
Sant’Agostino riesce a sintetizzare in due parole la lezione di Gesù: «Perdonàti, perdoniamo». Il perdono di Dio è il motivo e la misura del perdono fraterno.
San Pietro aveva imparato nella scuola rabbinica che alla moglie si poteva perdonare una volta; al fratello cinque volte. Quindi, pensa di proporre il massimo: fino a sette volte.
Ma Gesù non fa questione di tariffe: fino a settanta volte sette! Un numero esagerato! Simbolo della perfezione, della pienezza. Ma nella prospettiva di Gesù non c’è una perfezione misurabile; non c’è un limite massimo alla generosità.
È stato detto che «il mestiere di Dio è quello di perdonare» (Péguy). Nei nostri confronti Dio cancella debiti favolosi. Così vuole che anche noi rimettiamo agli altri i debiti.
Solo così possiamo ripetere con verità nel Padre nostro: «rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
Dobbiamo imparare a provare misericordia, come il re della parabola. A noi, che siamo abituati a ragionare: «Perdono, ma non dimentico», viene ricordata la lezione: «dimenticare è perdonare».
Perdonare è difficile. Ma se nel nostro cuore, nella nostra memoria, rimane il ricordo del male ricevuto, è segno che il perdono non ha ancora vinto, e il veleno dell’odio può sempre vincere.
Non è questione di buonismo e di perdonismo, ma possiamo dimostrare la nostra superiorità: «Solo chi è forte è capace di perdonare» (Gandhi). E chi perdona, imita Dio!
di Leonardo Sapienza
Il Vangelo in tasca
Domenica 17 settembre, xxiv del Tempo ordinario
Prima lettura: Sir 27, 33 - 28, 9;
Salmo: 102;
Seconda lettura: Rm 14, 7-9;
Vangelo: Mt 18, 21-35.