· Città del Vaticano ·

Intervista a Anna Barducci del Middle East Media Research Institute

Primo: salvare
altre vite umane

People run for shelter while sirens sound as rockets from Gaza are launched towards Israel, in ...
11 ottobre 2023

Anna Barducci, giornalista che vive a Gerusalemme, è una ricercatrice del Memri (Middle East Media Research Institute), un istituto di studio e ricerca geopolitica sulle dinamiche medio orientali e in particolare sul conflitto israelo-palestinese, molto apprezzato nei circoli diplomatici occidentali.

Il suo presidente, Yigal Carmon, ha suscitato molta attenzione tra i media di tutto il mondo nelle ultime ore per via di un articolo di qualche settimana fa in cui — inascoltato — prevedeva lo scoppio di una guerra tra settembre ed ottobre.

A lei abbiamo rivolto qualche domanda.

Come sta reagendo l’opinione pubblica israeliana ai tragici avvenimenti di queste ore?

La popolazione israeliana è sotto choc, perché avverte che l’esercito non è stato in grado di difendere la popolazione, ed esprime amarezza nei confronti del governo attuale. Ma in queste ore la parola d’ordine è coesione. Ci sono file interminabili di persone che vanno a donare il sangue. In tutte le città vengono raccolti cibo, vestiti e generi di prima necessità da portare ai civili sfollati e ai militari al fronte. E tutti sono impegnati a sostenere chi ha perso un fratello, un figlio, un amico.

L’attacco terroristico di Hamas ha rivelato un’imprevista fragilità del sistema difensivo israeliano. Il mito dell’esercito invincibile sembra caduto in queste ore. Cosa è successo? Come se lo spiega?

Israele è stato ingenuo. Il governo israeliano pensava di aver “comprato” Hamas, ovvero pensava che permettendo che arrivassero milioni di dollari di finanziamenti da parte di altri Stati arabi, Hamas avrebbe alla fin fine mantenuto la calma, o almeno non superato certi limiti. Ma così non è stato. Come ha scritto il presidente del Memri, Yigal Carmon, — che è stato consigliere per l’anti terrorismo di due primi ministri di parti opposte, Rabin e Shamir, c’erano sufficienti elementi per capire che la guerra si stava avvicinando. È da mesi che i terroristi di Hamas si stavano addestrando a questo attacco: non è un’operazione che si allestisce in poche settimane. Ne postavano addirittura le immagini sui loro social media. Si è trattato di una sottovalutazione e di una debacle forse anche più grave di quella della guerra del Kippur di 50 anni fa.

Vista questa capacità di previsione, tragicamente azzeccata da Yigal Carmon, quali sono gli scenari più probabili che individuate per le prossime ore e i prossimi giorni?

Gli scenari possibili dipenderanno in gran parte dalle scelte che farà il governo israeliano. Ovvero la questione principale che dovrà affrontare è quella degli ostaggi. Sono oltre 150, segregati a Gaza. Tra loro ci sono giovani, ragazze e ragazzi, bambini, donne, anziani, e trattengono anche i corpi delle persone che hanno ucciso. L’ipotesi più realistica, che Carmon ha proposto dai microfoni delle tv israeliane, è quella di uno scambio di prigionieri, con i detenuti per terrorismo nelle carceri israeliane. Diversamente, i bombardamenti a tappeto metterebbero a repentaglio la vita degli ostaggi: e la loro salvezza è oggi la priorità per Israele.

So bene che non è facile avviare una trattativa con chi si è macchiato di crimini orrendi. Ma non è la prima volta che avviene. Lì dentro ci sono bambini di tre anni che hanno la sola colpa di essere ebrei. Credo che bisogna provarci ad ogni costo.

di Roberto Cetera