· Città del Vaticano ·

Bailamme

Prendere la mira

 Prendere la mira  QUO-218
22 settembre 2023

Principeschi, alati, gli angeli del barocco sudamericano — specialmente andino — attraggono per simpatia ed eleganza. In alcuni dipinti si mettono in posa, lasciandosi ammirare. In altri suonano strumenti musicali. In altri ancora — chi l’avrebbe mai detto! — imbracciano un fucile. Del resto, le Sacre Scritture, fino all’Apocalisse, li descrivono anche come soldati in battaglia. In qualche quadro, l’angelo è raffigurato perfino con l’archibugio puntato, nell’atto di prendere la mira, prima di tirare il grilletto. Certo, la scena è inusuale, ma fino a un certo punto. Infatti uno dei modi dell’Antico Testamento per indicare il peccato è «bersaglio mancato». Non solo: il ricchissimo termine Tōrāh allude anche al gesto con cui un cacciatore o un soldato esperti aiutano il principiante a prendere la mira affinché, appunto, non manchi il bersaglio. Prendere bene la mira è questione di vita o di morte. Se il cacciatore non cattura la preda muoiono di fame lui e la sua famiglia. Se il soldato non colpisce il nemico, ne andrà della sua vita e della sicurezza del suo popolo. Non è sufficiente individuare bene la preda; se non la si prende, l’operazione è completamente inutile.

Colpire il bersaglio non è vitale solo per il cacciatore e il soldato, ma per chiunque desidera la vita… anche la vita della Chiesa. Il popolo di Dio non deve mancare i bersagli. Ma ciò non è affatto facile.

Il primo impulso davanti al nemico che avanza o la preda che fugge è muoversi subito. Così facendo, quasi sempre si sbaglia la mira. Per centrare un bersaglio in movimento (quanto sono mobili le questioni, la cultura e la società!) bisogna star fermi, regolando il respiro fino a trattenerlo, poiché il suo moto agitato potrebbe sviare l’arco. La buona mira vive di questo paradosso: per raggiungere quanto si muove velocemente si deve smettere di respirare, «facendo il morto». Inoltre, è indispensabile avere “il senso per la traiettoria”: conoscere l’intero percorso del bersaglio — da dove viene, dov’era, dov’è — per immaginare dove sarà. Ed ecco la cosa più complicata: mirare all’obbiettivo non dove è adesso, ma dove sarà; altrimenti quando il proiettile termina la sua corsa, la lepre sarà già da un’altra parte. Puntare l’obbiettivo dove si trova in questo momento significa mancare certamente il bersaglio, poiché anche la più svelta delle pallottole arriverà in ritardo; la preda o il nemico saranno già altrove.

Immaginando la traiettoria, si deve puntare nel vuoto, nel futuro, tentando di prevedere e anticipare ciò che si muove. Certo, così facendo, si ha l’impressione di sprecare il proiettile e il tempo, ma è la condizione necessaria per trovare cibo o difendersi.

L’Angelo di ogni Chiesa locale, l’Angelo della Chiesa intera aiuti a prender bene la mira. 

di Giovanni Cesare Pagazzi