· Città del Vaticano ·

Il saluto dell’abate del monastero di Gandan Tegchenling capo del Centro dei buddisti mongoli

Per una società umana
e compassionevole

 Per una società umana  e compassionevole  QUO-202
04 settembre 2023

Nonostante le principali religioni mondiali come «il buddismo, il cristianesimo, l’islam e l’induismo siano filosoficamente diverse l’una dall’altra nelle loro visioni del mondo, ci accomunino preghiere e attività per uno scopo comune: il benessere dell’umanità». Lo ha sottolineato Sua Eminenza Khamba Nomun Khan, Gabju Choijamts Demberel, abate del monastero di Gandan Tegchenling e capo del Centro dei buddisti mongoli, nel saluto a Papa Francesco.

Oggi, ha osservato, è stato raggiunto ormai «un livello eccezionale di progresso nell’informazione e nella tecnologia, attraverso lo sviluppo della mente». All’ombra di questo progresso esteriore, però, «c’è il potenziale rischio» che l’umanità «perda importanti valori interiori come la benevolenza, la compassione, la moralità, la tolleranza, il perdono e il karma». Pertanto, gli obiettivi e le attività di tutte le religioni tradizionali devono «riempire la mente dei suddetti valori interiori, per contribuire alla creazione di una società umana e compassionevole».

Gli antenati dei mongoli, ha ricordato, adottarono «il buddismo fin dai tempi dell’Impero Xiongnu, risalente al ii e i secolo a.C. Pur con alti e bassi storici, essi lo adottarono come codice morale, per ridurre le instabilità nelle nostre precedenti società, illuminando le persone con le sue specifiche dieci conoscenze». Del resto, il buddismo ha avuto il ruolo «più significativo nel rafforzamento dell’indipendenza spirituale, vera base dell’indipendenza nazionale».

Per l’influsso dell’ideologia politica diffusasi in passato, ha proseguito, il buddismo «era stato severamente soppresso». Dopo la Costituzione nazionale adottata nel 1992, però, «il popolo ha ottenuto la libertà religiosa e, di conseguenza, il buddismo mongolo è sulla via di una rinascita fedele alla sua autenticità». Il risultato più significativo e meritato raggiunto è che Sua Santità il x Bogd Jevzundamba Khutugtu «sia stato recentemente riconosciuto e che stia intraprendendo sia gli studi religiosi che quelli di natura contemporanea. Per noi questa è una fortuna straordinaria».

I buddisti mongoli, ha spiegato, hanno dedicato le preghiere «a tutti gli esseri senzienti dei sei regni, in particolare alla pace regionale e globale». Nel frattempo, «siamo stati attivamente impegnati nel dialogo interreligioso tra le fedi tradizionali del mondo e nel sostenere, a livello regionale e globale, i principi del rispetto reciproco, della coesistenza armoniosa e dell’attenzione all’ambiente».

Poiché questi principi sono nati per «il benessere dell’intera umanità, noi sosteniamo solennemente questo partenariato interreligioso e riflettiamo le parole di pace espresse nelle nostre attività a livello internazionale». Anche nell’ambito dei diritti umani, i buddisti mongoli rispettano il diritto degli altri a non credere. Ma senza dubbio sono «sempre al centro delle nostre preghiere».

Gli insegnamenti buddisti «sul mantenimento dell’equilibrio tra ambiente ed esseri viventi hanno plasmato, per i mongoli, i principi con cui relazionarsi correttamente alla natura per molti secoli. Pertanto, è uno dei nostri doveri diffondere e trasmettere questi principi alle attuali generazioni».

Infine, l’abate del monastero di Gandan Tegchenling e capo del Centro dei buddisti mongoli ha detto di credere fermamente che questo storico incontro interreligioso delle fedi tradizionali «darà grande ispirazione a persone di varie tradizioni religiose per lavorare armoniosamente a beneficio dell’intera umanità».


I messaggi dei rappresentanti delle religioni 

Insieme per la pace  e la concordia al servizio dell’uomo 


«Gli eventi attuali dimostrano che la religione continua a esercitare un’importante influenza nella vita d’oggi»: e  affinché questa si sviluppi «in modo costruttivo, è essenziale che tutti noi ci apriamo ancora di più verso le persone di altre mentalità, comprese quelle che si oppongono alla religione stessa». Lo ha sottolineato Dambajav Choijiljav, Sua Eminenza Khamba Lama, abate capo del monastero Zuun Khuree Dashichoiling, nel primo intervento degli undici leader religiosi, rappresentanti delle religioni presenti nel Paese. È stata poi la volta di Jargalsaikhan, presidente dell’Unione degli sciamani della Mongolia, il quale ha evidenziato che il culto del Cielo è un’espressione «della connessione ombelicale tra la natura della terra e dell’universo, sviluppata e tramandata fin dalla creazione dell’uomo». Anche nelle pagine della storia, che risalgono al xv secolo, si possono vedere i rapporti interreligiosi, ha osservato poi il leader musulmano. Infatti, il profeta Maometto aveva inviato «in modo pacifico una lettera ai capi di Stato e ai capi di ogni religione, presentandosi e invitandoli alla religione». Successivamente il leader dell’Alleanza evangelica mongola ha fatto notare che l’etica cristiana evangelica considera l’autorità della Bibbia come fonte ultima di moralità. Pone un «forte accento sull’importanza della relazione personale con Gesù Cristo e sulla necessità della salvezza attraverso la fede».

Il rettore dell’unica chiesa ortodossa in Mongolia, dedicata alla Santissima Trinità, ha brevemente ripercorso la storia dell’0rtodossia nel Paese e descritto il suo stato attuale. Quindi Adiyakhuu Oktyabri, della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, ha detto che  che ogni casa dovrebbe essere un piccolo paradiso sulla terra. «Per rendere tale la nostra casa — ha aggiunto — la Chiesa Avventista del Settimo Giorno sottolinea quattro aspetti della vita umana: lo sviluppo fisico, mentale, sociale e spirituale». Il leader della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ha fatto notare che Gesù «è la forza unificante che ci rafforza e ci unisce. Ci ha insegnato ad amarci l’un l’altro, a cercare comprensione e compassione e a lottare per l’armonia nella nostra diversità». 

Il rappresentante dell’induismo, da parte sua,  ha sottolineato che un leader spirituale dovrebbe «essere colui che ha conosciuto la realtà assoluta e ha sviluppato un legame divino con Dio».  Yair Jacob Porat, leader dell’ebraismo, ha ricordato che mancano solo due settimane al capodanno ebraico “Rosh Hashanah” che viene celebrato secondo il calendario lunare il 15 settembre. Nella tradizione ebraica, “Rosh Hashanah” non «è osservato solo come il nuovo anno per il popolo ebraico, ma ha anche un significato più ampio come giorno di giudizio e rinnovamento per il mondo intero». 

Poi, Banzrag, direttore esecutivo del Centro Oomoto shintoista, ha spiegato che sono come pionieri nel dialogo interreligioso. Infine, il rappresentante della comunità Bahá’í ha osservato che lo scopo della religione è aiutare «a stabilire l’unità umana e costruire una civiltà divina».