· Città del Vaticano ·

A colloquio con l’imam della moschea di Betlemme

Quando le religioni
si parlano

 Quando le religioni si  parlano  QUO-238
16 ottobre 2023

Il suono delle campane e il canto del muezzin si confondono in una sinfonia per niente disturbante. La piazza della Natività a Betlemme è icona del dialogo tra le religioni: da un lato l’antica Basilica che conserva la grotta dove Gesù è nato, e dall’altro la moschea Omar bin Al-Khattab.

Imam della moschea è lo sheikh Raed Habib Muhammad. Uomo di pace, vive un’intensa relazione di convivenza, rispetto e amicizia con i suoi dirimpettai francescani e con tutta la comunità cristiana.

Io sono convinto, e lo sperimento ogni giorno, che in entrambi i campi la stragrande maggioranza degli uomini e donne vuole la pace. Anche se il raggiungimento di essa dovesse implicare degli svantaggi o delle rinunce. Il problema è che la voce di chi vuole la pace è flebile. Gli uomini di pace sono per loro natura miti e silenziosi. Gli uomini violenti sono rumorosi e impositivi. Oggi questa dimensione è aggravata da internet e dai social media che hanno trasformato il mondo in un villaggio globale. Noi possiamo testimoniare la pace nei nostri sermoni del venerdì o nelle vostre omelie della domenica, ma poi basta che un pazzo qualsiasi, lontano mille chilometri dalla nostra realtà, metta un video di incitazione alla violenza su Youtube per influenzare negativamente tanta gente. Soprattutto per i giovani questo è un problema molto grande, che tendiamo a sottovalutare ed è di difficile soluzione perché non c’è censura per i violenti su internet. La violenza verbale è la causa principale dell’insorgenza o della radicalizzazione dei conflitti. Anche qui in Palestina.

Nei trent’anni trascorsi dagli accordi di Oslo il conflitto israelo-palestinese ha assunto sempre più connotati religiosi. Anche questa è una causa della radicalizzazione?

Io, e come me la stragrande maggioranza degli imam, predico sempre la pace. Una pace che sia anche giusta ovviamente, cioè che tenga conto dei disagi e sofferenze che oggi ricadono sul popolo palestinese. Ma comunque una pace: le dispute si risolvano intorno ad un tavolo non in un campo di guerra. Il problema è che in alcune parti sono state stravolte le parole del Profeta, che era uomo di pace. È stato totalmente travisato il significato teologico della jihad, che va intesa semplicemente come conquista alla fede attraverso la pace. Il Profeta l’ha testimoniato anche qui in questa terra, quando scelse di rimanere a pregare all’esterno dei luoghi sacri custoditi dai cristiani.

Papa Francesco, con la dichiarazione di Abu Dhabi, i viaggi qui in Palestina ed in Iraq, l’incontro con il grande Imam di Al Azhar , e l’enciclica Fratelli tutti, ha aperto una nuova stagione del dialogo tra le religioni e in particolare con l’Islam. Che reazioni ha suscitato tutto ciò nella popolazione di credo musulmano?

È sufficiente che lei chieda al cardinale Pizzaballa quale accoglienza tutta la città di Betlemme, cristiani e musulmani, ha riservato a Papa Francesco nella sua visita del 2014. Un riconoscimento totale del suo ruolo di uomo testimone di pace. D’altronde qui a Betlemme i musulmani sono da sempre profondamente aperti alla relazione con la comunità cristiana, anche in ragione delle sue dimensioni in proporzione al numero di abitanti. In questo senso mi azzardo a dire che Betlemme può costituire un laboratorio per le relazioni tra cristiani e musulmani.

Questo vale anche per i giovani?

Sui giovani mi preme riconoscere il ruolo importante svolto dalle scuole cattoliche, frequentate anche da tanti giovani musulmani. Sono scuole di pace. Mai uno studente che esce dalle scuole cattoliche intraprende poi una scelta di violenza. Abbiamo una forte collaborazione con i cristiani qui a Betlemme nel rapporto con i giovani. Se qualche nostro giovane si comporta male nei luoghi a voi sacri, sono io stesso ad intervenire, fermarli e redarguirli.

Imam Raed, che spazio ha oggi un islam dialogante e aperto al confronto per la pace come quello che lei incarna qui a Betlemme?

Il punto, io credo, è essenzialmente e semplicemente seguire l’insegnamento del Profeta, a cui l’Onnipotente ha affidato solo parole di pace.

di Roberto Cetera