· Città del Vaticano ·

Costruire una pace giusta dove le guerre insanguinano il pianeta

 Costruire una pace giusta dove le guerre insanguinano il pianeta  QUO-232
09 ottobre 2023

Di fronte a una situazione mondiale che vede tanti «poveri, smarriti, perseguitati, scartati, delusi, rifugiati, vittime innocenti delle guerre», occorre pregare il padrone affinché «mandi operai nella sue messe». È partito da questa meditazione dell’Instrumentum laboris il patriarca di Antiochia dei Maroniti, cardinale Béchara Boutros Raï, nell’omelia della messa per i partecipanti al Sinodo presieduta questa mattina in San Pietro, all’altare della Cattedra, dal patriarca di Antiochia dei greco-melkiti e capo del Sinodo della Chiesa greco-melkita cattolica, Youssef Absi.

La messe che ci interpella come assise sinodale, ha spiegato il patriarca, si individua, tra l’altro, nella «costruzione di una pace giusta dove le guerre insanguinano il nostro pianeta; la cura per la nostra casa comune di fronte ai cambiamenti climatici; la lotta contro un sistema economico che produce sfruttamento, disuguaglianze e scarto». Senza dimenticare, ha proseguito, «l’assistenza a coloro che subiscono la persecuzione fino al martirio; la guarigione delle ferite causate dagli abusi, quelli sessuali, economici, istituzionali, di potere, di coscienza; la promozione della dignità umana comune, derivante dal battesimo che ci rende figli e figlie di Dio, l’approfondimento delle relazioni fraterne con Chiese e altre comunità ecclesiali, la carità preferenziale a poveri ed emarginati». Il cardinale ha inoltre evidenziato l’importanza di «mettere i giovani al centro delle strategie pastorali e valorizzare l’apporto di persone anziane alla vita della comunità cristiana e della società».

È di fronte a tali questioni, ha rilevato il porporato, che devono porsi con coraggio gli “operai” della messe, cioè vescovi, presbiteri, diaconi, consacrati, consacrate, laici e laiche battezzati, facendo tesoro della ricchezza del percorso sinodale; proprio perché nell’assemblea sinodale, «Cristo si rende presente e trasforma la storia» ispirando la Chiesa ad aiutare l’umanità e conducendola nella giusta direzione. Tutti questi, ha insistito, hanno pertanto «bisogno di essere formati al modo di procedere sinodale. Si tratta della formazione ad una vita di comunione, missione e partecipazione, come anche alla spiritualità sinodale la quale è al cuore del rinnovamento della Chiesa». In tale sequela di Cristo, ha puntualizzato, bisogna sempre avere per tutti coloro che sono stati feriti nella loro dignità la stessa compassione di Gesù; ricordando che «Lui ci ha eletti per plasmare queste ferite e lottare per un mondo migliore».

Al termine della messa i partecipanti hanno raggiunto l’Aula Paolo vi, dove ha avuto inizio la quarta congregazione generale. I presenti erano 346. Dopo alcune comunicazioni del cardinale segretario generale Mario Grech — il quale ha annunciato, tra l’altro, che nel pomeriggio si sarebbero tenute le votazioni per scegliere i membri della Commissione per la relazione di sintesi e della Commissione per l’informazione — il presidente delegato di turno, l’arcivescovo Costelloe, ha introdotto la presentazione della sezione b1 dell’Instrumentum laboris svolta dal cardinale Hollerich. Quindi alcune indicazioni spirituali sono state suggerite ai presenti dal domenicano Timothy Radcliffe e dalla britannica Anna Rowlands, che insegna dottrina sociale della Chiesa all’università di Durham.

Il religioso, prendendo spunto dall’episodio evangelico della samaritana al pozzo, ha affermato che la Chiesa sinodale è quella in cui si è «formati all’amore non possessivo: un amore che non fugge dall’altro né si impossessa di lui; un amore che non sia né offensivo né freddo» ed eviti quelle «facili etichette» a causa delle quali «tante persone si sentono escluse o emarginate». La laica ha ricordato che la comunione è «la prima e l’ultima parola di un processo sinodale, l’origine e l’orizzonte del nostro cammino», e ne ha messo in luce tre dimensioni fondamentali: la «bellezza della diversità nell’unità», l’esistenza «nelle realtà concrete e tangibili», la «partecipazione che ci lega agli altri attraverso il tempo e lo spazio».

