· Città del Vaticano ·

La XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi

La sinodalità
il cammino atteso

 La sinodalità il cammino atteso  QUO-235
12 ottobre 2023

Papa Francesco ha deciso di convocare un Sinodo sulla sinodalità per due anni consecutivi: ottobre 2023 e ottobre 2024. Il motivo sta nell’obiettivo stesso. Realizzare una grande assemblea del popolo di Dio presieduta dai suoi pastori, i vescovi, sulla costruzione di una Chiesa dialogica, richiede una metodologia dialogica che faciliti lo scambio di opinioni e la progressiva costruzione di una mens communis. Ciò richiede tempo e impegno. Abbiamo bisogno di quella sedimentazione che viene dall’azione dello Spirito, che non è mai rapida e tanto meno frettolosa. Metodo e contenuti richiedono quindi un lungo periodo di riflessione, anche nell’intervallo che separerà le due sessioni del Sinodo.

Nel 2015 Papa Francesco pronunciò una breve frase in un discorso commemorativo del cinquantesimo anniversario del primo Sinodo dei vescovi, voluto da san Paolo vi: «Il cammino della sinodalità è il cammino atteso dalla Chiesa del terzo millennio». E concluse, riferendosi a san Giovanni Crisostomo (autore dell’affermazione «la Chiesa ha il nome di Sinodo»): «La sinodalità è una dimensione costitutiva della Chiesa». Appare chiaro che il programma di riforma ecclesiastica, chiamato «trasformazione missionaria della Chiesa» nel primo capitolo dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (nn. 20-49), passa, secondo Papa Francesco, attraverso il Sinodo sulla sinodalità. Osservazioni importanti in questo senso, si trovano nel documento La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa della Commissione teologica internazionale (2018).

La celebrazione del Sinodo invita a recepire la sinodalità come un grande slancio per la Chiesa. Ciò che può far camminare la Chiesa verso una rinnovata costruzione del soggetto ecclesiale è la consapevolezza di essere una realtà organicamente modulata, la cui vocazione è la missione. Attualmente assistiamo a diversi fenomeni che indeboliscono la Chiesa, come la disconnessione interna tra persone e gruppi al suo interno o le difficoltà rispetto al posto e al ruolo che la Chiesa ha, o dovrebbe avere, in un mondo che vive un cambio d’epoca segnato da guerre e da conflitti. La disconnessione porta alla frammentazione e perfino all’opposizione e quindi al conflitto intra-ecclesiastico. La dislocazione, invece, porta allo smarrimento, al ritiro e finanche alla strenua difesa di posizioni ostili nei confronti della realtà. La sinodalità, come modo di essere Chiesa, richiede il superamento della disconnessione e della dislocazione, del rinnegamento dell’altro e del chiudersi in ciò che considero esclusivamente mio. Un processo sinodale esclude l’autoaffermazione, quindi è più importante ascoltare che parlare, come ricorda Dario Vitali, coordinatore degli esperti teologi al Sinodo. Quando l’ascolto precede il dialogo, il soggetto ecclesiale può cominciare a costruirsi. La Chiesa, infatti, non è un parlamento, ma una comunione.

Per comprendere quest'ultimo termine, «comunione» (koinonia), conviene ritornare a due testi collegati degli Atti degli Apostoli. In At 2, 42.44 si legge che tutti vivevano «in comunione fraterna... uniti e avevano tutto a servizio di tutti». In At 4, 32 si afferma che «la moltitudine dei credenti aveva un cuore solo e un’anima sola... tutto era al servizio di tutti». Si tratta di due riassunti o compendi del libro degli Atti, che pongono la comunione come base della sinodalità. In altre parole, la fraternità vissuta costituisce il fondamento della Chiesa. Vivere insieme, camminare fianco a fianco, ritrovarsi nella fede e nell’amore, tutto questo viene dal Vangelo e rende possibile una Chiesa che, grande o piccola, sia sempre solida in ciò che è proprio. L’esempio migliore di questa fraternità è la condivisione dei beni, spirituali e materiali. Dico “spirituale” perché un bene dello Spirito diventa comune quando è messo a servizio dell’altro, quando la santità è vissuta pensando all’altro, non come atto solitario ma comunitario. La santità è sempre condivisa, perché è un dono che Dio ci fa per essergli fedeli e condividere la sua misericordia. La Chiesa è sinodo quando i beni dello Spirito diventano patrimonio comune, quando la sapienza del Vangelo è vissuta integralmente, senza restrizioni individualistiche. La sinodalità passa attraverso la conversione e la santità.

La nota espressione “avere un cuore solo e un’anima sola” non significa “avere una sola idea”, non equivale a ragionare secondo un unico pensiero. La Chiesa non è guidata dalle maggioranze ma dal consenso, che deriva da una fede che è radicata nel Vangelo e che è condivisa in forza dello stesso Spirito che si respira tra tutti e per tutti. È da qui che ha senso parlare di discernimento ecclesiale, cioè di ricerca condivisa per la comprensione e l’applicazione del Vangelo in molteplici circostanze e momenti. È quindi necessaria una presa di coscienza e una prassi sinodale. La sinodalità è la consapevolezza di appartenere ad una Chiesa sinodale ed è allo stesso tempo l’accordo a portare avanti una prassi sinodale. Consapevolezza e prassi portano ad adottare, come modo di fare, lo scambio secondo lo Spirito.

Se ragioniamo sinceramente, secondo la voce dello Spirito e nell’ambito della Chiesa, se condividiamo ciò che il popolo di Dio crede, spera e celebra (sensus fidei fidelium) con l’adesione alla dottrina apostolica, allora la Chiesa non si perderà per sentieri secondari. Infatti, una Chiesa sinodale non può deviare, perché la verità del Vangelo non è una misura previa, fissa, ma concomitante allo stesso cammino che la Chiesa fa — purché lo faccia secondo questo Vangelo e si lasci guidare dallo Spirito, che è il maestro interiore, l’interprete delle parole di Gesù. Ecco perché una lettura spirituale dei testi evangelici è garanzia che una Chiesa sinodale rimarrà fedele alla Tradizione che l’ha vista nascere e che le ha fatto percorrere il suo cammino nella storia.

Una Chiesa sinodale è una Chiesa eucaristica. Ecco perché l’assemblea che è ciò che costituisce la Chiesa è, innanzitutto, l’assemblea liturgica nella quale si ascolta la voce di Dio, si accoglie la rugiada della Parola, si spezza il pane e si si beve il calice della salvezza, si proietta il cammino verso la missione. Una Chiesa sinodale affonda le sue radici nell’Eucaristia, banchetto dell’unità, pasto del mistero, cibo che rinnova lo spirito, affinché lo Spirito Santo continui a sostenere una Chiesa che conosce le tempeste ma che riconosce Gesù, crocifisso e risorto, che viene a salvarla e a darle la pace.

di Armand Puig i Tàrrech
Presidente dell’Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle Università e Facoltà ecclesiastiche (Avepro)