· Città del Vaticano ·

A colloquio con il politologo palestinese Manuel Sarkis Hassassian

I tanti perché
di una storia terribile

 I tanti perché di una storia terribile   QUO-236
13 ottobre 2023

Manuel Sarkis Hassassian è un politologo palestinese di origine armena e cristiano. Ha insegnato Scienze politiche in molte università europee ed americane e per molti anni ha diretto l’università di Betlemme. Attualmente è ambasciatore della Palestina in Danimarca, dopo avere svolto lo stesso ruolo nel Regno Unito. Lo abbiamo contattato non per il suo ruolo diplomatico ma per l’apprezzamento di cui gode come studioso delle scienze politiche, studio che svolge con uno sguardo indipendente e alieno alla propaganda politica, dopo aver pubblicato martedì le analoghe riflessioni della ricercatrice israeliana Anna Barducci.

I media internazionali hanno rilevato una certa debolezza della posizione ufficiale dello stato palestinese e del presidente Mahmud Abbas nel condannare la violenza terroristica di cui si è resa responsabile Hamas sabato scorso.

La critica esegetica dei comunicati del governo palestinese sembra non tener conto delle tante parole spese in passato dal presidente Abbas di distinzione e presa di distanza della Autorità palestinese rispetto ad Hamas. Tanto i valori che i modi di svolgimento dell’ attività politica di Hamas non hanno niente a che vedere con quelli della maggioranza del popolo palestinese e della sua legittima rappresentanza politica. È bene dirlo chiaramente: Ramallah non ha alcun rapporto con Hamas. E la guerra dichiarata da Israele è contro Hamas non contro l’Autorità Palestinese. Tutto ciò detto dobbiamo con coraggio chiederci — e se lo dovrebbe chiedere anche Israele — cosa spinge centinaia di giovani palestinesi ad imbracciare il fucile e ad impegnarsi in terribili azioni come questa. È solo fanatismo che esalta il suicidio come un martirio? Io penso di no. Io penso che vi sia innanzitutto uno stato di profonda frustrazione e rabbia per le condizioni di vita in cui Israele mantiene milioni di palestinesi a Gaza, ma anche nella West Bank. Giovani che imparano fin da bambini a vivere tra discriminazioni, vessazioni, violenze, fino alla banalizzazione dell’assassinio. Hamas ha commesso delle violenze atroci ma la reazione che Israele minaccia è proporzionata? Ha un valore strategico bombardare e costringere alla fame e alla sete due milioni di uomini donne e bambini? Israele pensa che gli abitanti di Gaza siano tutti miliziani di Hamas? Quello che è successo, il dolore che è stato procurato, dovrebbe suscitare non altra violenza contro gli innocenti, ma una seria riflessione sui perché. Le aspettative di Oslo di 30 anni fa sono state disattese dalle politiche di Israele, che non ha mai creduto veramente ai due popoli in due stati.

Lei è cattolico. La condizione dei cristiani è ugualmente di grande sofferenza.

L’occupazione militare israeliana non fa alcuna distinzione tra arabi musulmani e arabi cristiani. Di più, negli ultimi tempi sono cresciuti tra gli haridim e tra i coloni gli atti di offesa e di violenza nei confronti dei cristiani. Io sono di origine armena, la chiesa principale degli armeni a Gerusalemme è San Giacomo, e si trova lungo la strada nella città vecchia che conduce attraverso Sion al quartiere ebraico. Non c’è giorno che qualche fanatico religioso non si fermi a sputare verso i cristiani e sulla croce. I cristiani sono in genere persone miti e questo le espone ancora di più alle aggressioni verbali e fisiche. I cristiani sono invisi perché diffondono parole di pace in un mondo polarizzato e impazzito.

Nessuno prevedeva un attacco di queste dimensioni e di questa violenza. Possibile che nessuno si sia accorto di quanto si stava preparando? Diciamo anche da parte palestinese.

Guardi, le posso assicurare con cognizione di causa, che l’Autorità Palestinese non svolge alcuna attività di intelligence a Gaza nei confronti di Hamas. Proprio per evitare qualsiasi equivoco su una presunta cobelligeranza, Ramallah è assolutamente estranea ad alcuna relazione o intromissione di intelligence. Diverso è il caso degli israeliani, la cui debacle militare è veramente sorprendente. Posso solo pensare che si siano fatti tradire da uno sbilanciato interesse per la tutela dei loro coloni in Cisgiordania, indebolendo il fronte meridionale.

Cosa pensa che accadrà nelle prossime ore, nei prossimi giorni?

Con l’azzardo delle tante variabili possibili, io credo che nel giro di qualche giorno si arriverà ad un cessate il fuoco condizionato dal rilascio degli ostaggi israeliani. Non penso che Israele si avventurerà in un’operazione di terra, che avrebbe esiti imprevedibili e durerebbe molto tempo; oppure sarà un’operazione molto limitata. Io penso che questo sia l’esito più probabile, ma forse la mia speranza cristiana mi porta a sopravvalutare l’intelligenza umana.

di Roberto Cetera