Sono seguite tre testimonianze di altrettanti partecipanti al Sinodo. La prima è stata offerta da Sônia Gomes de Oliveira, del Consiglio nazionale del laicato del Brasile, la quale ha condiviso con i presenti la sua esperienza di operatrice sociale a contatto con le sofferenze e le speranze degli ultimi. «Fare il cammino sinodale — ha affermato — è essere poveri “con” i poveri e non “per” i poveri», perché la Chiesa «non esclude» e accoglie tutti come «fratelli e sorelle».

Successivamente il delegato fraterno Job (Getcha), metropolita di Pisidia (Chiesa ortodossa serba), copresidente della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, ha spiegato che «per gli ortodossi la sinodalità corrisponde alla pratica stabilita dal primo concilio ecumenico (Nicea, 325) di riunire i vescovi di una regione almeno due volte all’anno sotto la presidenza dei loro protos», evidenziando come «in alcune circostanze storiche», anche la Chiesa ortodossa abbia «coinvolto clero e laici nel processo decisionale sinodale».

Tra i membri non insigniti del munus episcopale, testimoni del processo sinodale provenienti dalle assemblee continentali, per quella asiatica sono intervenuti il sacerdote malaysiano Clarence Sandanaraj Davedassan e la focolarina Siu Wai Vanessa Cheng, di Hong Kong. Il primo ha spiegato che su «4 miliardi di abitanti dell’Asia, la Chiesa cattolica rappresenta solo il 3,31% della popolazione. Alcuni potrebbero considerarci piccoli e insignificanti — ha detto — ma noi ci consideriamo elementi unici e preziosi anche della costruzione e trasformazione della società». In molte parti del continente, infatti, «la Chiesa svolge un ruolo guida nel servire lo sviluppo umano integrale e il bene comune, in particolare nei settori dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria e dell’assistenza ai gruppi di persone povere ed emarginate». La seconda, avendo partecipato a due processi sinodali, quello della diocesi di Hong Kong e quello del movimento fondato da Chiara Lubich, ha messo in luce che «la sinodalità porta speranza a persone» desiderose di «camminare insieme» e che diverse «comunità in Asia stanno diventando molto più unite alla Chiesa, trovando nuova forza per affrontare le sfide e acquisendo una nuova apertura per accogliere altri fedeli e non credenti».

Sabato sera, 7 ottobre, il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo, aveva presieduto in piazza San Pietro il rosario aux flambeux, primo appuntamento di preghiera previsto per tutti i sabati del mese durante la xvi assemblea generale del Sinodo dei vescovi. Come il “sì” di Maria all’Angelo ha testimoniato il farsi vicino dell’Onnipotente all’umanità, ha detto il porporato, così «anche noi desideriamo rinnovare il nostro “sì” a Dio». Nella prima meditazione sui misteri del Rosario, il cardinale ha ribadito come l’assemblea sinodale sia chiamata «a sottomettersi alla voce dello Spirito Santo, lo stesso Spirito che ha adombrato la Vergine Santa nell’Annunciazione». Questo comporta che la riflessione in corso sulla sinodalità non può che avere come scopo la missione, ha osservato Grech. In sostanza, «la comunione dei battezzati con Dio e tra loro, che deve manifestarsi sempre più nella partecipazione di tutti all’opera di tutti», ha come obiettivo una «Chiesa più estroversa, più protesa verso gli uomini e le donne del nostro tempo, in una parola più “missionaria”, sul modello di Maria, Madre della missione»: un significativo modo d’azione che segue quella potente luce sul cammino sinodale rappresentata dal mistero della nascita del Figlio di Dio nella mangiatoia di Betlemme. È questa povertà che ha ispirato i primi giorni dell’assise sinodale, in cui «è emersa con forza la necessità di una Chiesa più capace di inclusione dei poveri, degli ultimi, dei lontani, con particolare attenzione ai migranti e ai profughi». I misteri della gioia e quelli del dolore, infatti, ha rimarcato Grech, «sono strettamente uniti, perché l’Incarnazione e la Croce sono eventi inseparabili». Di qui l’invocazione al Signore perché dia al Sinodo «il coraggio di caricarsi della croce degli uomini e delle donne del nostro tempo», assumendo soprattutto le croci della diversità di visioni e prospettive e delle incomprensioni. Un lavoro facilitato, ha concluso il porporato, se tutti i suoi membri si abbandoneranno alla sapienza di Cristo, quella sapienza mostrata da Gesù nel tempio, ultimo mistero meditato, per imparare dal Signore a superare le visioni parziali, frutto spesso solo di ragionamenti umani.