· Città del Vaticano ·

Sinodali in pellegrinaggio alle catacombe

Alle radici del cristianesimo

 Alle radici del cristianesimo  QUO-236
13 ottobre 2023

«È la prima volta che le vedo, è un’esperienza profonda toccare con mano dove la Chiesa, dove la mia fede è iniziata». Era commosso il vescovo cinese Giovanni Battista Yang Xiaoting mentre condivideva l’emozione per il pellegrinaggio che, ieri pomeriggio, giovedì 12 ottobre, circa 250 partecipanti al Sinodo sulla sinodalità hanno vissuto nelle catacombe di San Sebastiano, San Calisto e Domitilla.

Una pausa nei lavori sinodali, organizzata per portare cardinali, vescovi, religiosi e religiose, laici e invitati speciali alle radici della fede delle prime comunità cristiane di Roma. Lì dove si è intrecciato il cammino di Pietro e Paolo, simbolo di quella «unità nella diversità» che il Papa auspica sia la cifra della stessa assise.

Padri e madri sinodali sono scesi fino a 15 metri di profondità, per addentrarsi in loculi, cripte, arcosoli e cubicoli, e posare lo sguardo sulle tombe dei Papi del iii e iv secolo e la mano sui graffiti di pesci, colombe, ancore. Come quelli incisi sulla tomba della piccola Libera che — recita l’epigrafe in latino — dopo soli «due anni e 3 giorni» è morta nella «sesta ora della notte, quattordici giorni prima di maggio».

Un momento di preghiera, quindi, e anche di storia e di memoria che si è svolto all’indomani dell’anniversario del Vaticano ii e che proprio i tempi del Concilio ha subito rievocato a molti, tornati con la mente a quel 16 novembre 1965 in cui 42 padri conciliari, principalmente dell’America latina, siglarono il celebre “Patto delle Catacombe”. Ovvero l’impegno dei vescovi e sacerdoti aderenti a realizzare una «Chiesa povera», scevra da tutti i simboli e i privilegi del potere per mettere gli ultimi al centro del ministero pastorale. Un impegno che risuona attuale in questo tempo di lavori sinodali, incentrati — tra le altre cose — su come la Chiesa possa accompagnare oggi ogni forma di «povertà»: esclusi, emarginati, migranti, vittime di guerra e abusi.

Il testo del Patto era riportato integralmente nel libretto del pellegrinaggio, come riferimento bibliografico ma anche, spiegano gli organizzatori, come «spunto per una riflessione personale». Insieme anche a un brano del Vangelo di Marco (dalla confessione di Pietro all’insegnamento di Gesù sulla sequela), al Credo e al testo dell’Adsumus Sancte Spiritus, intonato dai partecipanti nella basilica di San Sebastiano. In questo edificio del iv secolo, sorto da necropoli pagane, si è svolta la prima tappa dell’itinerario.

Ognuno con il proprio libretto in lingua, distribuito all’ingresso, i partecipanti hanno pregato nella basilica, rimanendo anche per alcuni istanti in silenzio. Ad accoglierli, monsignor Pasquale Iacobone, presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, che ha collaborato all’iniziativa. «Nel cammino sinodale è importante presentare questi luoghi altamente significativi di una idea di Chiesa. È una visita che vogliamo vitalizzare in occasione anche del prossimo Giubileo», ha detto.

In questi luoghi di importanza storica e spirituale, si sono incontrati Pietro e Paolo. Qui si è vissuta «la concordia degli apostoli», ha ricordato Iacobone, «la prima immagine del loro abbraccio e del loro essere unica Chiesa». Un «messaggio» per la Chiesa ma anche il mondo di oggi affinché «le differenze vengano riconciliate».

All’interno della basilica di San Sebastiano ha preso poi la parola il cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo, che ha rammentato la vita dei primi cristiani di Roma e la testimonianza dei martiri sepolti proprio nelle catacombe. «Questo pellegrinaggio da San Pietro è un pellegrinaggio alla nostra realtà, alle realtà delle nostre Chiese», ha detto, invitando a «trovare il significato di questo cammino di Dio nelle nostre realtà», dove sempre c’è il riflesso della croce. «Noi vescovi dobbiamo guardare alla nostra croce e dire: Signore ti amo, prendo la croce e ti seguo».

Divisi in gruppi linguistici e in itinerari pensati per i porporati e presuli più anziani, i diversi partecipanti hanno iniziato quindi il cammino nelle tre catacombe. Per il gruppo italiano anche una sosta nel museo di San Sebastiano in cui sono esposti sarcofagi del tardo v secolo. Poi la discesa attraverso le scale ripide, reggendosi alle pareti scavate nel tufo e rinforzate con mattoncini di terracotta, passando per corridoi alti poco meno di due metri. «Interessante», «incredibile», gli altri commenti soprattutto da parte di coloro che, venuti da continenti e Paesi lontani, non avevano avuto ancora l’opportunità di visitare luoghi custodi dei segni della fede delle origini, dei sacramenti e della speranza della risurrezione.

di Salvatore Cernuzio