
Un eremita venne interrogato dal discepolo sul perché l’umanità riesca in alcuni casi ad essere tanto perversa e, in altri, tanto buona e generosa: «abitano in noi — rispose l’eremita — due bestie affamate: una feroce e l’altra mansueta». Domandò il discepolo: «Quale delle due prevarrà in me?». Rispose: «Quella che più da te verrà nutrita».
È un aneddoto dei padri del deserto. È una lezione semplice, che si rispecchia facilmente nelle cronache violente che leggiamo ogni giorno. È l’eterna lotta tra il bene e il male.
San Paolo, nella seconda lettura, ci consiglia un modo di comportamento che, se fosse seguito da tutti, renderebbe certamente più bella la nostra esistenza: «tutto quello che è vero, nobile, giusto, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri».
Sforziamoci di mettere in pratica questo consiglio! Invece di nutrire la bestia cattiva che è in noi, facciamo crescere il bene! Anche a costo di sudare, affaticarci, scorticarci interiormente.
È l’esercizio rigoroso della morale, dell’autocontrollo, dell’impegno personale. Perché, vedete, «molti disprezzano il bene, ma pochi sanno farlo» (La Rochefoucauld).
Per parte nostra, facciamo tutto il bene che possiamo, in tutti i modi che possiamo, a tutte le persone possibili, e sempre fino a che possiamo. È questo il vero modo di fare il bene, e di farlo bene.
Faremo esperienza che «quando si è passata la vita a cercare il vero, ci si accorge che la si sarebbe impiegata meglio a fare il bene» (Henri Bergson). Concluderemo anche noi con il Manzoni: «Se gli uomini, più che a stare bene, pensassero a fare il bene, si finirebbe tutti con lo stare meglio».
di Leonardo Sapienza
Il Vangelo in tasca
Domenica 8 ottobre,
XXVII del Tempo ordinario
Prima lettura: Is 5, 1-7;
Salmo: 79;
Seconda lettura: Fil 4, 6-9;
Vangelo: Mt 21, 33-43.