
Ci sono suoni che rimangono nella nostra memoria anche dopo anni dall’ultima volta che li abbiamo sentiti. Uno di questi è senza dubbio quello della campanella che segna l’inizio delle lezioni a scuola. Quel suono lo risentiranno migliaia di ragazzi, in Italia, in questi giorni di ripresa dell’anno scolastico. Suono amato e temuto, percepito con fastidio o con entusiasmo. E tuttavia mai accolto con indifferenza perché la scuola che inizia – qualsiasi sia il suo grado – è sempre un passaggio rilevante nella vita di una persona. Purtroppo, per molti nel mondo, quella campanella che risuonerà nelle aule delle scuole italiane, non suona più. Non suona in tante parti dell’Ucraina travolta da una guerra che non sembra avere fine. È muta in molte aree del mondo spesso dimenticate dove conflitti, povertà e violenza hanno strappato i bambini, i ragazzi da quello che dovrebbe essere il loro ambiente naturale assieme alla famiglia: la scuola. E a dire il vero, anche in alcune periferie italiane quella campanella suonerà ma non per tutti, perché pure in un Paese economicamente sviluppato come l’Italia sono tanti i giovani che ancora abbandonano le scuole e vivono un’adolescenza segnata da degrado e assenza di prospettive.
Studiare non è mai stato semplice, ma forse – per dirla con don Lorenzo Milani – la vera sfida, quella decisiva per la vita, non è tanto studiare quanto “imparare ad imparare”. Papa Francesco ha fatto suo questo insegnamento del maestro di Barbiana, di cui ricorre proprio quest’anno il Centenario della nascita. Parlando al mondo della scuola italiana, nel giugno del 2014, confidava di aver amato la scuola “da alunno, da studente e da insegnante” e sottolineava che se uno “ha imparato ad imparare” allora “rimane una persona aperta alla realtà”, sa “aprire la mente e il cuore alla realtà, alla ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni”. Anche insegnare non è mai stato facile. E forse oggi lo è anche di meno. Proprio per questo, quella dell’insegnante è una missione di inestimabile valore. «Una missione piena di ostacoli ma anche di gioie, – ha detto il Papa visitando la tomba di don Milani, nel giugno del 2017 – una missione d’amore, perché non si può insegnare senza amare e senza la consapevolezza che ciò che si dona è solo un diritto che si riconosce, quello di imparare».
Si parla tanto dei problemi della scuola e certo non solo in Italia. Nel Regno Unito, in questi giorni, la questione dell’edilizia scolastica è tra i temi caldi del dibattito politico. Eppure, come Francesco ha ribadito tante volte in questi anni – e ancor più dopo la pandemia, che ha lasciato una traccia profonda nell’identità dei nostri giovani – il fuoco di attenzione va riservato alla sfida educativa. Dimensione che comprende e supera quella scolastica, perché punta alla crescita della persona. E guarda più alla qualità delle relazioni vissute che alla quantità delle nozioni apprese. Un luogo dove si parli “la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani”. Era in fondo questo anche il sogno di don Milani. Una scuola per tutti, dove far crescere le persone, accompagnarle a sviluppare la propria personalità in modo integrale. Un compito che vale ieri come oggi. È significativo in tal senso quanto affermato dal presidente della Repubblica italiana a Barbiana il 27 maggio scorso. Per don Milani, ricordava Sergio Mattarella, «il merito non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto, e anche per non far perdere all’Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito».
Ecco allora che quella campanella non suona solo per le ragazze e i ragazzi che riprenderanno le lezioni. Suona per tutti noi. Perché nell’educazione si gioca tanta parte della vita di tutti, non solo della loro. E perché tra quei banchi di scuola, accanto ai nostri figli, “ci siamo” anche noi con le nostre gioie e le nostre preoccupazioni. E soprattutto con la speranza che possano crescere sviluppando il senso del bene, aiutandoci a sognare ancora e a costruire un mondo migliore.
di Alessandro Gisotti