· Città del Vaticano ·

Parole e gesti di Papa Francesco

No alla «cultura dello scarto»

 No alla «cultura  dello scarto»   ODS-014
30 settembre 2023

Alzi la mano chi ricorda con esattezza la prima occasione in cui Papa Francesco ci ha esortato a contrastare la «cultura dello scarto». Difficile, vero? Ma questo è un bene, perché significa che la lotta a quello che il Pontefice considera «uno dei fenomeni più drammatici del nostro tempo, per il quale la società umana tende a mettere da parte tutto quello che non risponde ai criteri di efficienza, produttività, reattività, ma anche di bellezza, giovinezza, forza e vivacità», fa ormai talmente parte del nostro vissuto e del nostro linguaggio che le sue origini si perdono nel tempo. Ormai conosciamo questo modo di fare così deplorevole e sbagliato non solo nei confronti delle cose, ma anche e soprattutto delle persone. Ormai riconosciamo “lo scarto” quando lo vediamo praticare e lo condanniamo. E questo perché il Papa, in dieci anni di Pontificato, ha compiuto quella che potremmo definire una vera e propria “operazione culturale”: se, infatti, la cultura altro non è che l’azione dell’uomo sulla storia, allora il magistero di Francesco ci ha insegnato a vedere, comprendere e contrastare una “controcultura” come quella dello scarto.

L’uomo ridotto
a un bene di consumo

Ma torniamo alla domanda iniziale: in quale occasione il Pontefice ha parlato di tutto questo per la prima volta? La risposta è facile, se si considera che questo è uno dei temi portanti di tutto il Pontificato, tanto più che esso interseca molti altri argomenti-chiave del magistero di Francesco. Di conseguenza, non dobbiamo sorprenderci troppo nel ritrovare la prima locuzione di «cultura dello scarto» in un discorso pronunciato dal Papa il 16 maggio 2013, ovvero a due mesi esatti dalla sua elezione al Soglio di Pietro: in quell’occasione, Francesco si rivolge ai nuovi ambasciatori di Kyrgyzstan, Antigua e Barbuda, Lussemburgo e Botswana, accreditati presso la Santa Sede. «La crisi mondiale — dice loro — che tocca la finanza e l’economia sembra mettere in luce le loro deformità e soprattutto la grave carenza della loro prospettiva antropologica, che riduce l’uomo a una sola delle sue esigenze: il consumo. E peggio ancora, oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita!».

La povertà divenuta normalità

Il mese successivo — è il 5 giugno 2013 — il Papa torna su questo argomento che gli sta tanto cuore nel corso dell’udienza generale del mercoledì. E lo fa con il suo stile diretto e immediato che colpisce immediatamente i fedeli: «Uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. Non può essere così! Eppure queste cose entrano nella normalità: che alcune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada non fa notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città costituisce una tragedia. Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti. Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti».

Il cibo che si butta
è cibo rubato ai poveri

Ciò che Francesco deplora è anche il fatto che «questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione». «Il consumismo — aggiunge — ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame!».

Il prevalere della legge
del più forte

La denuncia di questo tipo di cultura e l’invito a contrastarla sono presenti anche in alcuni documenti fondamentali del magistero di Francesco, a partire dall’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, pubblicata a novembre 2013 e vero e proprio documento programmatico dell’attuale pontificato. Al numero 53, non a caso intitolato No a un’economia dell’esclusione, il Papa scrive: «Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in sé stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati”, ma rifiuti, “avanzi”».

Lo “scarto”
del pianeta

E dallo “scarto” dell’umanità più fragile e debole allo “scarto” del pianeta, il passo è breve. Lo evidenzia lo stesso Pontefice nell’Enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, pubblicata a maggio 2015: «La cultura dello scarto — si legge al numero 22 — colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura. Rendiamoci conto, per esempio, che la maggior parte della carta che si produce viene gettata e non riciclata […]. Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero».

La logica “usa e getta”

In quello stesso passo, il Papa condanna il relativismo, lo sfruttamento sessuale dei bambini, l’abbandono degli anziani, ritenuti “improduttivi”, così come la tratta di esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati, l’acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori.

Sono tutti crimini, spiega, che hanno un’unica matrice, ovvero «la stessa logica “usa e getta” che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno».

L’insensibilità
a ogni forma di spreco

Allo stesso modo, nella sua terza Enciclica, Fratelli tutti, diffusa nel 2020, Francesco torna a gridare a gran voce contro «lo scarto mondiale», descritto al numero 18: «Le persone — spiega — non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora”, come i nascituri, o “non servono più”, come gli anziani. Siamo diventati insensibili ad ogni forma di spreco (…) Così, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani». E in diverse occasioni, dal 2013 ad oggi, Francesco ha richiamato alla tutela della vita per debellare la “cultura dello scarto”, deplorando pertanto «un presunto “diritto all’aborto”», in quanto «nessuno può vantare diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa» (Discorso ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 9 gennaio 2023).

