diceva: «[Non] lasciatevi sviare da un certo pazzo sfrenato desiderio di aiutare gli altri, trascurando voi stessi […]. È giusto che voi vi facciate tutto a tutti; ma […] ricordatevi degli Angeli che nella Scala di Giacobbe ascendevano a Dio e discendevano fino a terra».
Salire a Dio è indispensabile per poi saper discendere, per essere “angeli dal basso”, vicino agli ultimi: non a caso la scala di Giacobbe è posta al centro dello stemma episcopale di Scalabrini.
Invito a rinnovare il vostro impegno per i migranti, e a radicarlo sempre più in un’intensa vita spirituale, sull’esempio del Fondatore.
Dai tempi di Buenos Aires sono testimone di questo lavoro, e lo fate tanto bene.
(Udienza ai partecipanti a un convegno promosso dai Missionari Scalabriniani)
Mercoledì 18
L’apostolato |
Proseguiamo nel nostro incontro con alcuni cristiani testimoni, ricchi di zelo nell’annuncio del Vangelo. Vorrei parlarvi di un uomo che ha fatto di Gesù e dei fratelli più poveri la passione della sua vita. |
Mi riferisco a san Charles de Foucauld Qual è stato il suo “segreto”? Egli, dopo aver vissuto una gioventù lontana da Dio, senza credere in nulla se non alla ricerca disordinata del piacere, lo confida a un amico non credente, a cui, dopo essersi convertito accogliendo la grazia del perdono di Dio nella Confessione, rivela: «Ho perso il mio cuore per Gesù».
Fratel Carlo ci ricorda che il primo passo per evangelizzare è aver Gesù dentro il cuore, è “perdere la testa” per Lui.
Se ciò non avviene, difficilmente riusciamo a mostrarlo con la vita. Rischiamo invece di parlare di noi stessi, del nostro gruppo, di una morale o, peggio ancora, di un insieme di regole; ma non di Gesù, del suo amore, della sua misericordia.
Questo lo vedo in qualche movimento nuovo che sta sorgendo: parlano della loro visione dell’umanità, della loro spiritualità e si sentono una strada nuova… Ma perché non parlate di Gesù? Parlano di tante cose, di organizzazione, di cammini spirituali, ma non sanno parlare di Gesù.
Oggi sarebbe bello che ognuno di noi si domandi: Io, ho Gesù al centro del cuore? Ho perso un po’ la testa per Gesù?
Charles sì, al punto che passa dall’attrazione per Gesù all’imitazione di Gesù. Consigliato dal suo confessore, va in Terra santa. In particolare a Nazaret comprende di doversi formare alla scuola di Cristo.
Vive un rapporto intenso con il Signore, passa lunghe ore a leggere i Vangeli e si sente suo piccolo fratello.
E nasce in lui il desiderio di far conoscere Gesù. Sempre succede così: quando ognuno di noi conosce di più Gesù, nasce il desiderio di condividere questo tesoro.
Sì, ma come? Come Maria nel mistero della Visitazione: «in silenzio, con l’esempio, con la vita».
Perché «tutta la nostra esistenza — scrive — deve gridare il Vangelo». E tante volte la nostra esistenza grida mondanità, cose stupide, strane.
Egli decide di stabilirsi in regioni lontane per gridare il Vangelo nel silenzio, vivendo nello spirito di Nazaret, in povertà e nascondimento.
Va nel deserto del Sahara, tra i non cristiani, e lì giunge come amico e fratello, portando la mitezza di Gesù-Eucarestia.
Charles lascia che sia Gesù ad agire silenziosamente, convinto che la “vita eucaristica” evangelizzi.
Crede che Cristo è il primo evangelizzatore. Così sta in preghiera davanti al tabernacolo per una decina di ore al giorno, sentendo che è Gesù a portarlo vicino a tanti fratelli lontani.
E noi crediamo nella forza dell’Eucarestia? Il nostro andare verso gli altri, il nostro servizio, trova lì, nell’adorazione, il suo inizio e il suo compimento?
Noi abbiamo perso il senso dell’adorazione; dobbiamo riprenderlo, incominciando da noi consacrati, vescovi, sacerdoti, suore... “Perdere” tempo davanti al tabernacolo.
Charles de Foucauld scrisse: «Ogni cristiano è apostolo»; e ricorda a un amico laico che «vicino ai preti ci vogliono dei laici che vedono quello che il prete non vede, che evangelizzano con una vicinanza di carità, con una bontà per tutti, con un affetto sempre pronto a donarsi».
I laici santi, non arrampicatori. E quei laici che sono innamorati di Gesù fanno capire al prete che lui non è un funzionario, che lui è un mediatore, un sacerdote.
Quanto bisogno abbiamo noi sacerdoti di avere accanto questi laici che credono sul serio e con la loro testimonianza ci insegnano la strada.
Charles de Foucauld con questa esperienza anticipa i tempi del Concilio Vaticano ii , intuisce l’importanza dei laici e comprende che l’annuncio del Vangelo spetta all’intero popolo di Dio.
Ma come possiamo accrescere questa partecipazione? Come ha fatto Charles de Foucauld: mettendoci in ginocchio e accogliendo l’azione dello Spirito, che sempre suscita modi nuovi per coinvolgere, incontrare, ascoltare e dialogare, nella collaborazione e nella fiducia, in comunione con la Chiesa e con i pastori.
San Charles de Foucauld, figura che è profezia per il nostro tempo, ha testimoniato la bellezza di comunicare il Vangelo attraverso l’apostolato della mitezza.
Lui che si sentiva “fratello universale” e accoglieva tutti, mostra la forza evangelizzatrice della mitezza, della tenerezza.
Desiderava che chiunque lo incontrasse vedesse, attraverso la sua bontà, la bontà di Gesù. Diceva di essere «servitore di uno che è molto più buono di me».
Vivere la bontà di Gesù lo portava a stringere legami fraterni e di amicizia con i poveri, con i Tuareg, con i più lontani dalla sua mentalità.
Pian piano questi legami generavano fraternità, inclusione, valorizzazione della cultura dell’altro.
La bontà è semplice e chiede di essere persone semplici, che non hanno paura di donare un sorriso.
E con il sorriso, con la semplicità Fratel Carlo faceva testimonianza del Vangelo. Mai proselitismo.
L’evangelizzazione non si fa per proselitismo, ma per testimonianza, per attrazione.
Chiediamoci allora se portiamo in noi e agli altri la gioia cristiana, la mitezza cristiana, la tenerezza cristiana, la compassione cristiana, la vicinanza cristiana.
Saluto |
Lunedì scorso abbiamo ricordato il 45° anniversario dell’elezione di Karol Wojtyła alla Sede di Pietro. Durante il suo pontificato è risuonato con grande forza l’appello a spalancare le porte a Cristo. Questo ha portato frutti sia nelle conversioni personali che nei cambiamenti sociali in molti Paesi fino ad allora chiusi a Cristo. Seguendo l’esempio di questo santo Papa, continuate l’opera di nuova evangelizzazione da lui avviata. |
Domenica |
Domenica prossima si celebra la Giornata Missionaria Mondiale, che ha per tema “Cuori ardenti, piedi in cammino”. |
Anche |
Oggi ricorre la festa di san Luca, il suo Vangelo ci ricorda che la missione della Chiesa è possibile soltanto se sappiamo essere molto uniti a Dio con la preghiera e interamente disposti a metterci nelle sue mani. Per favore, continuiamo a pregare per la pace e non dimentichiamo la martoriata Ucraina, che adesso non se ne parla ma il dramma continua. (Udienza generale in piazza San Pietro) |