· Città del Vaticano ·

Bailamme

Occasioni di meraviglia
e inattese rivelazioni

 Occasioni di meraviglia e inattese rivelazioni  QUO-206
08 settembre 2023

Salvatore Quasimodo pubblicò Lirici greci, una raccolta di traduzioni di frammenti di poesie della Grecia classica, sopravvissuti al testo integrale nel quale si trovavano al momento della composizione perché inseriti in opere pervenute fino a noi.

È stato il destino di buona parte della letteratura antica, di alcuni autori ai loro tempi considerati dei giganti non ci rimangono che poche righe e a volte nemmeno quelle.

Quasimodo scelse di interpretare i frammenti e volgerli in italiano come se si trattasse di opere compiute, in sé complete e anzi riconosciute eccelse proprio per la loro brevità, che aveva consentito loro di sopravvivere nel tempo.

Del resto il grande poeta italiano aveva scritto la celebre Ed è subito sera, di tre versi «Ognuno sta solo sul cuor della terra/trafitto da un raggio di sole:/ed è subito sera».

Nella sua lirica Mattina Giuseppe Ungaretti fu perfino più breve, due versi di quattro parole in tutto «M’illumino/d’immenso».

Esiste una tensione tra le grandi architetture letterarie, delle quali sono esempio irraggiungibili la Iliade, Odissea e Divina Commedia, e i versi che le compongono, alcuni capaci di imprimersi nella memoria dei lettori fino a divenire espressioni colloquiali.

È convinzione antica che Dio, il Dio nascosto di Isaia, la brezza leggera di Elia, ami celarsi piuttosto nei dettagli, nei frammenti, nei tratti apparentemente minori della realtà per manifestare lì la sua gloria a quanti sono desiderosi e capaci di riconoscerla. Von Balthasar scrisse che «poesia e teologia coincidono perfettamente e solo colui il quale parte da questa identità può comprendere cosa siano veramente».

Se questo è vero, è lecito chiedere alla teologia non solo spiegazioni, organizzazioni sistematiche di concetti, approfondimenti ma anche, e soprattutto, occasioni di meraviglia e di stupore per inattese rivelazioni, per scoperte luminose, per la capacità che sant’Efrem riconosce alla parola di Dio, che «il Signore ha colorato di bellezze svariate», «perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla» (Commenti sul Diatessaron).

di Sergio Valzania