· Città del Vaticano ·

Le tante facce della povertà

A homeless person sits by a shop on a deserted Via del Corso main shopping street on March 31, 2020 ...
02 settembre 2023

La condizione di deprivazione abitativa richiama spesso uno stato di povertà materiale estrema. Se poi si pensa ad un senzatetto, ad un homeless, ad un sans chez-soi, ad un clochard, si attiva, nell’immaginario collettivo, l’immagine di chi, trovandosi a vivere per strada, vive soltanto di espedienti. In che categoria collocare, stando così le cose, chi vive in condizioni abitative fatiscenti o in una roulotte? La letteratura sul tema sviluppa una classificazione articolata secondo quattro macro categorie concettuali (senza tetto, senza casa, sistemazioni insicure e sistemazioni inadeguate) sviluppate intorno al concetto di dimora.

Gli ultimi dati Istat disponibili in Italia fanno riferimento al 2021 e indicano la presenza di 96.197 persone senza dimora. È bene precisare che la popolazione a cui fa riferimento l’indagine è individuata secondo criteri amministrativi, è ossia riferita a coloro che sono iscritti all’anagrafe in un indirizzo di residenza fittizio e presso l’indirizzo delle associazioni che operano in loro sostegno (senza tetto), e a coloro che, pur non avendo un luogo di dimora abituale, eleggono il proprio domicilio presso il comune dove dimorano abitualmente (senza fissa dimora). Il dato, tuttavia, non è esplicativo della condizione di bisogno sociale e delle traiettorie di vita delle persone in condizione di grave emarginazione, propriamente identificate come “persone senza dimora”.

Tali dati sono, ad ogni modo, ritenuti sottostimati dagli addetti ai lavori perché non vengono considerati i minori, le popolazioni Rom e tutte le persone che, pur non avendo una dimora, sono ospiti, in forma più o meno temporanea, presso alloggi privati e centri antiviolenza o per rifugiati. Si tratta per la maggior parte di uomini con un’età media di 41,6 anni. Tra loro ci sono anche persone più giovani. Persone che vivono in condizioni di grave indigenza e di solitudine, forme queste di esclusione sociale. La letteratura sul tema rileva, da ultimo, tre eventi significativi nel percorso di progressiva emarginazione delle persone senza dimora: la malattia, intesa come disabilità, malattia cronica e forme di dipendenza; la separazione dal coniuge e dai figli; la perdita del lavoro stabile. Dunque, non è scontato che a valori alti di povertà economica corrispondano valori alti di povertà educativa. La relazione tra queste due variabili non è più così forte perché la condizione di povertà estrema non pare più legata all’assenza di un titolo di studio. Tuttavia, spesso, un incremento dell’incidenza della povertà economica può determinare un incremento in una misura prevedibile della povertà educativa intesa come mancanza di accesso ai servizi legati alla cultura, all’utilizzo delle nuove tecnologie, alla perdita di competenze in ambito lavorativo, sino a giungere alla precarietà dei legami affettivi e sociali, alla compromissione della salute e alla totale mancanza di partecipazione alla vita politica. Situazioni che, sviluppandosi a catena, accentuano lo stato di grave emarginazione sociale.

Da un punto di vista legislativo, in Italia è la legge 328/2000 ad indicare le azioni specifiche mirate alle persone senza dimora: misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento (art. 22), oltre al sostegno economico di progetti finalizzati all’integrazione e all’inclusione (art. 28). In Italia, il contrasto alla grave emarginazione sociale è stato caratterizzato da un forte impiego di risorse in servizi di assistenza, indispensabili in una fase iniziale d’intervento, ma che devono essere anche orientati a motivare e incoraggiare cambiamenti, e a restituire potere alla persona senza dimora, riconoscendola nell’esercizio attivo dei propri diritti.

La centralità degli interventi rimane il lavoro non solo per la persona senza dimora, ma il lavoro insieme alla persona senza dimora e alla comunità di riferimento, pubblica e privata. In questa direzione, incoraggiare la nascita di servizi basati sull’ housing first approach, capability approach, recovery approach, che siano in grado di promuovere e garantire la dignità della persona ed il cambiamento reale e duraturo nel tempo, è la strada per realizzare l’obiettivo contenuto nella risoluzione del Parlamento Europeo del 24 novembre 2020, ossia di porre fine al fenomeno dei senzatetto entro il 2030. (vincenzo d’amico)

di Vincenzo D’Amico *

* Federazione italiana organismi
per le Persone Senza Dimora