La catechesi
Il Mediterraneo è culla di vita non tomba o luogo
Il Mediterraneo «è culla di civiltà, e una culla è per la vita»; per questo «non è tollerabile che diventi una tomba, e nemmeno un luogo di conflitto». È il nuovo monito lanciato da Papa Francesco stamane, durante l’udienza generale in piazza San Pietro. A quattro giorni dalla conclusione del viaggio apostolico compiuto a Marsiglia il 22 e il 23 settembre in occasione della conclusione dei “Rencontres Méditerranéennes”, il Pontefice ne ha riproposto i momenti e i temi più significativi, ribadendo l’auspicio che il “Mare Nostrum” ritrovi «la sua vocazione di essere laboratorio di civiltà e di pace». Di seguito il testo della catechesi pronunciata dal Papa.
Cari fratelli e sorelle,
Alla fine della scorsa settimana mi sono recato a Marsiglia per partecipare alla conclusione dei Rencontres Méditerranéennes, che hanno coinvolto Vescovi e Sindaci dell’area mediterranea, insieme con numerosi giovani, perché lo sguardo fosse aperto al futuro. In effetti, l’evento di Marsiglia era intitolato “Mosaico di speranza”. Questo è il sogno, questa è la sfida: che il Mediterraneo recuperi la sua vocazione, di essere laboratorio di civiltà e di pace.
Il Mediterraneo, lo sappiamo, è culla di civiltà, e una culla è per la vita! Non è tollerabile che diventi una tomba, e nemmeno un luogo di conflitto. Il Mare Mediterraneo è quanto di più opposto ci sia allo scontro tra civiltà, alla guerra, alla tratta di esseri umani. È l’esatto opposto, perché il Mediterraneo mette in comunicazione l’Africa, l’Asia e l’Europa; il nord e il sud, l’oriente e l’occidente; le persone e le culture, i popoli e le lingue, le filosofie e le religioni. Certo, il mare è sempre in qualche modo un abisso da superare, e può anche diventare pericoloso. Ma le sue acque custodiscono tesori di vita, le sue onde e i suoi venti portano imbarcazioni di ogni tipo.
Dalla sua sponda orientale, duemila anni fa, è partito il Vangelo di Gesù Cristo. [Il suo annuncio] naturalmente non avviene per magia e non si realizza una volta per tutte. È il frutto di un cammino in cui ogni generazione è chiamata a percorrere un tratto, leggendo i segni dei tempi in cui vive.
L’incontro di Marsiglia è venuto dopo quelli simili svoltisi a Bari nel 2020 e a Firenze l’anno scorso. Non è stato un evento isolato, ma il passo in avanti di un itinerario, che ebbe i suoi inizi nei “Colloqui Mediterranei” organizzati dal Sindaco Giorgio La Pira, a Firenze, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Un passo avanti per rispondere, oggi, all’appello lanciato da San Paolo vi nella sua Enciclica Populorum progressio, a promuovere «un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri» (n. 44).
Dall’evento di Marsiglia che cosa è uscito? È uscito uno sguardo sul Mediterraneo che definirei semplicemente umano, non ideologico, non strategico, non politicamente corretto né strumentale, umano, cioè capace di riferire ogni cosa al valore primario della persona umana e della sua inviolabile dignità. Poi nello stesso tempo è uscito uno sguardo di speranza. Questo è oggi molto sorprendente: quando ascolti i testimoni che hanno attraversato situazioni disumane o che le hanno condivise, e proprio da loro ricevi una “professione di speranza”. E anche è uno sguardo di fraternità.
Fratelli e sorelle, questa speranza, questa fraternità, non deve “volatilizzarsi”, no, al contrario deve organizzarsi, concretizzarsi in azioni a lungo, medio e breve termine. Perché le persone, in piena dignità, possano scegliere di emigrare o di non emigrare. Il Mediterraneo deve essere un messaggio di speranza.
Ma c’è un altro aspetto complementare: occorre ridare speranza alle nostre società europee, specialmente alle nuove generazioni. Infatti, come possiamo accogliere altri, se non abbiamo noi per primi un orizzonte aperto al futuro? Dei giovani poveri di speranza, chiusi nel privato, preoccupati di gestire la loro precarietà, come possono aprirsi all’incontro e alla condivisione? Le nostre società tante volte ammalate di individualismo, di consumismo e di vuote evasioni hanno bisogno di aprirsi, di ossigenare l’anima e lo spirito, e allora potranno leggere la crisi come opportunità e affrontarla in maniera positiva.
L’Europa ha bisogno di ritrovare passione ed entusiasmo, e a Marsiglia posso dire che li ho trovati: nel suo Pastore, il Cardinale Aveline, nei preti e nei consacrati, nei fedeli laici impegnati nella carità, nell’educazione, nel popolo di Dio che ha dimostrato grande calore nella Messa allo Stadio Vélodrome. Ringrazio tutti loro e il Presidente della Repubblica, che con la sua presenza ha testimoniato l’attenzione della Francia intera all’evento di Marsiglia. Possa la Madonna, che i marsigliesi venerano come Notre Dame de la Garde, accompagnare il cammino dei popoli del Mediterraneo, perché questa regione diventi ciò che da sempre è chiamata a essere: un mosaico di civiltà e di speranza.