
«Ciao, ti ho preparato il bugiardino del medicinale da leggere insieme». Mi sono ritrovato in mano un foglio con copiatura perfetta del bugiardino di un antipiretico comune. Poi, per due ore, abbiamo parlato a lungo di tutti gli aspetti del medicinale, degli effetti collaterali e di tutto lo scibile intorno alle parole espresse nel foglietto. Alla fine del nostro incontro mi sono chiesto: “Ci può essere una terapia migliore per questa donna? Potrebbe mettere in gioco le sue abilità e competenze per la sua felicità piuttosto che combattere malattie che non esistono?”.
Questa è la storia di un’artista, non semplicemente di una persona che disegna o dipinge, ma di un’artista che nella sua vita ha sempre e solo dipinto, ma che la miseria ha fatto spostare il focus non su ciò che porta vita, ma sul pensiero ricorrente della malattia e della morte.
Abbiamo cominciato a lavorare attraverso la relazione riconoscendo la sua arte, cioè non un generico apprezzamento delle sue opere pittoriche, ma cercando di andare in profondità, cogliendo lo stile pittorico, la scelta dei colori, le tecniche e la storia personale di artista. Settimana dopo settimana…
Ci siamo accorti che, ormai da tempo, questa artista non dipingeva più e una delle ragioni era la mancanza degli strumenti: pennelli, colori, tele… Ci siamo impegnati nella ricerca di qualche piccolo fondo pubblico, ma è stato fallimentare. Successivamente proprio la Caritas è riuscita a stanziare una piccola somma per far riprendere in mano i pennelli a questa donna. In un secondo tempo abbiamo trovato un benefattore con un impegno economico ancora maggiore.
Più volte mi è capitato di pensare alle parole di Gesù «Non di solo pane vive l’uomo», contrapponendole alle parole di Giovenale «Panem et circenses». Infatti, le persone che incontriamo come operatori del servizio di assistenza domiciliare della Caritas di Roma non hanno bisogno solo di soluzione di problemi, ma di senso, di speranza, di rendere ragione al dolore, all’abbandono, alla solitudine.
Le parole «non di solo pane» sono la chiave per un discernimento integrale sulla persona, il tentativo di offrire un orizzonte. Il «panem et circenses» è provare a dare una soddisfazione, pur utile, ma che finisce, non ha il sapore di qualcosa che rimane.
L’arte che abbiamo promosso in questa persona è diventata vitale, perché vivere con pochissimi soldi, senza riscaldamento, senza accesso a cure mediche adeguate, senza relazioni significative, uccide. Le soluzioni di assistenza spesso non provocano il ribaltamento di pietre, ma la possibilità di attingere all’esperienza creativa dell’arte è un respiro spirituale che ha il sapore della risurrezione.
di Paolo Galdiero