· Città del Vaticano ·

E la via difficile dell’umiltà

La sete di felicità

 La sete  di  felicità  QUO-215
19 settembre 2023

Il Papa lo ha ricordato nel viaggio in Mongolia: per essere felici non serve essere grandi, ricchi e potenti. Al piccolo gregge della «terra dell’eterno cielo blu» ha ribadito che la Chiesa non si muove secondo la logica dei grandi numeri, né quella dei «muscoli», ma quella dei volti e dei nomi, quella delle relazioni.

Volutamente ho usato il verbo “ricordare” perché questo è il compito e anche l’effetto di un agire veramente cristiano: riportare al cuore degli uomini le cose della vita così come sono e come “erano”, cioè come erano destinate a essere. Già nella Bibbia e nel Vangelo è così: Dio ci chiede di «rientrare in noi stessi» e riscoprire una saggezza perduta. È un ritornare al «primo amore» come dice spesso Papa Francesco, a quell’incontro che ha dato una spinta decisiva nella nostra vita ma che ogni tanto perde forza, freschezza e il cammino quindi si infiacchisce, la via si smarrisce. Si cammina allora come nel deserto.

Quella del deserto, per ovvie ragioni, è stata una delle immagini più ricorrenti nel discorsi del Papa in Mongolia, il quale anche qui ha voluto ricordarci che, come dice Antoine de Saint-Exupéry ne Il piccolo principe, «ciò che rende bello il deserto è che da qualche parte nasconde un pozzo». Il deserto e la sete che lo accompagna rivelano la presenza dell’acqua, rimarcata proprio dalla sua assenza. Mario Luzi s’interroga e ci interroga cantando questi versi: «Di che è mancanza questa mancanza, /cuore, /che a un tratto ne sei pieno?».

E noi lo sappiamo, in fondo al cuore, che la sete di felicità non si appaga essendo ricchi, potenti o grandi. Eppure lo dimentichiamo, e andiamo dietro alle idee o, peggio, alle ideologie che però inquinano tutto, come ha avvertito ed esortato il Papa nella conferenza stampa durante il viaggio di ritorno.

L’affermazione di Francesco apparentemente sembra essere in contrasto con l’antica saggezza rabbinica che invece partiva dal punto di vista opposto: per essere felici bisogna essere ricchi, potenti e sapienti. Così dicevano gli antichi rabbini, ma, c’è un “ma”: chi è il vero uomo ricco? Si chiedevano e la risposta è interessante: l’uomo ricco non è quello che ha tante cose, ma chi è felice delle cose che ha. Chi è l’uomo potente? L’uomo potente non è quello che comanda su tanti uomini, ma colui che è capace di comandare su se stesso. Chi è l’uomo sapiente? Non è quello che sa tante cose, ma colui che è capace di apprendere da chiunque. Soprattutto l’ultima delle tre immagini indica una strada che è quella più volte suggerita anche da Papa Francesco in particolare per gli uomini e le donne di chiesa: in fondo il cammino sinodale è fatto proprio di questa attenzione, apertura, curiosità, dialogo e soprattutto ascolto che è il seme, forte e sicuro, della sapienza.

In fondo è la strada più grande e difficile perché è la strada dell’umiltà.

di Andrea Monda