Il primo avamposto

«Un incontro civile fra gente educata / Che si alza in piedi e che si saluta / Un incontro un po’ anonimo reso più umano / Da una cordiale stretta di mano». Così cantava 50 anni fa, con la solita ironia, Giorgio Gaber, evidenziando una cosa molto semplice: la mano ci rende umani. Sembra un gioco di parole ma è così: l'essere u-mano è tale grazie soprattutto a quelle due propaggini che sbucano in 5 direzioni dalle braccia. A livello anatomico, come è noto, è il fattore del pollice opponibile ad aver contribuito al salto quantico che ci ha condotto all'homo sapiens, ma in questa pagina ci sarà poca scienza e molta poesia. La stessa parola “poesia” ha a che fare con le mani perchè il termine, in greco, poiesis, fa riferimento al fare, fabbricare, creare.
Questa pagina in realtà è la prima tappa di un viaggio, più lungo, intorno al corpo umano. A questo strano “oggetto”, che però è un soggetto, perché gli esseri umani non hanno ma sono un corpo. Il corpo che noi siamo al tempo stesso non lo conosciamo. Gli altri lo conoscono, lo vedono continuamente, lo osservano, lo giudicano. Perché il nostro corpo è estroflesso, è teso, aperto verso l'esterno. Noi non vediamo il nostro volto che è ri-volto verso l'altro. E così anche le mani: la nostra mano destra s'incastra perfettamente con la mano destra dell'altro, mentre fa fatica a stringere la sua collega sinistra. Il gesto sacro e decisivo del saluto inizia proprio con quella “cordiale stretta di mano”. La mano è la nostra propaggine più lontana, la prima a prendere contatto con il mondo esterno. Il senso della mano è il tatto che è sempre con-tatto, un “senso” quanto mai prezioso nell'attuale momento della Chiesa coinvolta nel Sinodo. Si cammina con i piedi, si cammina insieme anche con le mani.
Nella Bibbia le mani sono molto presenti, a partire da quelle di Dio che nella prima pagina plasma l'uomo dalla polvere del suolo. Ne La scorciatoia divina, una sorta di “diario mistico del corpo”, il gesuita J.P.Sonnet dedica molto spazio alle mani citando ad esempio il quadro che Rembrandt dedica ad Anna, la profetessa che «legge, con lenta carezza, la pagina biblica, leggermente rigonfia. L'intelligenza tattile di chi ama». E nella pagina successiva ricorda le parole del pittore Wols per cui «La dimensione del palmo è sacra. Occorrei ancora stringere il mondo. I movimenti delle dita e della mano bastano a esprimere tutto. Un foglio minuto può contenere il mondo». Questa pagina non può contenere tutto quello che è stato scritto (quindi “fatto a mano” per citare il bel saggio di Cesare Pagazzi di cui riportiamo un lungo brano) sul tema delle mani; la si prenda come un assaggio, per cominciare a parlare di quello strano segno, inevitabilmente ambiguo perché le mani possono curare ma anche uccidere, che sono l'avamposto del nostro corpo per conquistare e soprattutto per accogliere il mondo.
di Andrea Monda