L’utilitarismo prevale
sulla dignità della persona

Tra le categorie più soggette allo scarto, inoltre, il Papa inserisce anche le donne: il 9 marzo 2023, ricevendo in udienza i dirigenti e il personale dell’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), Francesco accende i riflettori sul fatto che, nel mondo lavorativo, esiste «uno scarto previo delle donne, per paura che rimangano incinte; è meno “sicura” una donna, perché può diventare incinta. Questo si pensa al momento di assumerla: quando comincia a “ingrassare” se si può mandarla via è meglio. Questa è la mentalità e dobbiamo lottare contro questo. […]. Senza tutele, la società diventa sempre più schiava della cultura dello scarto. Finisce per cedere allo sguardo utilitaristico nei confronti della persona, piuttosto che riconoscere la sua dignità. La tremenda logica che diffonde lo scarto si riassume nella frase: “Vali se produci”. Così conta solo chi riesce a stare nell’ingranaggio dell’attività e le vittime vengono messe da parte, considerate un peso e affidate al buon cuore delle famiglie».

Tre sfide per andare controcorrente

Ma cosa possiamo fare per contrastare tutto questo? È lo stesso Papa Francesco a indicarci i passi giusti da compiere: all’Angelus dello scorso 29 gennaio, il Pontefice propone ai fedeli «tre sfide contro la mentalità dello spreco e dello scarto». La prima è «non sprecare il dono che noi siamo. Ognuno di noi è un bene, indipendentemente dalle doti che ha. Ciascuna donna, ciascun uomo è ricco non solo di talenti, ma di dignità, è amato da Dio, vale, è prezioso. Gesù ci ricorda che siamo beati non per quello che abbiamo, ma per quello che siamo. E, quando una persona si lascia andare e si butta via, spreca sé stessa». La seconda sfida sarà quella di «non sprecare i doni che abbiamo». «I beni vanno custoditi e condivisi, in modo che a nessuno manchi il necessario — ribadisce Francesco —. Non sprechiamo quello che abbiamo, ma diffondiamo un’ecologia della giustizia e della carità, della condivisione!». La terza sfida, infine, riguarda il «non scartare le persone», perché «le persone non si possono buttare via! Ciascuno è un dono sacro, ciascuno è un dono unico, ad ogni età e in ogni condizione. Rispettiamo e promuoviamo la vita sempre! Non scartiamo la vita!».

Tenerezza, ecologia,
armonia

Esistono, poi, altri antidoti alla “cultura dello scarto” che il Papa invita ad utilizzare, andando controcorrente: ad esempio, “la cultura della tenerezza”, ovvero «prendendosi cura dell’altro come Dio si è preso cura di me, di noi, di te, di ognuno di noi. Lo vediamo nel Vangelo: come Gesù si accosta ai piccoli, agli emarginati, agli ultimi. Lui è il Buon Samaritano che ha dato la vita per noi, bisognosi di misericordia e di perdono» (Saluto ai soci del Circolo San Pietro, 20 febbraio 2023).

O anche «l’ecologia integrale che rispetti la dignità e il valore di ogni persona umana e riconosca i tragici effetti del degrado ambientale sulla vita dei poveri. […] Questo richiede la creazione di modelli economici nuovi e lungimiranti», insieme alla «determinazione per superare la cultura “usa e getta”, la cultura dello scarto, generata dal consumismo e da un’indifferenza globalizzata, che inibisce gli sforzi per affrontare questi problemi umani e sociali nella prospettiva del bene comune». (Saluto alla delegazione dell’Interfaith leaders from Greater Manchester, 20 aprile 2023)

E ancora, la “cultura dell’armonia” che sa mettere insieme il concetto del riscatto, ossia del recupero dello scarto, con quello del riuso, dando così agli scarti «una nuova vita, che non consiste né nella ricostruzione di quella della loro origine, né in una nuova funzionalizzazione, ma semplicemente nel riproporli», con «una dignità e una considerazione quale forse mai hanno avuto». (Messaggio per l’inaugurazione della mostra (Re)versus, 26 aprile 2023).

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Al termine di questa nostra riflessione, mi viene in mente un grido che sento intonare spesso alle feste di compleanno: «Scarta la carta! Scarta la carta!» dicono gli invitati al festeggiato, al momento di aprire i regali. E quindi penso che se imparassimo a comprendere che tutto ciò che scartiamo è in realtà un dono del quale dobbiamo essere grati e del quale dobbiamo prenderci cura, allora la nostra vita sarebbe molto più ricca. (Isabella Piro)

di Isabella Piro